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Nwo: Test della strumentazione

Se vi siete mai domandati quale sia la capacità del governo americano di controllare le onde radio civili, avrete la vostra risposta il 9 novembre.

In quel giorno, le autorità federali spegneranno tutte le comunicazioni televisive e radio contemporaneamente alle 2:00 PM EST per completare il primo test in assoluto dell’Emergency Alert System (EAS).

Questa non è una mera teoria della cospirazione. L’imminente test è pubblicato sul sito del Public Safety and Homeland Security Bureau.
Solo il Presidente ha la facoltà di attivare l’EAS a livello nazionale e ha delegato tale autorità al direttore della FEMA. Il test sarà condotto congiuntamente dal Department of Homeland Security (DHS) attraverso la FEMA, dalla Federal Communications Commission (FCC), dal National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) e dal National Weather Service (NWS).
L’EAS nacque nel 1994. Il suo precursore, il sistema di trasmissione di emergenza (EBS), venne creato nel 1963. Le emittenti televisive, le radio, le radio satellitari e i fornitori di televisione satellitare, TV via cavo e i fornitori di video di rete fissa sono tutti coinvolti nel sistema.

Si pone quindi una domanda: La prima prova dell’Eas rappresenta veramente un problema ?

Probabilmente no. Almeno, per ora.

Ci sono alcuni preoccupanti fattori, in questo momento convergenti, che, concettualmente, potrebbero attivare un vero e proprio uso del sistema EAS in un futuro non troppo lontano. Un crollo finanziario europeo probabilmente avrebbe ripercussioni catastrofiche sull’economia americana. Quello che oggi viene chiamato movimento “occupy” potrebbe evolvere in diffusi disordini civili. Dalla rete ci si aspetta un imponente attacco da parte di Anonymous (probabilmente a facebook) il 5 novembre – che è anche il giorno di Guy Fawke.

Ora sappiamo che in caso di una grave crisi, il popolo americano sarà avvisato da una sola voce, contemporaneamente, circa una situazione di emergenza.

Tutti quello che rimane da stabilre è chi avrà il controllo sull’EAS, quando quel giorno arriverà, e quale sarà il loro messaggio.

L’Algeria spegne Internet non appena iniziano le proteste

Sono stati utilizzati proiettili di gomma e gas lacrimogeni per cercare di disperdere le masse in rivolta nelle città e nei paesi, con 30.000 poliziotti in tenuta antisommossa scesi in piazza solo ad Algeri.

Ci sono state anche segnalazioni di giornalisti presi di mira da teppisti sponsorizzati dallo Stato per interrompere il flusso di notizie verso l’estero.
E’ stato comunque l’attacco del governo a internet ad essere di particolare rilevanza per coloro che chiedono di porre fine al regime repressivo del presidente Abdelaziz Boutifleka.

I manifestanti mobilizzati attraverso internet si sono organizzati come per l’Egitto e la Tunisia.

“Il governo non vuole che le folle di rivoltosi si formino attraverso internet”, ha detto Rachid Salem, coordinatore per il cambiamento democratico in Algeria.

“Le forze di sicurezza sono armate fino ai denti per la strada e stanno anche facendo di tutto per schiacciare la nostra rivolta su internet. I giornalisti, e in particolare quelli con le telecamere, sono stati portati via dalla polizia”. Il presidente Hosni Mubarak aveva cercato di arrestare i fornitori di servizi internet durante i 18 giorni di protesta, prima di abdicare come leader egiziano Venerdì.
Mostafa Boshashi, capo della Lega algerina per i diritti umani, ha dichiarato: “Gli algerini vogliono che anche le loro voci vengano ascoltate. Vogliono un cambiamento democratico..
“Al momento alle persone viene impedito di recarsi alle manifestazioni. Gli ingressi nelle città come l’Algeria sono stati bloccati.”

Almeno cinque persone sono state uccise durante simili le proteste in Algeria nel mese di gennaio, quando il Ministero dell’Interno disse che 1000 persone vennero arrestate.

Il Sabato almeno 500 persone furono arrestate solo nella prima serata ad Algeri, come successe per altre centinaia ad Annaba, Constantine e Oran che parteciparono alla cosiddetta rivoluzione del 12 febbraio.

“Le celle della stazione di polizia sono sovraffollate”, ha detto Sofiane Hamidouche, una dimostrante di Annaba.

“Ci sono battaglie e rivolte in tutte le città. E ‘il caos. Al calar della notte la situazione peggiorerà”.

L’Algeria è l’ottavo paese al mondo con le maggiori riserve di gas naturale, ed è anche ricca di petrolio, ma la sua popolazione giovane soffre di una disoccupazione di massa, una cronica mancanza di alloggi, e di una povertà diffusa. La corruzione politica è endemica.

