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Nwo: Test della strumentazione
Se vi siete mai domandati quale sia la capacità del governo americano di controllare le onde radio civili, avrete la vostra risposta il 9 novembre.
In quel giorno, le autorità federali spegneranno tutte le comunicazioni televisive e radio contemporaneamente alle 2:00 PM EST per completare il primo test in assoluto dell’Emergency Alert System (EAS).
Si pone quindi una domanda: La prima prova dell’Eas rappresenta veramente un problema ?
Ci sono alcuni preoccupanti fattori, in questo momento convergenti, che, concettualmente, potrebbero attivare un vero e proprio uso del sistema EAS in un futuro non troppo lontano. Un crollo finanziario europeo probabilmente avrebbe ripercussioni catastrofiche sull’economia americana. Quello che oggi viene chiamato movimento “occupy” potrebbe evolvere in diffusi disordini civili. Dalla rete ci si aspetta un imponente attacco da parte di Anonymous (probabilmente a facebook) il 5 novembre – che è anche il giorno di Guy Fawke.
Ora sappiamo che in caso di una grave crisi, il popolo americano sarà avvisato da una sola voce, contemporaneamente, circa una situazione di emergenza.
Tutti quello che rimane da stabilre è chi avrà il controllo sull’EAS, quando quel giorno arriverà, e quale sarà il loro messaggio.
L’Algeria spegne Internet non appena iniziano le proteste
Sono stati utilizzati proiettili di gomma e gas lacrimogeni per cercare di disperdere le masse in rivolta nelle città e nei paesi, con 30.000 poliziotti in tenuta antisommossa scesi in piazza solo ad Algeri.
Ci sono state anche segnalazioni di giornalisti presi di mira da teppisti sponsorizzati dallo Stato per interrompere il flusso di notizie verso l’estero.
E’ stato comunque l’attacco del governo a internet ad essere di particolare rilevanza per coloro che chiedono di porre fine al regime repressivo del presidente Abdelaziz Boutifleka.
I manifestanti mobilizzati attraverso internet si sono organizzati come per l’Egitto e la Tunisia.
“Il governo non vuole che le folle di rivoltosi si formino attraverso internet”, ha detto Rachid Salem, coordinatore per il cambiamento democratico in Algeria.
“Le forze di sicurezza sono armate fino ai denti per la strada e stanno anche facendo di tutto per schiacciare la nostra rivolta su internet. I giornalisti, e in particolare quelli con le telecamere, sono stati portati via dalla polizia”. Il presidente Hosni Mubarak aveva cercato di arrestare i fornitori di servizi internet durante i 18 giorni di protesta, prima di abdicare come leader egiziano Venerdì.
Mostafa Boshashi, capo della Lega algerina per i diritti umani, ha dichiarato: “Gli algerini vogliono che anche le loro voci vengano ascoltate. Vogliono un cambiamento democratico..
“Al momento alle persone viene impedito di recarsi alle manifestazioni. Gli ingressi nelle città come l’Algeria sono stati bloccati.”
Almeno cinque persone sono state uccise durante simili le proteste in Algeria nel mese di gennaio, quando il Ministero dell’Interno disse che 1000 persone vennero arrestate.
Il Sabato almeno 500 persone furono arrestate solo nella prima serata ad Algeri, come successe per altre centinaia ad Annaba, Constantine e Oran che parteciparono alla cosiddetta rivoluzione del 12 febbraio.
“Le celle della stazione di polizia sono sovraffollate”, ha detto Sofiane Hamidouche, una dimostrante di Annaba.
“Ci sono battaglie e rivolte in tutte le città. E ‘il caos. Al calar della notte la situazione peggiorerà”.
L’Algeria è l’ottavo paese al mondo con le maggiori riserve di gas naturale, ed è anche ricca di petrolio, ma la sua popolazione giovane soffre di una disoccupazione di massa, una cronica mancanza di alloggi, e di una povertà diffusa. La corruzione politica è endemica.
