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Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: Conclusione

Filippo, re di Macedonia, nell’ambizioso piano di assumere l’insegnante che sarebbe stato in grado di impartire un’educazione superiore al figlio quattordicenne, Alessandro, e desiderando che il principe avesse come suo mentore il più famoso dei grandi filosofi, decise di contattare Aristotele. Mandò la seguente lettera al saggio greco: “FILIPPO AD ARISTOTELE, SALUTE: sappi che ho un figlio. Ringrazio gli dei, non tanto per la sua nascita, quanto perche` e` nato nella tua era, perché spero che essendo istruito da te, diventerà degno del regno che erediterà “. Accettando l’invito di Filippo, Aristotele viaggiò in Macedonia durante il quarto anno della 108ª Olimpiade e rimase per otto anni come tutore di Alessandro. L’affetto del giovane principe per il suo istruttore divenne grande quanto quello che provava per suo padre. Disse che suo padre gli aveva dato l’essere, ma che Aristotele gli aveva dato benessere.

I principi di base dell’antica saggezza furono impartiti ad Alessandro Magno da Aristotele, e ai piedi del filosofo i giovani macedoni arrivarono a realizzare la trascendenza dell’apprendimento greco come era personificato nell’immortale discepolo di Platone. Elevato dal suo maestro illuminato alle soglie della sfera filosofica, vide il mondo dei saggi, il mondo che il destino e i limiti della sua stessa anima decretarono di non conquistare.

Aristotele nelle sue ore di svago pubblicò e annotò l’Iliade di Omero e presentò il volume finito ad Alessandro. Questo libro fu cosi` apprezzato dal giovane conquistatore che lo porto` con sé in tutte le sue campagne. Al tempo del suo trionfo su Dario, scoprendo tra le spoglie un magnifico scrigno di unguenti tempestato di gemme, ne scaricò il contenuto sul terreno, dichiarando che alla fine aveva trovato un contenitore degno dell’edizione di Aristotele dell’Iliade!

Durante la sua campagna asiatica, Alessandro apprese che Aristotele aveva pubblicato uno dei suoi discorsi più preziosi, un avvenimento che rattristò profondamente il giovane re. Così ad Aristotele, Conquistatore dell’ignoto, Alessandro, Conquistatore del Conosciuto, invio` questo rimprovero, patetico: “ALESSANDRO AD ARISTOTELE, SALUTE: Hai sbagliato a  pubblicare quei rami della scienza fino ad ora relegati all’istruzione orale. In cosa dovrei eccellere se la conoscenza più profonda che ho acquisito da te fosse comunicata a tutti? Addio. ” La ricezione di questa straordinaria lettera non causò increspature nella placida vita di Aristotele, il quale rispose che sebbene il discorso fosse stato comunicato alle moltitudini, nessuno che non lo avesse ascoltato tenere la lezione (che mancava di comprensione spirituale) poteva comprenderne la vera importanza.

Pochi anni e Alessandro Magno abbraccio la via della carnalita` e mentre il suo corpo degenerava anche la struttura dell’impero eretta sulla sua personalità cominciava a tremare. Un anno dopo Aristotele passò a quel mondo più grande riguardo ai cui misteri aveva spesso discusso con i suoi discepoli al Liceo. Ma, come Aristotele eccelleva nella vita di Alessandro, così lo superava nella morte; poiché sebbene il suo corpo giacesse in un’oscura tomba, il grande filosofo continuò a vivere nelle sue conquiste intellettuali. Età dopo età gli hanno reso omaggio riconoscente, generazione dopo generazione si e` meditato sui suoi teoremi. Aristotele in definitiva ha conquistato con la sua mente cio` che Alessandro voleva conquistare con la sua spada.

Quindi è dimostrato che catturare un uomo non è sufficiente per schiavizzare il suo corpo – è necessario arruolare la sua ragione; che per liberare un uomo non basta sciogliere le catene dalle sue membra – la sua mente deve essere liberata dalla schiavitù della propria ignoranza. La conquista fisica non deve mai fallire, poiché, generando odio e dissenso, spinge la mente alla vendetta nei confronti di un corpo oltraggiato; ma tutti gli uomini sono tenuti a obbedire volontariamente o involontariamente a quell’intelletto in cui riconoscono qualità e virtù superiori alle loro.

Che la cultura filosofica dell’antica Grecia, dell’Egitto e dell’India eccelle su quella del mondo moderno, deve essere ammesso da tutti, anche dal più confermato dei modernisti. L’era d’oro dell’estetica, dell’intellettualismo e dell’etica greche non è mai stata eguagliata da allora. Il vero filosofo appartiene all’ordine più nobile degli uomini: la nazione o la razza che è benedetta dal possesso di pensatori illuminati è davvero fortunata. Nella famosa scuola pitagorica di Crotona, la filosofia era considerata indispensabile per la vita dell’uomo. Colui che non comprendeva la dignità del potere del ragionamento, non poteva dire propriamente di vivere. Pertanto, quando attraverso perversità innata un membro si ritirava volontariamente o veniva espulso forzatamente dalla fraternità filosofica, una lapide era installata per lui nel cimitero della comunità; poiché colui che aveva abbandonato le ricerche intellettuali ed etiche per rientrare nella sfera materiale con le sue illusioni sensibili e false ambizioni era considerato morto nella sfera della Realtà. La vita rappresentata dal dominio dei sensi era concepita dai Pitagorici come morte spirituale, mentre consideravano la morte nel mondo dei sensi come vita spirituale.

La filosofia conferisce la vita in quanto rivela la dignità e lo scopo della vita. La materialità concede la morte in quanto appanna o annebbia quelle facoltà dell’anima umana che dovrebbero rispondere agli impulsi vivaci del pensiero creativo e della virtù nobilitante. Quanto sono inferiori a questi standard dei giorni remoti le leggi secondo le quali gli uomini vivono nel ventunesimo secolo! Oggi l’uomo, una creatura sublime con infinita capacità di auto-miglioramento, nel tentativo di essere fedele a falsi standard, si allontana dal suo diritto di nascita di comprensione – senza rendersene conto – e si tuffa nel vortice dell’illusione materiale. Nel prezioso arco dei suoi anni terreni si dedica allo sforzo pateticamente inutile di affermarsi come un potere duraturo in un regno di cose non durature. A poco a poco il ricordo della sua vita come essere spirituale svanisce dalla sua mente obiettiva e focalizza tutte le sue facoltà parzialmente risvegliate su

GIOVANNI E LA VISIONE DELL’APOCALISSE.

Da un’incisione di Jean Duvet.

Jean Duvet of Langres (che nacque nel 1485 e presumibilmente morì dopo il 1561, l’anno in cui le sue illustrazioni per l’Apocalisse furono stampate in forma di libro) fu il più antico e il più grande degli incisori del Rinascimento francese. Poco si sa riguardo a Duvet oltre al fatto che era orafo per il re di Francia. Le sue incisioni per il Libro dell’Apocalisse, eseguite dopo il suo settantesimo anno, furono il suo capolavoro. (Per ulteriori informazioni su questo oscuro maestro, consultare l’articolo di William M. Ivins, Jr., in The Arts, maggio 1926.) Il volto di Giovanni è un vero ritratto di Duvet. Questo piatto, come molti altri incisi da Duvet, è ricco di simbolismo filosofico.

l’alveare ribollente dell’industria che è giunto a considerare l’unica realtà. Dalle altezze del suo egoismo sprofonda lentamente nelle tenebrose profondità dell’effimero. Cade al livello della bestia e borbotta in modo brutale i problemi derivanti dalla sua conoscenza troppo insufficiente del Piano Divino. Qui, nel turbolento tumulto di un grande inferno industriale, politico e commerciale, gli uomini si contorcono nell’agonia autoinflitta e, protendendosi nelle nebbie vorticose, si sforzano di aggrapparsi e trattenere i grotteschi fantasmi di successo e potere.

Ignorante della causa della vita, ignorante dello scopo della vita, ignorante di ciò che sta al di là del mistero della morte, pur possedendo in sé la risposta a tutto ciò, l’uomo è disposto a sacrificare il bello, il vero e il buono sull’altare macchiato di sangue dell’ambizione mondana. Il mondo della filosofia – quel meraviglioso giardino di pensiero in cui i saggi vivono nel vincolo della fraternità – svanisce alla vista. Al suo posto sorge un impero di pietra, acciaio, fumo e odio, un mondo in cui milioni di creature potenzialmente umane si muovono avanti e indietro nel disperato sforzo di esistere e allo stesso tempo mantengono la vasta istituzione che hanno eretto e che , come una potente, forza inarrestabile, rimbomba inevitabilmente verso una fine sconosciuta. In questo impero fisico, che l’uomo erige nella vana convinzione di poter eclissare il regno celeste, tutto viene trasformato in pietra, affascinato dallo scintillio del guadagno, l’uomo guarda il volto avido di Medusa e rimane pietrificato.

In questa era commerciale la scienza si occupa esclusivamente della classificazione della conoscenza fisica e dell’indagine delle parti temporali e illusorie della natura. Le sue cosiddette scoperte pratiche legano l’uomo ancor più strettamente ai vincoli della limitazione fisica, anche la religione è diventata materialista: la bellezza e la dignità della fede sono misurate da enormi pile di murature, da tratti di proprietà immobiliari. La filosofia che collega il cielo e la terra come una poderosa scala, sui cui gradini gli illuminati di tutte le età si sono arrampicati nella presenza vivente della Realtà – persino la filosofia è diventata una massa prosaica ed eterogenea di nozioni contrastanti. La sua bellezza, la sua dignità, la sua trascendenza non esistono più. Come altri rami del pensiero umano, è stata resa materialista – “pratica” – e le sue attività sono così orientate che possono anche contribuire alla costruzione di questo moderno mondo di pietra e acciaio.