Fonte

Sulla libertà di informazione

La Legge bavaglio non è una legge che difende la pri­vacy del cit­tadino, al con­trario, è una legge che difende la pri­vacy del potere. Non intesa come pri­vacy degli uomini di potere, ma dei loro affari, anzi malaf­fari. Quando si dis­cute di inter­cettazioni bisogna sem­pre affi­darsi ad una pre­messa nat­u­rale quanto nec­es­saria. La pri­vacy è sacra, è uno dei pilas­tri del diritto e della con­vivenza civile.
Ma qui non siamo di fronte a una legge che difende la ris­er­vatezza delle per­sone, i loro dialoghi, il loro intimo comu­ni­care. Questa legge risponde al mec­ca­n­ismo medi­atico che conosce come fun­ziona l’informazione e soprat­tutto l’informazione in Italia. Pub­bli­care le inter­cettazioni soltanto quando c’è il rin­vio a giudizio gen­era un enorme vuoto che riguarda pro­prio quel seg­mento di infor­mazioni che non può essere reso di dominio pub­blico. Questo sem­bra essere il vero obi­et­tivo: impedire alla stampa, nell’immediato, di usare quei dati che poi, a dis­tanza di tempo, non avrebbe più senso pub­bli­care. In questo modo le infor­mazioni veico­late rimar­ranno sem­pre monche, smozzi­cate, incom­pren­si­bili. L’obiettivo è impedire il rac­conto di ciò che accade, mascherando questo con l’interesse di tute­lare la pri­vacy dei cittadini.

Chi­unque ha una espe­rienza anche min­ima nei mec­ca­n­ismi di inter­cettazione nel mondo della crim­i­nal­ità orga­niz­zata sa che ven­gono reg­is­trati centi­naia di det­tagli, sto­rie di tradi­menti, inutili al fine dell’inchiesta e nulle per la pub­bli­cazione. Il ter­rore che ha il potere politico e impren­di­to­ri­ale è quello di vedere pub­bli­cati invece ele­menti che in poche bat­tute per­me­t­tono di dimostrare come si costru­isce il mec­ca­n­ismo del potere. Non solo come si con­figura un reato. Per esem­pio l’inchiesta del dicem­bre 2007 che portò alla famosa inter­cettazione di Berlus­coni con Saccà ha visto una quan­tità infinita di inter­cettazioni di det­tagli pri­vati, di cui in molti erano a conoscenza ma nes­suna di queste è stata pub­bli­cata oltre quelle nec­es­sarie per definire il con­testo di uno scam­bio di favori tra polit­ica e Rai.


La stessa mag­gio­ranza che approva un decreto che tronca la lib­ertà di infor­mazione in nome della difesa della pri­vacy decide attra­verso la Vig­i­lanza Rai di pub­bli­care nei titoli di coda il com­penso degli ospiti e dei con­dut­tori. Sem­bra un gesto cristallino. E’ il con­trario. E non solo per­ché in una econo­mia di mer­cato il com­penso è deter­mi­nato dal mer­cato e non da un cal­colo etico. In questo modo i con­cor­renti della Rai sapranno quanto la Rai paga, quindi il mec­ca­n­ismo avvan­tag­gerà le tv non di Stato. Medi­aset potrà conoscere i com­pensi e rego­larsi di con­seguenza. Ma la stra­or­di­naria notizia che viene a con­tro­bi­lan­ciare quella assai trag­ica dell’approvazione della legge sulle inter­cettazioni è che il let­tore, lo spet­ta­tore, quando com­prende cosa sta acca­dendo diviene cit­tadino, ossia pre­tende di essere infor­mato. Migli­aia di per­sone sono indig­nate e impeg­nate a mostrare il loro dis­senso, la volontà e la sper­anza di poter impedire che questa legge mutili per sem­pre il rap­porto che c’è tra i gior­nali e i suoi let­tori: la voglia di capire, conoscere, farsi un’opinione. Non vogliamo essere pri­vati di ciò. Man­dare mes­saggi ai gior­nali, mostrarsi imbavagliati, non sono gesti facili, scon­tati. Non sono gesti che per­me­t­tono di sen­tirsi impeg­nati. Sono la pre­messa dell’impegno. L’intento d’azione è spesso l’azione stessa. Il dichiararsi non solo con­trari in nome della pos­si­bil­ità di crit­ica ma pre­oc­cu­pati che quello che sta acca­dendo dis­trugga uno stru­mento fon­da­men­tale per conoscere i fatti. La legge che imbavaglia, viene con­trastata da migli­aia di voci. Voci che dimostrano che non tutto è con­cluso, non tutto è deter­minabile dal palinsesto che viene dato agli ital­iani quo­tid­i­ana­mente. Ogni per­sona che in questo momento prende parte a questa battaglia civile, sta per­me­t­tendo di sal­vare il rac­conto del paese, di dare pos­si­bil­ità al gior­nal­ismo — e non agli sci­a­calli del ricatto — di resistere. In una parola sta difend­endo la democrazia.

(Roberto Saviano)