Sulla libertà di informazione
La Legge bavaglio non è una legge che difende la privacy del cittadino, al contrario, è una legge che difende la privacy del potere. Non intesa come privacy degli uomini di potere, ma dei loro affari, anzi malaffari. Quando si discute di intercettazioni bisogna sempre affidarsi ad una premessa naturale quanto necessaria. La privacy è sacra, è uno dei pilastri del diritto e della convivenza civile.
Ma qui non siamo di fronte a una legge che difende la riservatezza delle persone, i loro dialoghi, il loro intimo comunicare. Questa legge risponde al meccanismo mediatico che conosce come funziona l’informazione e soprattutto l’informazione in Italia. Pubblicare le intercettazioni soltanto quando c’è il rinvio a giudizio genera un enorme vuoto che riguarda proprio quel segmento di informazioni che non può essere reso di dominio pubblico. Questo sembra essere il vero obiettivo: impedire alla stampa, nell’immediato, di usare quei dati che poi, a distanza di tempo, non avrebbe più senso pubblicare. In questo modo le informazioni veicolate rimarranno sempre monche, smozzicate, incomprensibili. L’obiettivo è impedire il racconto di ciò che accade, mascherando questo con l’interesse di tutelare la privacy dei cittadini.
Chiunque ha una esperienza anche minima nei meccanismi di intercettazione nel mondo della criminalità organizzata sa che vengono registrati centinaia di dettagli, storie di tradimenti, inutili al fine dell’inchiesta e nulle per la pubblicazione. Il terrore che ha il potere politico e imprenditoriale è quello di vedere pubblicati invece elementi che in poche battute permettono di dimostrare come si costruisce il meccanismo del potere. Non solo come si configura un reato. Per esempio l’inchiesta del dicembre 2007 che portò alla famosa intercettazione di Berlusconi con Saccà ha visto una quantità infinita di intercettazioni di dettagli privati, di cui in molti erano a conoscenza ma nessuna di queste è stata pubblicata oltre quelle necessarie per definire il contesto di uno scambio di favori tra politica e Rai.
La stessa maggioranza che approva un decreto che tronca la libertà di informazione in nome della difesa della privacy decide attraverso la Vigilanza Rai di pubblicare nei titoli di coda il compenso degli ospiti e dei conduttori. Sembra un gesto cristallino. E’ il contrario. E non solo perché in una economia di mercato il compenso è determinato dal mercato e non da un calcolo etico. In questo modo i concorrenti della Rai sapranno quanto la Rai paga, quindi il meccanismo avvantaggerà le tv non di Stato. Mediaset potrà conoscere i compensi e regolarsi di conseguenza. Ma la straordinaria notizia che viene a controbilanciare quella assai tragica dell’approvazione della legge sulle intercettazioni è che il lettore, lo spettatore, quando comprende cosa sta accadendo diviene cittadino, ossia pretende di essere informato. Migliaia di persone sono indignate e impegnate a mostrare il loro dissenso, la volontà e la speranza di poter impedire che questa legge mutili per sempre il rapporto che c’è tra i giornali e i suoi lettori: la voglia di capire, conoscere, farsi un’opinione. Non vogliamo essere privati di ciò. Mandare messaggi ai giornali, mostrarsi imbavagliati, non sono gesti facili, scontati. Non sono gesti che permettono di sentirsi impegnati. Sono la premessa dell’impegno. L’intento d’azione è spesso l’azione stessa. Il dichiararsi non solo contrari in nome della possibilità di critica ma preoccupati che quello che sta accadendo distrugga uno strumento fondamentale per conoscere i fatti. La legge che imbavaglia, viene contrastata da migliaia di voci. Voci che dimostrano che non tutto è concluso, non tutto è determinabile dal palinsesto che viene dato agli italiani quotidianamente. Ogni persona che in questo momento prende parte a questa battaglia civile, sta permettendo di salvare il racconto del paese, di dare possibilità al giornalismo — e non agli sciacalli del ricatto — di resistere. In una parola sta difendendo la democrazia.
(Roberto Saviano)