Nei ranghi dei cosiddetti intellettuali sta sorgendo un nuovo ordine di pensatori, che potrebbe essere meglio definito la Scuola dei Magi. Dopo essere arrivati ​​alla sorprendente conclusione che sono il sale intellettuale della terra, questi signori delle lettere si sono nominati i giudici finali di ogni conoscenza, sia umana che divina. Questo gruppo afferma che tutti i mistici devono essere stati epilettici e la maggior parte dei santi nevrotici! Dichiara Dio come una fabbricazione di superstizione primitiva; l’universo non è destinato a uno scopo particolare; l’immortalità è frutto della fantasia; e la nostra straordinaria individualità una semplice combinazione casuale di cellule! Si dice che Pitagora abbia sofferto di uno strano complesso; Socrate era un noto bevitore; San Paolo era soggetto a fitte; Paracelso era un famigerato ciarlatano, il conte di Cagliostro un falsario e il conte di St. Germain uno dei piu` grandi imbroglioni della storia!

Che cosa hanno in comune questi concetti elevati dei salvatori e dei saggi illuminati del mondo con questi prodotti stentati e distorti del “realismo” di questo secolo? In tutto il mondo uomini e donne radicati dai sistemi culturali senz’anima di oggi stanno chiedendo il ritorno dell’età bandita della bellezza e dell’illuminazione – per qualcosa di pratico nel più alto senso della parola. Alcuni stanno cominciando a rendersi conto che la cosiddetta civiltà nella sua forma attuale è al punto di non ritorno; che la freddezza, la mancanza di cuore, il commercialismo e l’efficienza materiale sono poco pratici, e vale veramente la pena solo concentrarsi nell’espressione del vero amore e dell’idealità. Tutto il mondo sta cercando la felicità, ma non sa in quale direzione cercare. Gli uomini devono imparare che la felicità e` il coronamento della ricerca dell’anima. Solo attraverso la realizzazione di infinita bontà e infinita realizzazione si può assicurare la pace del Sé interiore. Nonostante il geocentricismo dell’uomo, nella mente umana c’è qualcosa che sta raggiungendo la filosofia – non a questo o quel codice filosofico, ma semplicemente alla filosofia nel senso più ampio e completo.

Le grandi istituzioni filosofiche del passato devono risorgere, poiché solo queste possono alzare il velo che divide il mondo delle cause da quello degli effetti. Solo i Misteri – quei sacri Collegi di Saggezza – possono rivelare all’umanità in lotta quell’universo più grande e più glorioso che è la vera dimora dell’essere spirituale chiamato uomo. La filosofia moderna ha fallito in quanto è arrivata a considerare il pensiero semplicemente come un processo intellettuale. Il pensiero materialista è un codice di vita senza speranza quanto lo stesso commercialismo. Il potere di pensare vero è il salvatore dell’umanità. I Redentori mitologici e storici di ogni epoca erano tutte personificazioni di quel potere. Chi ha un po ‘ più di razionalità del suo vicino è un po’ meglio del suo vicino. Chi opera su un piano di razionalità più elevato rispetto al resto del mondo è definito il più grande pensatore. Chi opera su un piano inferiore è considerato un barbaro. Pertanto lo sviluppo razionale comparato è il vero indicatore dello stato evolutivo dell’individuo.

In breve, il vero scopo della filosofia antica era scoprire un metodo per accelerare lo sviluppo della natura razionale invece di attendere i processi più lenti della Natura, questa suprema fonte di potere, questo raggiungimento della conoscenza, questo dispiegarsi del dio dentro di sé, è nascosto sotto la dichiarazione epigrammatica della vita filosofica. Questa era la chiave della Grande Opera, il mistero della Pietra filosofale, poiché significava che la trasmutazione alchemica era stata compiuta. Quindi la filosofia antica era principalmente vivere una vita; in secondo luogo, un metodo intellettuale. Si può diventare un filosofo nel senso più alto solamente vivendo la vita filosofica. Di conseguenza, un grande filosofo è uno la cui triplice vita – fisica, mentale e spirituale – è totalmente devota e completamente permeata dalla sua razionalità.

Le nature fisiche, emotive e mentali dell’uomo forniscono ambienti di reciproco beneficio o danno reciproco. Poiché la natura fisica è l’ambiente immediato del mentale, solo quella mente è in grado di pensare razionalmente in una costituzione materiale armoniosa e altamente raffinata. Quindi la giusta azione, il giusto sentimento e il giusto pensiero sono i prerequisiti della giusta conoscenza, e il raggiungimento del potere filosofico è possibile solo per quelli che hanno armonizzato il loro pensiero con la loro vita. I saggi hanno quindi dichiarato che nessuno può raggiungere il massimo nella scienza del sapere fino a quando non hanno raggiunto il massimo nella scienza della vita. Il potere filosofico è la naturale crescita della vita filosofica. Proprio come un’intensa esistenza fisica enfatizza l’importanza delle cose fisiche, o proprio come l’ascetismo metafisico monastico stabilisce la desiderabilità dello stato estatico, così l’assorbimento filosofico completo introduce la coscienza del pensatore nella sfera più elevata e nobile di tutte – il puro mondo filosofico o razionale.

In una civiltà interessata principalmente alla realizzazione degli estremi dell’attività temporale, il filosofo rappresenta un intelletto equilibrato in grado di stimare e guidare la crescita culturale. L’instaurazione del ritmo filosofico nella natura di un individuo richiede normalmente da quindici a venti anni. Durante tutto quel periodo i discepoli del passato furono costantemente sottoposti alla più severa disciplina. Ogni attività della vita è stata gradualmente disimpegnata da altri interessi e focalizzata sulla parte del ragionamento. Nel mondo antico c’era un altro fattore più vitale che entrava nella produzione di intelletti razionali e che è completamente al di là della comprensione dei pensatori moderni: vale a dire, l’iniziazione ai Misteri filosofici. Un uomo che aveva dimostrato la sua peculiare idoneità mentale e spirituale era stato accettato nel corpo del dotto e gli era stato rivelato quel patrimonio inestimabile di tradizioni arcane preservato di generazione in generazione. Questa eredità della verità filosofica è il tesoro ineguagliabile di tutte le età, e ogni discepolo ammesso in queste confraternite dei saggi, a sua volta, ha dato il suo contributo individuale a questo archivio di conoscenze classificate.

L’unica speranza del mondo è la filosofia, poiché tutti i dolori della vita moderna derivano dalla mancanza di un codice filosofico adeguato. Chi percepisce anche in parte la dignità della vita non può non rendersi conto della superficialità evidente nelle attività di questa epoca. E` stato detto che nessun individuo può avere successo fino a quando non ha sviluppato la sua filosofia di vita. Né può una razza o una nazione raggiungere la vera grandezza fino a quando non abbia formulato una filosofia adeguata e abbia dedicato la sua esistenza a una politica coerente con quella filosofia. Durante la prima guerra mondiale, quando la cosiddetta civiltà scagliò metà di se stessa contro l’altra in una frenesia di odio, gli uomini distrussero spietatamente qualcosa di più prezioso persino della vita umana: cancellarono quei registri del pensiero umano attraverso i quali la vita può essere intelligentemente orientata. Maometto dichiarò l’inchiostro dei filosofi più prezioso del sangue dei martiri. Documenti inestimabili, record di risultati inestimabili, conoscenze fondate su secoli di osservazione paziente e sperimentazione da parte degli eletti della terra: tutto è stato distrutto con appena un rammarico di rimpianto. Cosa era la conoscenza, la verità, la bellezza, l’amore, l’idealismo, la filosofia o la religione rispetto al desiderio dell’uomo di controllare un punto infinitesimale nei campi del Cosmo per un frammento di tempo inestimabilmente minuto? Solo per soddisfare un capriccio o il bisogno di ambizione l’uomo sradicherebbe l’universo, anche se sa bene che tra qualche anno dovrà partire, lasciando tutto ciò che ha ottenuto ai posteri come una vecchia causa di nuove contese.

La guerra – la prova inconfutabile dell’irrazionalità – brucia ancora nel cuore degli uomini; non può morire finché non viene superato l’egoismo umano. Armata di invenzioni molteplici e agenti distruttive, la civiltà continuerà il suo conflitto fratricida attraverso le epoche future, ma sulla mente dell’uomo sta nascendo una grande paura – la paura che

L’INGRESSO ALLA CASA DEI MISTERI.

Dall’Anfiteatro Sapienti di Khunrath, ecc.

Questa figura simbolica, che rappresenta la via per la vita eterna, è descritta in sostanza da Khunrath come segue: “Questo è il Portale dell’anfiteatro dell’unica Saggezza vera ed eterna – una stretta, anzi, sufficientemente augusta: su questo portale l’ascesa è fatta da una mistica, indiscutibilmente prologetica, rampa di scale, posta davanti ad essa come mostrato nella figura, che consiste di sette gradini teosofici, o meglio, filosofici della Dottrina dei Figli Fedeli. i gradini, il percorso è lungo la via di Dio Padre, sia direttamente per ispirazione o con vari mezzi mediati. Secondo le sette leggi oracolari che brillano sul portale, coloro che sono ispirati divinamente hanno il potere di entrare e con gli occhi del corpo e della mente, di vedere, contemplare e investigare in un modo cristiano-cabalistico, divino-magico, fisico-chimico, la natura della saggezza: bontà e potere del Creatore; 

alla fine la civiltà si distruggerà in una grande lotta catastrofica. Quindi dovra` essere messo di nuovo in atto l’eterno dramma della ricostruzione. Dalle rovine della civiltà che morì quando morì il suo idealismo, alcune persone primitive ancora nel grembo del destino devono costruire un nuovo mondo. Prevedendo i bisogni di quel giorno, i filosofi delle epoche hanno desiderato che nella struttura di questo nuovo mondo venissero incorporati i più veri e raffinati di tutto ciò che è accaduto prima. È una legge divina che la somma delle precedenti realizzazioni sarà il fondamento di ogni nuovo ordine di cose. I grandi tesori filosofici dell’umanità devono essere preservati. Ciò che è superficiale può lasciarsi morire; ciò che è fondamentale ed essenziale deve rimanere, indipendentemente dal costo.

I platonici hanno riconosciuto due forme fondamentali di ignoranza: l’ignoranza semplice e l’ignoranza complessa. La semplice ignoranza è semplicemente la mancanza di conoscenza ed è comune a tutte le creature esistenti posteriormente alla Prima Causa, che da sola ha la perfezione della conoscenza. La semplice ignoranza è un agente sempre attivo, che spinge l’anima in avanti all’acquisizione della conoscenza. Da questo stato verginale di inconsapevolezza cresce il desiderio di diventare consapevole con il conseguente miglioramento delle condizioni mentali. L’intelletto umano è sempre circondato da forme di esistenza oltre la stima delle sue facoltà parzialmente sviluppate. In questo regno di oggetti non compresi c’è una fonte inesauribile di stimoli mentali. Quindi la saggezza alla fine deriva dallo sforzo di affrontare razionalmente il problema dell’ignoto.

In ultima analisi, solo la Causa ultima può essere denominata saggia; in parole più semplici, solo Dio è buono. Socrate dichiarò che la conoscenza, la virtù e l’utilità erano tutt’uno con la natura innata del bene. La conoscenza è una condizione per conoscere; la virtù una condizione dell’essere; utilità una condizione del fare. Considerando la saggezza come sinonimo di completezza mentale, è evidente che un tale stato può esistere solo nel Tutto, poiché ciò che è inferiore al Tutto non può possedere la pienezza del Tutto. Nessuna parte della creazione è completa; quindi ogni parte è imperfetta nella misura in cui non è completa. Dove c’è incompletezza, ne consegue anche che l’ignoranza deve coesistere; poiché ogni parte, pur essendo in grado di conoscere il proprio Sé, non può diventare consapevole del Sé nelle altre parti. Filosoficamente considerato, la crescita dal punto di vista dell’evoluzione umana è un processo che procede dall’eterogeneità all’omogeneità. Nel tempo, quindi, la coscienza isolata dei singoli frammenti si riunisce per diventare la coscienza completa del Tutto. Allora, e solo allora, si e` in condizione di conoscere tutta la realtà in maniera assoluta.

Quindi tutte le creature sono relativamente ignoranti ma relativamente sagge; comparativamente nulla ancora, relativamente tutto. Il microscopio rivela all’uomo il suo significato; il telescopio, la sua insignificanza. Attraverso le eternità dell’esistenza l’uomo sta gradualmente aumentando sia nella saggezza che nella comprensione; la sua coscienza in continua espansione sta includendo sempre piu` parti esterne all’interno. Anche nell’attuale stato di imperfezione dell’uomo, si rende conto che non potrà mai essere veramente felice fino a quando non sarà perfetto, e che di tutte le facoltà che contribuiscono alla sua perfezione nessuna è uguale in importanza all’intelletto razionale. Attraverso il labirinto della diversità solo la mente illuminata può e deve condurre l’anima nella luce perfetta dell’unità.

Oltre alla semplice ignoranza, che è il fattore più potente nella crescita mentale, ne esiste un altro, che è di un tipo molto più pericoloso e sottile. Questa seconda forma, chiamata doppia o complessa ignoranza, può essere brevemente definita come ignoranza dell’ignoranza. Adorando il sole, la luna e le stelle e offrendo sacrifici ai venti, il selvaggio primitivo cercava con feticci grezzi di propiziare i suoi dei sconosciuti. Abitava in un mondo pieno di meraviglie che non capiva. Ora sorgono grandi città dove un tempo vagavano gli uomini primitivi. L’umanità non si considera più primitiva o aborigena. Lo spirito di meraviglia e timore reverenziale è stato seguito da uno di raffinatezza. Oggi l’uomo adora i propri successi e o relega le immensità del tempo e dello spazio sullo sfondo della sua coscienza o le ignora del tutto.

Il ventunesimo secolo è un feticcio della civiltà ed è sopraffatto dalle sue stesse costruzioni. L’umanità ha dimenticato quanto sia infinitesimale, quanto impermanente e quanto in realtà sia ignorante. Tolomeo è stato ridicolizzato per aver concepito la terra come il centro dell’universo, eppure la civiltà moderna è apparentemente fondata sull’ipotesi che il pianeta terra sia la più permanente e importante di tutte le sfere celesti, e che gli dei dai loro troni stellati siano affascinati dagli eventi monumentali ed epocali che si svolgono su questa collina sferica di caotiche formiche.

Di età in età gli uomini lavorano incessantemente per costruire città su cui possano governare con sfarzo e potere – come se un filetto d’oro o dieci milioni di vassalli potessero elevare l’uomo al di sopra della dignità dei suoi pensieri e rendere visibile lo scintillio del suo scettro alle stelle lontane. Mentre questo minuscolo pianeta rotola lungo la sua orbita nello spazio, porta con sé circa 7 miliardi di esseri umani che vivono e muoiono ignari di quell’incommensurabile esistenza che giace al di là del grumo su cui abitano. Misurato dall’infinito di tempo e spazio, quali sono i capitani dell’industria o i signori della finanza? Se uno di questi plutocrati dovesse risorgere fino a quando non avesse governato la terra stessa, cosa sarebbe se non un meschino despota seduto su un granello di polvere cosmica?

La filosofia rivela all’uomo la sua parentela con il Tutto. Gli mostra che è un fratello dei soli che punteggiano il firmamento; lo solleva da un contribuente su un atomo vorticoso a un cittadino del Cosmo. Gli insegna che mentre è legato fisicamente alla terra (di cui fanno parte il suo sangue e le sue ossa), c’è comunque in lui un potere spirituale, un Sé divinatore, attraverso il quale è tutt’uno con la sinfonia del Tutto. L’ignoranza dell’ignoranza, quindi, è quello stato autocosciente di inconsapevolezza in cui l’uomo, non sapendo nulla al di fuori dell’area limitata dei suoi sensi fisici, dichiara con timidezza che non c’è altro da sapere! Dio se non avesse voluto che l’uomo diventasse virtuoso, non avrebbe seminato nel cuore umano i semi della virtù. Se avesse predestinato l’uomo a limitarsi alla sua stretta vita fisica, non lo avrebbe dotato di percezioni e sensibilità in grado di cogliere, almeno in parte, l’immensità dell’universo esterno. I guardiani della filosofia chiamano tutti gli uomini a un cameratismo dello spirito: a una fraternità di pensiero: a una convocazione del sé. La filosofia invita l’uomo dalla vanità dell’egoismo; dalla tristezza dell’ignoranza e dalla disperazione della mondanità; dalla parodia dell’ambizione e dalle grinfie crudeli dell’avidità; fuori dall’inferno rosso dell’odio e dalla fredda tomba dell’idealismo morto.

La filosofia porterebbe tutti gli uomini nelle ampie e tranquille vedute della verità, poiché il mondo della filosofia è una terra di pace in cui a quelle qualità più fini rinchiuse in ogni anima umana viene data l’opportunità di esprimersi. Qui agli uomini vengono insegnate le meraviglie dei fili d’erba; ogni bastone e pietra è dotato di parole e racconta il segreto del suo essere. Tutta la vita, immersa nello splendore della comprensione, diventa una realtà meravigliosa. Dai quattro angoli della creazione si gonfia un potente inno di gioia, perché qui alla luce della filosofia viene rivelato lo scopo dell’esistenza; la saggezza e la bontà che permeano il Tutto diventano evidenti persino all’intelletto imperfetto dell’uomo. Qui il cuore ardente dell’umanità trova quella compagnia che attinge ai recessi più intimi dell’anima quel grande deposito di bene che giace lì come metallo prezioso in una vena profondamente nascosta.

Seguendo il percorso indicato dal saggio, il ricercatore della verità alla fine raggiunge la vetta del monte della saggezza, e guardando in basso, osserva il panorama della vita che si stende davanti a lui. Le città della pianura sono solo minuscoli granelli e l’orizzonte è oscurato da ogni parte dalla foschia grigia dell’ignoto. Quindi l’anima si rende conto che la saggezza sta nella larghezza della visione; che aumenta rispetto alla vista. Quindi quando i pensieri dell’uomo lo sollevano verso il cielo, le strade si perdono nelle città, le città nelle nazioni, le nazioni nei continenti, i continenti nella Terra, la Terra nello spazio e lo spazio in un’eternità infinita, fino a quando alla fine rimangono due cose: il Sé e la bontà di Dio.

Mentre il corpo fisico dell’uomo risiede con lui e si confonde con la folla incurante, è difficile concepire l’uomo come abitante di un mondo tutto suo, un mondo che ha scoperto sollevandosi in comunione con le profondità della sua stessa natura interna. L’uomo può vivere due vite. Una è una lotta dal grembo materno alla tomba. Il suo arco è misurato dalla stessa creazione dell’uomo: il tempo.  L’altra vita va dalla realizzazione all’infinito. Comincia con la comprensione, la sua durata è per sempre. Questa si chiama vita filosofica. I filosofi non sono nati né muoiono; in quanto una volta raggiunta la realizzazione dell’immortalità, sono immortali. Una volta in comunicazione con il Sé, si rendono conto che dentro c’è una base immortale che non morira` mai. Su questa base viva e vibrante – il Sé – erige una civiltà che durerà dopo che il sole, la luna e le stelle avranno smesso di esistere. Il pazzo vive il mometo; il filosofo vive per sempre.

Quando la coscienza razionale dell’uomo sposta via la pietra e esce dal suo sepolcro, non muore più; poiché per questa seconda nascita o filosofia non c’è dissoluzione. Con ciò non si deve dedurre l’immortalità fisica, ma piuttosto che il filosofo ha imparato che il suo corpo fisico non è più il suo vero Sé di quanto la terra fisica sia il suo vero mondo. Comprendendo che lui e il suo corpo sono diversi – che sebbene la forma debba perire, la vita non fallirà – raggiunge l’immortalità cosciente. Questa era l’immortalità a cui si riferiva Socrate quando disse: “Anytus e Melitus possono davvero farmi morire, ma non possono ferirmi”. Per il saggio, l’esistenza fisica non è che la stanza esterna della sala della vita. Aprendo le porte di questa anticamera, il passaggio illuminato verso l’esistenza più grande e più perfetta. Gli ignoranti dimorano in un mondo limitato dal tempo e dallo spazio. Per quelli, tuttavia, che afferrano l’importanza e la dignità dell’Essere, queste sono solo forme fantasma, illusioni dei sensi – limiti arbitrari imposti dall’ignoranza dell’uomo. Il filosofo vive e si emoziona realizzandone la durata, perché per lui questo periodo infinito è stato progettato dalla causa saggia come il tempo di ogni realizzazione.

L’uomo non è la creatura insignificante che sembra essere; il suo corpo fisico non è la vera misura del suo vero io. La natura invisibile dell’uomo è vasta quanto la sua comprensione e non misurabile come i suoi pensieri. Le dita della sua mente si allungano e afferrano le stelle; il suo spirito si confonde con la vita pulsante del Cosmo stesso. Colui che ha raggiunto lo stato di comprensione in tal modo ha così aumentato la sua capacità di sapere che gradualmente incorpora in sé i vari elementi dell’universo. L’ignoto è semplicemente ciò che deve ancora essere incluso nella coscienza del ricercatore. La filosofia aiuta l’uomo a sviluppare il senso di apprezzamento; poiché mentre rivela la gloria e la sufficienza della conoscenza, svela anche quei poteri e facoltà latenti in base ai quali l’uomo è abilitato a padroneggiare i segreti delle sette sfere.

Dal mondo delle attività fisiche gli iniziati antichi chiamavano i loro discepoli nella vita della mente e dello spirito. Nel corso dei secoli, i Misteri si sono fermati sulla soglia della Realtà – quell’ipotetico punto tra noumenon e fenomeno, la Sostanza e l’ombra.

In questa era di cose “pratiche” gli uomini ridicolizzano persino l’esistenza di Dio. Si fanno beffe della bontà mentre meditano con menti confuse la fantasmagoria della materialità. Hanno dimenticato il sentiero che conduce oltre le stelle. Le grandi istituzioni mistiche dell’antichità che hanno invitato l’uomo ad entrare nella sua eredità divina si sono sgretolate, e le istituzioni umane materialiste si trovano ora dove un tempo le antiche case di apprendimento sorsgevano. I saggi vestiti di bianco che hanno dato al mondo i suoi ideali di cultura e bellezza si sono allontanati dalla vista degli uomini. Nel cuore e nella mente dell’uomo le porte che conducono dalla mortalità all’immortalità sono ancora socchiuse. La virtù, l’amore e l’idealismo sono ancora i rigeneratori dell’umanità. Dio continua ad amare e guidare i destini della sua creazione. Il percorso si snoda ancora verso l’alto verso la realizzazione. L’anima dell’uomo non è stata privata delle sue ali; sono semplicemente piegate sotto la sua veste di carne. La filosofia è sempre quel potere magico che, aprendo il vaso di argilla, libera l’anima dalla sua schiavitù all’abitudine e alla perversione. Ancora come una volta, l’anima liberata può allargare le ali e librarsi fino alla fonte stessa di se stessa.

Gli adepti dei Misteri parlano di nuovo, offrendo a tutti gli uomini il benvenuto nella Casa della Luce. La grande istituzione della materialità ha fallito. La falsa civiltà costruita dall’uomo si è trasformata e, come il mostro di Frankenstein, sta distruggendo il suo creatore. La religione vaga senza meta nel labirinto della speculazione teologica. La scienza si batte impotente contro le barriere dell’ignoto. Solo la filosofia trascendentale conosce la strada. Solo la ragione illuminata può portare la parte comprensiva dell’uomo verso la luce. Solo la filosofia può insegnare all’uomo a nascere bene, a vivere bene, a morire bene e in perfetta misura a rinascere. I filosofi TI invitano, In questa banda di eletti – coloro che hanno scelto la vita della conoscenza, della virtù e dell’utilità.

 

 

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: I misteri e i loro emissari

Quella conoscenza divina che costituiva il possesso supremo dei sacerdoti pagani sopravvisse alla distruzione dei loro templi? È ancora accessibile all’umanità o giace sepolta sotto la spazzatura dei secoli, sepolta all’interno dei santuari che un tempo erano illuminati dal suo splendore? “In Egitto”, scrive Origene, “i filosofi hanno una conoscenza sublime e segreta che rispetta la natura di Dio. Cosa implicava Giuliano quando parlava delle segrete iniziazioni ai sacri Misteri del Dio a sette raggi che elevarono le anime alla salvezza attraverso La sua stessa natura? Chi erano i beati teurgisti che li comprendevano in profondità di cui Giuliano non osava parlare? Se questa dottrina interiore fosse sempre nascosta alle masse, per le quali era stato ideato un codice più semplice, non è altamente probabile che gli esponenti di ogni aspetto della civiltà moderna – filosofica, etica, religiosa e scientifica – ignorino il vero significato delle stesse teorie e principi su cui si fondano le loro credenze? Le arti e le scienze che la razza ha ereditato dalle nazioni più anziane e che si nascondo sotto le facciate delle nazioni sono un mistero così grande che solo l’intelletto più illuminato può coglierne l’importanza? Questo è senza dubbio il caso.

Albert Pike, che ha raccolto ampie prove dell’eccellenza delle dottrine promulgate dai Misteri, sostiene le sue affermazioni citando gli scritti di Clemente di Alessandria, Platone, Epitteto, Proclo, Aristofane e Cicerone, tutti uniti per lodare gli alti ideali di queste istituzioni. Dalla testimonianza non qualificata di tali autorità non può esistere alcun ragionevole dubbio che gli iniziati di Grecia, Egitto e altri antichi paesi possedessero la soluzione corretta a quei grandi problemi culturali, intellettuali, morali e sociali che l’umanita` nel ventunesimo secolo non riesce ad affrontare. Il lettore non deve interpretare questa affermazione nel senso che l’antichità aveva previsto e analizzato ogni complessità di questa generazione, ma piuttosto che i Misteri avevano sviluppato un metodo in base al quale la mente era così addestrata nelle verità fondamentali della vita che era in grado di far fronte con intelligenza a qualsiasi emergenza che potrebbe sorgere. Quindi le facoltà di ragionamento erano organizzate da un semplice processo di cultura mentale, poiché si affermava che dove la ragione regna sovrana, non può esistere un’incoerenza. La saggezza, si sosteneva, porta l’uomo alla condizione di Divinità, un fatto che spiega l’affermazione enigmatica secondo cui i Misteri trasformavano le “bestie ruggenti in divinità”.

La preminenza di qualsiasi sistema filosofico può essere determinata solo dall’eccellenza dei suoi prodotti. I Misteri hanno dimostrato la superiorità della loro cultura dando al mondo le menti di una tale schiacciante grandezza, anime di tale visione beata e vite di tale straordinaria impeccabilità che anche dopo il passare degli anni gli insegnamenti di questi individui costituiscono l’attuale standard spirituale, intellettuale e etici della razza. Gli iniziati delle varie scuole di Mistero delle epoche passate formano una vera catena d’oro di superuomini e super donne che collegano il cielo e la terra. Sono i collegamenti di quella “catena d’oro” omerica con cui Zeus si vantava di poter legare le varie parti dell’universo al culmine dell’Olimpo. I figli e le figlie di Iside sono davvero una linea illustre: fondatori di scienze e filosofie, mecenati delle arti e dei mestieri, che sostengono con la trascendenza del loro potere divinamente conferito le strutture delle religioni del mondo erette per renderle omaggio. Fondatori di dottrine che hanno plasmato la vita di generazioni incalcolabili, questi Insegnanti Iniziati testimoniano quella cultura spirituale che è sempre esistita – e esisterà sempre – come istituzione divina nel mondo degli uomini.

Coloro che rappresentano un ideale oltre la comprensione delle masse devono affrontare la persecuzione della moltitudine non pensante che è senza quell’idealismo divino che ispira il progresso e quelle facoltà razionali che setacciano infallibilmente la verità dalla falsità. La sorte dell’Iniziato-Insegnante è quindi quasi invariabilmente infelice. Pitagora, crocifisso e la sua università bruciata; Ipazia, strappata dal suo carro e uccisa; Jacques de Molay, il cui ricordo sopravvive alla fiamma che lo ha consumato; Savonarola, bruciato nella piazza di Firenze; Galileo, costretto a ritrattare le sue tesi; Giordano Bruno, bruciato dall’Inquisizione; Roger Bacon, costretto a continuare i suoi esperimenti nel segreto della sua cella e lasciare le sue conoscenze nascoste codificate; Dante Alighieri, morendo in esilio dalla sua amata città; Francis Bacon, paziente, sotto l’onere della persecuzione; Cagliostro, l’uomo più vilificato dei tempi moderni – tutta questa linea illustre testimonia incessantemente la disumanità dell’uomo per l’uomo. Il mondo è sempre stato incline a accumulare apprezzamento per i suoi sciocchi e calunnie sui suoi pensatori. Qua e là si verificano notevoli eccezioni, come nel caso del conte di St. Germain, un filosofo sopravvissuto ai suoi inquisitori e attraverso la pura trascendenza del suo genio conquistò una posizione di immunità comparativa. Ma anche l’illustre Comte – il cui intelletto illuminato meritava l’omaggio del mondo – non pote` sfuggire dall’essere marchiato come un impostore, un ciarlatano e un avventuriero. Da questo lungo pugno di uomini e donne immortali che hanno rappresentato l’antica saggezza davanti al mondo, tre sono stati scelti come esempi eccezionali per una considerazione più dettagliata: la prima la più eminente donna filosofa di tutte le età; il secondo l’uomo più diffamato e perseguitato dall’inizio dell’era cristiana; il terzo l’esponente moderno più brillante e di maggior successo di questa antica saggezza.

IPAZIA

Seduta sulla cattedra di filosofia precedentemente occupata da suo padre, Theon il matematico, l’immortale Ipazia è stata per molti anni la figura centrale nella scuola alessandrina del Neo-Platonismo. Famosa allo stesso modo per la profondità del suo apprendimento e il fascino della sua persona, amata dai cittadini di Alessandria e spesso consultata dai magistrati di quella città, questa nobile donna si distingue dalle

LA TABELLA DI CEBES.

Dal Vænius ‘Theatro Moral de la Vida Humana.

Secondo la leggenda, la Tavola di Cebes, un dialogo tra Cebes e Gerundio, si basava su un’antica tavola allestita nel Tempio di Kronos ad Atene o Tebe che rappresentava l’intero progresso della vita umana. L’autore della Tavola di Cebes era discepolo di Socrate e visse verso il 390 a.C. Il mondo è rappresentato come una grande montagna. Dalla terra alla base di esso vengono miriadi di creature umane che si arrampicano verso l’alto in cerca di verità e immortalità. Sopra le nuvole che nascondono la cima della montagna c’è l’obiettivo del raggiungimento umano: la vera felicità. Le figure e i gruppi sono disposti come segue: (1) la porta del muro della vita; (2) il Genio o Intelligenza; (3) inganno (4) opinioni, desideri e piaceri; (5) fortuna; (6) la forza; (7) la vegetazione, l’insaziabilità, l’adulazione; (8) il dispiacere; (9) la tristezza; (10) la miseria; (11) il dolore, (12) la rabbia o la disperazione; (13) la casa della sventura; (14) la penitenza; (15) l’opinione vera; (16) la falsa opinione; (17) la falsa dottrina; (18) i poeti, gli oratori, i geometri, et. al.; (19) l’incontinenza, l’indulgenza sessuale e l’opinione; (20) la strada della vera dottrina (21) la continenza e pazienza; (22) la vera dottrina; (23) la verità e la persuasione; (24) la scienza e la virtù; (25) la felicità, (26) il più alto (primo) piacere dell’uomo saggio; (27) il pigro e il randagio.

pagine della storia come il più grande dei martiri pagani. Discepolo personale del mago Plutarco e esperta delle profondità della Scuola Platonica, Ipazia eclissò nella discussione e nella stima pubblica ogni sostenitore delle dottrine cristiane nel nord dell’Egitto. Mentre i suoi scritti morirono al tempo dell’incendio della biblioteca di Alessandria da parte dei maomettani, alcune indicazioni della loro natura potrebbero essere ricavate dalle dichiarazioni degli autori contemporanei. Ipazia evidentemente scrisse un commento sull’aritmetica di Diophantus, un altro sul canone astronomico di Tolomeo e un terzo sulla conica di Apollonio di Perga. Synesius, vescovo di Tolomeo, suo devoto amico, scrisse a Ipazia per assistenza nella costruzione di un astrolabio e di un idroscopio. Riconoscendo la trascendenza del suo intelletto, i dotti di molte nazioni affluirono nell’accademia dove tenne lezioni.

Numerosi scrittori hanno accreditato gli insegnamenti di Ipazia come cristiani nello spirito; infatti rimosse il velo di mistero in cui il nuovo culto si era avvolto, spiegando con tanta chiarezza i principi più astrusi che molti neo convertiti alla fede cristiana la abbandonarono per diventare suoi discepoli. Ipazia non solo ha dimostrato in modo conclusivo l’origine pagana della fede cristiana, ma ha anche rivelato i presunti miracoli poi avanzati dai cristiani come segni di preferenza divina dimostrando le leggi naturali che controllano i fenomeni.

In quel momento Cirillo – in seguito noto per essere il fondatore della dottrina della Trinità cristiana e canonizzato per il suo zelo – era vescovo di Alessandria. Vedendo in Ipazia una minaccia continua alla promulgazione della fede cristiana, Cirillo – almeno indirettamente – fu la causa della sua tragica fine. Nonostante ogni successivo tentativo di esonerarlo dallo stigma del suo omicidio, rimane il fatto incontrovertibile che non ha fatto alcuno sforzo per scongiurare il crimine brutale. L’unico briciolo di scuse che potrebbe essere offerto a sua difesa è che, accecato dall’incantesimo del fanatismo, Cirillo considerava Ipazia una strega in combutta con il Diavolo. Contrariamente all’eccellenza altrimenti generale delle opere letterarie di Charles Kingsley, forse ha notato la sua puerile delineazione del personaggio di Ipazia nel suo libro con quel nome. Senza eccezioni, i magri riferimenti storici a questa vergine filosofa attestano la sua virtù, integrità e assoluta devozione ai principi di Verità e Giustizia.

Mentre è vero che le migliori menti del cristianesimo di quel periodo possono essere prontamente assolte dall’accusa di essere partecipi al crimine, l’implacabile odio di Cirillo e` stato trasmesso indiscutibilmente ai membri più fanatici della sua fede, in particolare a un gruppo di monaci del Deserto nitrico. Guidati da Pietro il Lettore, un uomo selvaggio e analfabeta, attaccarono Ipazia sulla strada aperta mentre passava dall’accademia a casa sua. Trascinando la donna indifesa dal suo carro, la portarono nella chiesa di Cesare. Strappando le sue vesti, la colpirono a morte con delle mazze, dopo di che le raschiarono la carne dalle ossa con gusci di ostriche e portarono i resti mutilati in un posto chiamato Cindron, dove la bruciarono.

Così morì nel 415 d.C. la più grande donna iniziata del mondo antico, e con lei cadde anche la Scuola Neo-Platonica di Alessandria. Il ricordo di Ipazia è stato probabilmente perpetuato dalla Chiesa cattolica romana nella persona di Santa Caterina d’Alessandria.

IL CONTE DI CAGLIOSTRO

Il “divino” Cagliostro, un momento l’idolo di Parigi, il successivo prigioniero solitario in una prigione dell’Inquisizione, passò come una meteora sulla faccia della Francia. Secondo le sue memorie da lui scritte durante il suo confino in Bastiglia, Alessandro Cagliostro nacque a Malta da una famiglia nobile ma sconosciuta. Fu allevato ed educato in Arabia sotto la guida di Altotas, un uomo esperto in diversi rami della filosofia e della scienza e anche un maestro delle arti trascendentali. Mentre i biografi di Cagliostro generalmente ridicolizzano questo racconto, non riescono assolutamente ad avanzare al suo posto qualsiasi soluzione logica per la fonte della sua magnifica riserva di conoscenza arcana.

Visto come impostore e ciarlatano, i suoi miracoli furono reputati illusioni e la sua stessa generosità sospettata di un ulteriore motivo, il conte di Cagliostro è senza dubbio l’uomo più calunniato della storia moderna. “La sfiducia”, scrive WHK Trowbridge, “che il mistero e la magia ispirano sempre hanno reso Cagliostro con la sua fantastica personalità un facile bersaglio per la calunnia. Dopo essere stato sottoposto ad abusi fino a diventare irriconoscibile, il pregiudizio, il figlio adottivo della calunnia, ha continuato a linciarlo per così dire. Per oltre cento anni il suo personaggio è stato avvolto dall’infamia, sul quale gli sbirri della tradizione hanno inscritto una maledizione su chiunque tentasse di ristabilirlo. Il suo destino è stato la sua fama. è ricordato nella storia, non tanto per ciò che ha fatto, quanto per quello che gli è stato fatto. ” (Vedi Cagliostro, lo splendore e la miseria di un maestro di magia.)

Secondo la credenza popolare il vero nome di Cagliostro era Giuseppe Balsamo, ed era un siciliano di nascita. Negli ultimi anni, tuttavia, sono sorti dubbi sul fatto che questa convinzione sia in accordo con i fatti. Si può ancora dimostrare che in parte, almeno, gli abusi accumulati sullo sfortunato Comte sono stati diretti contro l’uomo sbagliato. Giuseppe Balsamo nacque nel 1743 da onesta ma umile parentela. Dalla fanciullezza ha mostrato tendenze egoistiche, inutili e persino criminali, e dopo una serie di fughe scomparve. Trowbridge (loc. Cit.) Presenta ampie prove che Cagliostro non era Giuseppe Balsamo, eliminando così la peggiore accusa contro di lui. Dopo sei mesi di prigionia in Bastiglia, nel suo processo Cagliostro fu esonerato da qualsiasi implicazione nel furto della famosa “Collana della Regina”, e in seguito fu stabilito il fatto che aveva effettivamente avvertito il Cardinale de Rohan del crimine previsto. Nonostante il fatto che sia stato dichiarato innocente dal tribunale francese, uno sforzo deliberato per diffamare Cagliostro è stato fatto da un artista – più talentuoso che intelligente – che ha dipinto un quadro che lo mostra con la collana in mano . Il processo a Cagliostro è stato definito il prologo della rivoluzione francese. L’animosità fumante contro Maria Antonietta e Luigi XVI generati da questo processo in seguito scoppiò come olocausto del Regno del Terrore. Nella sua brochure, Cagliostro e il suo rito egiziano di massoneria, Henry R. Evans difende abilmente questo uomo molto perseguitato dalle infamie così ingiustamente legate al suo nome.

I sinceri investigatori dei fatti che circondano la vita e la misteriosa “morte” di Cagliostro sono dell’opinione che le storie che circolavano contro di lui possano essere ricondotte alle macchinazioni dell’Inquisizione, che in questo modo cercavano di giustificare la sua persecuzione. L’accusa di base contro Cagliostro fu che aveva tentato di fondare una loggia massonica a Roma – niente di più. Tutte le altre accuse sono di data successiva. Per qualche ragione non rivelata, il Papa commutò la condanna a morte di Cagliostro in perpetua prigionia. Questo atto in sé mostrava il rispetto per cui Cagliostro era tenuto anche dai suoi nemici. Mentre si ritiene che la sua morte sia avvenuta diversi anni dopo in una prigione dell’Inquisizione nel castello di San Leo, è altamente improbabile che sia così. Si dice che sia fuggito, e secondo una storia molto significativa Cagliostro è fuggito in India, dove i suoi talenti hanno ricevuto l’apprezzamento che gli è stato negato nell’Europa in crisi politica.

Dopo aver creato il suo rito egiziano, Cagliostro dichiarò che da quando le donne erano state ammesse negli antichi Misteri non c’era motivo per cui dovessero essere escluse dagli ordini moderni. La Princesse de Lamballe accettò cortesemente la dignità della Padrona d’Onore nella sua società segreta, e la sera della sua iniziazione erano presenti i membri più importanti della corte francese. Lo splendore della faccenda attirò l’attenzione delle logge massoniche a Parigi. I loro rappresentanti, nel sincero desiderio di comprendere i Misteri massonici, hanno scelto il dotto orientalista Court de Gébelin come loro portavoce e hanno invitato il conte di Cagliostro a partecipare a una conferenza per aiutare a chiarire una serie di importanti questioni riguardanti la filosofia massonica. Il conte accettò l’invito.

Il 10 maggio 1785, Cagliostro partecipò alla conferenza convocata a tale scopo e il suo potere e la sua semplicità vinsero immediatamente l’opinione favorevole dell’intera riunione. Bastarono poche parole perché la Court de Gébelin scoprisse che non stava parlando né solo a un collega studioso, ma a un uomo infinitamente suo superiore. Cagliostro presentò immediatamente un indirizzo, così inaspettato, così totalmente diverso da qualsiasi cosa fosse mai stata ascoltata da quelli riuniti, che tutti rimasero senza parole per lo stupore. Cagliostro dichiarò che la Rosa Croce era il simbolo antico e vero dei Misteri e, dopo una breve descrizione del suo simbolismo originale, si ramificò in una considerazione del significato simbolico delle lettere, predicendo all’assemblea il futuro della Francia in un modo cosi` chiaro che non lasciava spazio a dubbi sul fatto che l’oratore fosse un uomo di intuizione e potere soprannaturale. Con una curiosa disposizione delle lettere dell’alfabeto, Cagliostro predisse in dettaglio gli orrori della prossima rivoluzione e la caduta della monarchia, descrivendo minuziosamente il destino dei vari membri della famiglia reale. Profetizzò anche l’avvento di Napoleone e l’ascesa del Primo Impero. Ha fatto tutto cio` per dimostrare ciò che può essere realizzato con una conoscenza superiore.

Più tardi, quando arrestato e inviato alla Bastiglia, Cagliostro scrisse sul muro della sua cella il seguente messaggio enigmatico che, quando interpretato, recitava: “Nel 1789 la Bastiglia assediata sarà demolita da te dal 14 luglio dall’alto verso il basso”. Cagliostro era il misterioso agente dei Templari, l’iniziato rosacrociano il cui magnifico deposito di apprendimento è attestato dalla profondità del rito egiziano della massoneria. Così il conte di Cagliostro rimane uno dei personaggi più strani della storia – i suoi amici credevano che fosse vissuto da sempre e di aver preso parte alla festa nuziale di Cana, e accusato dai suoi nemici di essere il diavolo incarnato! I suoi poteri di profezia sono abilmente descritti da Alexandre Dumas in La collana della regina.

IL CONTE DI ST-GERMAIN

Durante la prima parte del diciottesimo secolo, nei circoli diplomatici d’Europa apparve la personalità più sconcertante della storia – un uomo la cui vita era così vicina ad un sinonimo di mistero che l’enigma della sua vera identità era insolubile per i suoi contemporanei quanto è stato per gli investigatori successivi. Il conte di St. Germain fu riconosciuto come lo studioso e linguista eccezionale dei suoi tempi. I suoi versatili successi si sono estesi dalla chimica e dalla storia alla poesia e alla musica. Ha suonato diversi strumenti musicali con grande abilità e tra le sue numerose composizioni c’era una breve opera. Era anche un artista di rara abilità e si ritiene che gli effetti straordinariamente luminosi che creò su tela fossero il risultato della sua mescolanza di madreperla in polvere con i suoi pigmenti. Si e` distinto in tutto il mondo per la sua capacità di riprodurre nei suoi dipinti la lucentezza originale delle pietre preziose che appaiono sui costumi dei suoi soggetti. La sua competenza linguistica era al limite del soprannaturale. Parlava tedesco, inglese, italiano, portoghese, spagnolo, francese con un accento piemontese, greco, latino, sanscrito, arabo e cinese con una tale fluidità che in ogni terra che visitava veniva accettato come nativo. Era ambidestro a tal punto che: poteva scrivere lo stesso articolo con entrambe le mani contemporaneamente. Quando i due pezzi di carta venivano successivamente messi insieme con una luce dietro di loro, la scritta su un foglio era esattamente coperta, lettera per lettera, dalla scritta sull’altro.

Come storico, il conte di St. Germain possedeva una straordinaria conoscenza di ogni avvenimento dei duemila anni precedenti, e nelle sue reminiscenze descrisse in dettagli intimi eventi dei secoli precedenti in cui aveva svolto ruoli importanti. Aiutò Mesmer a sviluppare la teoria del mesmerismo, e con ogni probabilità fu il vero scopritore di quella scienza. La sua conoscenza della chimica era così profonda che poteva rimuovere i difetti dai diamanti e da altre pietre preziose, un’impresa che in realtà eseguì su richiesta di Luigi XV nel 1757. Fu anche riconosciuto come critico d’arte senza pari e fu spesso consultato per quanto riguarda i dipinti accreditati ai grandi maestri. La sua pretesa di possedere il leggendario elisir di lunga vita fu testimoniata da Madame de Pompadour, che scoprì, dichiarò, di averlo visto presentare a una donna di corte un certo liquido inestimabile che aveva avuto l’effetto di preservare la sua giovane vivacità e bellezza per oltre venticinque anni oltre il termine normale.

La sorprendente precisione delle sue espressioni profetiche porto lui della fama. Per Maria Antonietta predisse la caduta della monarchia francese, ed era anche consapevole del destino infelice della famiglia reale anni prima che la rivoluzione avesse effettivamente luogo. Le prove coronanti, tuttavia, del genio del conte furono la sua penetrante comprensione della situazione politica dell’Europa e l’abilità consumata con cui parò gli attacchi dei suoi avversari diplomatici. Fu assunto da un certo numero di governi europei, tra cui i francesi, come agente segreto, e in ogni momento portava credenziali che gli davano accesso agli ambienti più esclusivi.

Nella sua eccellente monografia, il conte di St. Germain, il segreto dei re, la signora Cooper-Oakley elenca i nomi più importanti con i quali questa straordinaria persona si mascherò tra il 1710 e il 1822. “Durante questo periodo”, scrive, “abbiamo M. de St. Germain come Marchese di Montferrat, Comte Bellamarre o Aymar a Venezia, Chevalier Schoening a Pisa, Chevalier Weldon a Milano e Lipsia, Comte Soltikoff a Genova e Livorno, Graf Tzarogy a Schwalbach e Triesdorf, Prinz Ragoczy a Dresda e Comte de St. Germain a Parigi, L’Aia, Londra e San Pietroburgo “. È evidente che M. de St. Germain adottò questi vari nomi nell’interesse del servizio politico segreto che gli storici hanno presunto essere la missione principale della sua vita.

Il conte di St. Germain è stato descritto come di media altezza, ben proporzionato nel corpo e con caratteristiche regolari e gradevoli. La sua carnagione era un po ‘scura e i suoi capelli scuri, sebbene spesso mostrati coperti di polvere. Vestiva semplicemente, di solito in nero, ma i suoi vestiti erano ben adattati e della migliore qualità. Apparentemente aveva una mania per i diamanti, che indossava non solo negli anelli ma anche nel suo orologio e catena, nel suo porta tabacco e sulle sue fibbie. Un gioielliere una volta stimò il valore delle sue fibbie per le scarpe a 200.000 franchi. Il Comte è generalmente raffigurato come un uomo di mezza eta`, completamente privo di rughe e libero da qualsiasi infermità fisica. Non mangiava carne e non beveva vino, infatti raramente cenava in presenza di una seconda persona. Sebbene fosse considerato un ciarlatano e un impostore da alcuni nobili alla corte francese, Luigi XV rimproverò severamente un cortigiano che fece un’osservazione denigratoria nei suoi confronti. La grazia e la dignità che caratterizzava la sua condotta, insieme al suo perfetto controllo di ogni situazione, attestava l’innata raffinatezza e cultura di una persona “a modo”. Questa straordinaria persona aveva anche la sorprendente e impressionante capacità di divinare, anche nei minimi dettagli, le domande dei suoi inquisitori prima che fossero poste. Grazie a qualcosa di simile alla telepatia è stato anche in grado di sentire quando era necessaria la sua presenza in qualche città o stato distante, e si è persino detto di lui che aveva la stupefacente abitudine non solo di apparire nel suo appartamento e in quelli degli amici senza passare della porta ma anche ad andarsene da esso in modo simile.

I viaggi di M. de St. Germain coprirono molti paesi. Durante il regno di Pietro III fu in Russia e tra gli anni 1737 e 1742 alla corte dello Scià di Persia come ospite d’onore. Sull’argomento dei suoi vagabondaggi Birch scrive: “I viaggi del conte di Saint-Germain hanno riguardato un lungo periodo di anni e una vasta gamma di paesi. Dalla Persia alla Francia e da Calcutta a Roma era conosciuto e rispettato. Orazio Walpole parlò con lui a Londra nel 1745; Clive lo conobbe in India nel 1756; Madame d’Adhémar sostiene di averlo incontrato a Parigi nel 1789, cinque anni dopo la sua presunta morte; mentre altre persone hanno finto di aver conversato con lui, all’inizio del diciannovesimo secolo, era in rapporti familiari e intimi con i capi incoronati d’Europa e amico onorario di molte persone illustri di tutte le nazionalità. Federico il Grande, Voltaire, Madame de Pompadour, Rousseau, Chatham e Walpole, che lo conoscevano tutti personalmente, rivaleggiarono in curiosità per quanto alla sua origine. Durante i molti decenni in cui era al mondo, tuttavia, nessuno ebbe successo nello scoprire perché è apparso come agente giacobita a Londra, come cospiratore a Pietroburgo, come alchimista e conoscitore di quadri a Parigi, o come generale russo a Napoli. * * * Di tanto in tanto il sipario che avvolge le sue azioni viene tirato da parte, e ci è permesso vederlo armeggiare nella sala della musica a Versailles, spettegolare con Horace Walpole a Londra, seduto nella biblioteca di Federico il Grande a Berlino, o dirigere incontri nelle caverne del Reno. “(Vedi Il XIX secolo, gennaio 1908.)

Il conte di St. Germain è stato generalmente considerato una figura importante nelle prime attività dei massoni. Sforzi ripetuti, tuttavia, probabilmente con un ulteriore motivo, sono stati fatti per screditare le sue affiliazioni massoniche. Un esempio di questo è l’account che appare in The Secret Tradition in Freemasonry, di Arthur Edward

IL CAGLIOSTRO “DIVINO”.

Dal busto di Cagliostro di Houdon.

Il Conte di Cagliostro è descritto come un uomo non eccessivamente alto, ma dalle spalle quadrate e profondo nel petto. La sua testa, che era grande, era abbondantemente coperta di capelli neri pettinati all’indietro dalla sua ampia e nobile fronte. I suoi occhi erano neri e molto brillanti, e quando parlava con grande sensibilità su un argomento profondo le pupille si dilatavano, le sue sopracciglia si sollevavano scuotendo la testa come un leone. Le sue mani e piedi erano piccoli – un’indicazione di nascita nobile – e tutto il suo portamento era dignitoso e intellettuale. Era pieno di energia e poteva compiere un prodigioso lavoro. Si vestiva in modo un po ‘ fantasioso, donò così liberamente da una inesauribile borsa che ricevette il titolo di “Padre dei Poveri”, non accettò nulla da nessuno. Secondo le sue stesse affermazioni, fu iniziato nei Misteri nientemeno che dal conte di St. Germain. Aveva viaggiato attraverso tutte le parti del mondo e nelle rovine dell’antica Babilonia e Ninive aveva scoperto uomini saggi che comprendevano tutti i segreti della vita umana.

Waite. Questo autore, dopo aver fatto alcune osservazioni piuttosto denigratorie sull’argomento, amplifica il suo articolo riproducendo un’incisione falsa del Comte de St.-Germain, apparentemente incapace di distinguere tra il grande illuminista e il generale francese. Sarà ancora stabilito oltre ogni dubbio che il conte di St. Germain era sia un massone che un templare; infatti le memorie di Cagliostro contengono una dichiarazione diretta della sua iniziazione nell’ordine dei Cavalieri Templari per mano di St. Germain. Molti dei personaggi illustri con cui il conte di St. Germain erano associati erano massoni e sono stati conservati sufficienti memorandum riguardanti le discussioni che tenevano per dimostrare che era un maestro della tradizione massonica. È anche ragionevolmente certo che fosse collegato con i Rosacroce – probabilmente essendo stato il vero capo di quell’ordine.

Il conte di St. Germain conosceva perfettamente i principi dell’esoterismo orientale. Ha praticato il sistema orientale di meditazione e concentrazione, in diverse occasioni dopo essere stato visto seduto con i piedi incrociati e le mani giunte nella posizione di un Buddha indù. Si ritirò nel cuore dell’Himalaya in cui si ritirava periodicamente dal mondo. In un’occasione dichiarò che sarebbe rimasto in India per ottantacinque anni e poi sarebbe tornato sulla scena europea. In varie occasioni ha ammesso di obbedire agli ordini di un potere più alto e più grande di se stesso. Ciò che non disse fu che questo potere superiore era la scuola del Mistero che lo aveva mandato nel mondo per compiere una missione definita. Il conte di St. Germain e Sir Francis Bacon sono i due più grandi emissari inviati nel mondo dalla Confraternita segreta negli ultimi mille anni.

E. Francis Udny, scrittore teosofico, è convinto che il conte di St. Germain non fosse il figlio del principe Rákóczy della Transilvania, ma a causa della sua età avrebbe dovuto essere il principe stesso, che era noto per la sua profonda natura filosofica e mistica. Lo stesso scrittore ritiene che il conte di Saint-Germain sia passato attraverso la “morte filosofica” come Francis Bacon nel 1626, come François Rákóczy nel 1735 e come il conte di St. Germain nel 1784. Pensa anche che il conte di St. -Germain era il famoso conte di Gabalis e come il conte Hompesch era l’ultimo Gran Maestro dei Cavalieri di Malta. È noto che molti membri delle società segrete europee hanno simulato la morte per vari scopi. Il maresciallo Ney, un membro della Society of Unknown Philosophers, fuggì e sotto il nome di Peter Stuart Ney visse e insegnò a scuola per oltre trent’anni nella Carolina del Nord. Sul suo letto di morte, P. S. Ney disse al dottor Locke, il medico curante, che era il maresciallo Ney di Francia.

Nel concludere un articolo sull’identità dell’imperscrutabile conte di St. Germain, Andrew Lang scrive: “Saint-Germain morì davvero nel palazzo del principe Carlo d’Assia tra il 1780 e il 1785? Al contrario, fuggì dalla prigione francese in cui Grosley pensava di vederlo, durante la Rivoluzione francese? Fu conosciuto da Lord Lytton verso il 1860? * * * È il misterioso consigliere moscovita del Dalai Lama? Chi lo sa? “(Vedi Misteri storici.)

EPISODI DELLA STORIA AMERICANA

Molte volte la domanda è stata posta: la visione di Francis Bacon sulla “Nuova Atlantide” era un sogno profetico della grande civiltà che stava per sorgere così presto sul suolo del Nuovo Mondo? Non si può dubitare che le società segrete d’Europa cospirarono per stabilire nel continente americano “una nuova nazione, concepita in libertà e dedicata alla proposizione che tutti gli uomini sono creati uguali”. Due episodi della prima storia degli Stati Uniti evidenziano l’influenza di quel corpo silenzioso che ha guidato a lungo i destini dei popoli e delle religioni. Da loro le nazioni sono create come veicoli per la promulgazione degli ideali, e mentre le nazioni sono fedeli a questi ideali sopravvivono; quando si discostano da essi svaniscono come l’antica Atlantide che aveva smesso di “conoscere gli dei”.

Nel suo mirabile piccolo trattato, La nostra bandiera, Robert Allen Campbell fa rivivere i dettagli di un episodio oscuro, ma più importante, della storia americana – la progettazione della bandiera coloniale del 1775. Il racconto coinvolge un uomo misterioso riguardo al quale non sono disponibili informazioni a parte questo, era in buoni rapporti con il generale George Washington e il dottor Benjamin Franklin. La seguente descrizione è tratta dal trattato di Campbell:

“Pare che si sapesse poco riguardo a questo vecchio gentiluomo; e nei materiali da cui è stato redatto questo racconto il suo nome non viene nemmeno menzionato una volta, poiché è uniformemente conosciuto o chiamato “il Professore”. Evidentemente era molto al di là dei suoi cent’anni; e spesso si riferiva a eventi storici di oltre un secolo prima, proprio come se fosse stato un testimone vivente del loro avvenimento; era ancora eretto, vigoroso e attivo – forte, cordiale e di mentalità chiara – forte ed energico in ogni modo come nel pieno della sua vita Era alto, di bella figura e molto dignitoso nelle sue maniere; essendo allo stesso tempo cortese, gentile e imponente. per quei tempi e considerando le usanze dei coloni, molto peculiare nel suo modo di vivere; poiché non mangiava carne, pollo o pesce; non mangiava nessuna “cosa verde”, nessuna radice o qualcosa di acerbo; non beveva liquore , vino o birra; ma limitava la sua dieta ai cereali e ai loro prodotti, ai frutti maturati sullo stelo al sole, alle noci, al tè delicato e ai dolci di miele, zucchero o melassa.

“Era ben educato, altamente colto, con informazioni ampie e varie, e un grande studioso. Trascorse molto del suo tempo nella pazienza e perseveranza di un numero di libri e manoscritti antichi molto rari che sembrava decifrare , tradurre o riscrivere. Questi libri e manoscritti, insieme ai suoi stessi scritti, non li ha mai mostrati a nessuno e non li ha nemmeno menzionati nelle sue conversazioni con la famiglia, tranne nel modo più informale, e li ha sempre rinchiusi attentamente in un grande cassa vecchio stile, di forma cubica, rilegata in ferro, pesante, di quercia, ogni volta che lasciava la sua stanza, anche per i suoi pasti. Faceva lunghe e frequenti passeggiate da solo, si sedeva sulle colline vicine o meditava in mezzo ai prati verdi e pieni di fiori. Era abbastanza liberale – ma per nulla lussuoso – nel spendere i suoi soldi, dei quali era ben fornito. Era un uomo tranquillo, sebbene molto geniale e molto interessante. In breve, era uno che tutti avrebbero notato e rispettato, con cui pochi si sarebbero sentiti a loro agio e che nessuno avrebbe voluto criticare – chiedere da dove venisse, perché si fosse trattenuto, o dove avesse viaggiato. ”

Per qualcosa di più di una semplice coincidenza, il comitato nominato dal Congresso coloniale per progettare una bandiera accettò un invito a essere ospiti, mentre a Cambridge, della stessa famiglia con cui il professore stava. Fu qui che il Generale Washington si unì a loro allo scopo di decidere su un emblema appropriato. Dai segni che si facevano era evidente che sia il generale Washington che il dottor Franklin riconobbero il professore e, con approvazione unanime, fu invitato a diventare membro attivo del comitato. Durante i procedimenti che seguirono, il Professore fu trattato con il più profondo rispetto e tutti i suoi suggerimenti furono immediatamente applicati. Ha presentato uno schema che ha considerato simbolicamente appropriato per la nuova bandiera, e questo è stato accettato senza esitazione dagli altri. Dopo l’episodio della bandiera, il professore svanì tranquillamente e non si sa più nulla di lui.

Il generale Washington e il dottor Franklin hanno riconosciuto il professore come un emissario della scuola dei misteri che ha controllato così a lungo i destini politici di questo pianeta? Benjamin Franklin era un filosofo e un massone – probabilmente un iniziato rosacrociano. Lui e il Marchese de Lafayette – anche lui un uomo misterioso – costituiscono due dei collegamenti più importanti nella catena di circostanze che culminarono nella creazione delle tredici colonie americane originarie come nazione libera e indipendente. I risultati filosofici del dottor Franklin sono ben attestati nel Poor Richard’s Almanac, pubblicato da lui per molti anni sotto il nome di Richard Saunders. Il suo interesse per la causa della massoneria è dimostrato anche da Constitutions of Freemasonry di Anderson, un’opera rara e molto controversa sull’argomento.

Fu durante la sera del 4 luglio 1776 che si verificò il secondo episodio misterioso. Nella vecchia State House di Filadelfia un gruppo di uomini si radunò per l’importante compito di recidere l’ultimo legame tra il vecchio paese e il nuovo. È stato un momento grave e non pochi dei presenti temevano che le loro vite sarebbero state in pericolo a causa della loro audacia. Nel mezzo del dibattito risuonò una voce feroce. I dibattiti si fermarono e si voltarono a guardare lo straniero. Chi era quell’uomo che era apparso improvvisamente in mezzo a loro? Non l’avevano mai visto prima, nessuno sapeva quando fosse entrato, ma la sua forma alta e il viso pallido li riempivano di timore reverenziale. Con la sua voce che risuona di un santo zelo, lo sconosciuto li agitò fino alle loro stesse anime. Le sue parole conclusive risuonarono nell’edificio: “Dio ha creato l’America perche` fosse libera!” Quando lo sconosciuto si sedette su una sedia esausto, scoppiò un entusiasmo selvaggio. Firma dopo firma ogni nome fu posto sulla pergamena: fu firmata la Dichiarazione di Indipendenza. Ma dov’era l’uomo che aveva stimolato il compimento di questo compito storico – che aveva sollevato per un attimo il velo dagli occhi dell’assemblea e aveva rivelato loro almeno una parte del grande scopo per cui la nuova nazione era stata concepita? Era scomparso, né fu mai più stato visto o la sua identità stabilita. Questo episodio mette in parallelo altri di tipo simile registrati dagli storici antichi che assistono alla fondazione di ogni nuova nazione. Sono coincidenze o dimostrano che la saggezza divina degli antichi Misteri è ancora presente nel mondo, al servizio dell’umanità come succedeva in passato?

 

 

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: Il simbolismo degli indiani d’America

L’indiano nordamericano è per natura un simbolista, un mistico e un filosofo. Come la maggior parte dei popoli aborigeni, la sua anima era in rapporto con gli agenti cosmici che si manifestavano su di lui. I suoi Manidos non solo controllavano i cieli, ma discesero anche nel mondo degli uomini e si mescolarono con i loro bambini. Le nuvole grigie che coprivano l’orizzonte erano il fumo dei caluneti degli dei, che potevano accendere fuochi di legno pietrificato e usare una cometa come fiamma. L’indiano americano popolava foreste, fiumi e cielo con miriadi di esseri superfisici e invisibili. Ci sono leggende di intere tribù di indiani che vivevano sul fondo del lago; di razze che non si vedevano mai di giorno ma che, uscendo dalle loro caverne nascoste, vagavano per la terra di notte e evitavano viaggiatori inconsapevoli; anche di indiani pipistrello, con corpi umani e ali da pipistrello, che vivevano in foreste tenebrose e su scogliere inaccessibili e che dormivano sospesi a testa in giù da grandi rami. La filosofia delle creature elementali dell’uomo rosso è apparentemente il risultato del suo contatto intimo con la Natura, le cui inspiegabili meraviglie diventano la causa generatrice di tali speculazioni metafisiche.

In comune con i primi scandinavi, gli indiani del Nord America consideravano la terra (la Grande Madre) un piano intermedio, delimitato da una sfera celeste (la dimora del Grande Spirito) e in basso da un oscuro e terrificante mondo sotterraneo (la dimora delle ombre e dei poteri sottomarini). Come i Caldei, dividevano l’intervallo tra la superficie della terra e del cielo in vari strati, uno costituito da nuvole, un altro dei sentieri dei corpi celesti e così via. Gli inferi erano divisi in modo simile e come il sistema greco rappresentava agli iniziati la Casa dei Misteri Minori. Quelle creature in grado di funzionare in due o più elementi erano considerate messaggere tra gli spiriti di questi vari piani. Si presumeva che la dimora dei morti si trovasse in un luogo lontano: nei cieli in alto, nella terra in basso, negli angoli distanti del mondo o attraverso vasti mari. A volte scorre un fiume tra il mondo dei morti e quello dei vivi, in questo senso parallelamente alla teologia egizia, greca e cristiana. Per l’indiano il numero quattro ha una santità particolare, presumibilmente perché il Grande Spirito ha creato il suo universo in una cornice quadrata. Ciò suggerisce la venerazione accordata al tetrado dai Pitagorici, che lo ritenevano un appropriato simbolo del Creatore. Le leggende delle strane avventure di intrepidi eroi che penetravano nei regni dei morti dimostrano senza dubbio la presenza di culti misteriosi tra gli uomini rossi nordamericani. Ovunque fossero stabiliti i Misteri, venivano riconosciuti come equivalenti filosofici della morte, poiché coloro che passavano attraverso i rituali sperimentavano tutte le condizioni post-morte mentre erano ancora nel corpo fisico. Al compimento del rituale l’iniziato acquisiva effettivamente la capacità di entrare e uscire dal proprio corpo fisico a volontà. Questa è la base filosofica per le allegorie delle avventure nella Terra Ombra Indiana, o World of Ghosts.

“Da costa a costa”, scrive Hartley Burr Alexander, “il sacro Calumet è l’altare dell’indiano e il suo fumo è la giusta offerta al Cielo”. Nelle Note sullo stesso lavoro viene data la seguente descrizione della cerimonia della pipa:

“Il maestro delle cerimonie, alzandosi di nuovo in piedi, riempì e illuminò la pipa della pace dal suo stesso fuoco. Fumando 3 volte, uno dopo l’altro, soffiavai l primo tiro verso lo zenit, il secondo verso il suolo e il terzo verso il Sole. Il primo serviva per rivolgersi al Grande Spirito per la conservazione della sua vita durante l’anno passato e per avergli permesso di essere presente all’attuale consiglio. Il secondo, era rivolto a sua Madre, la Terra , per le sue varie produzioni che avevano contribuito al suo sostentamento. E il terzo, era rivolto al Sole per la sua luce infinita, che brillava sempre su tutto “.

Era necessario che l’indiano prendesse la pietra rossa per il suo calumet dalla cava di pietra calcarea dove in un remoto passato era arrivato il Grande Spirito e, dopo aver modellato con le proprie mani una grande pipa, l’aveva fumata verso i quattro angoli della creazione istituendo così questa cerimonia più sacra. Decine di tribù indiane – alcune delle quali viaggiano per migliaia di miglia – assicurarono la pietra sacra da questa singola cava, dove il mandato del Grande Spirito aveva decretato che regnasse la pace eterna.

L’indiano non adora il sole; considera piuttosto questa sfera splendente come un simbolo appropriato del Grande e Buon Spirito che irradia per sempre la vita ai suoi figli rossi. Nel simbolismo indiano il serpente – specialmente il Grande Serpente – conferma altre prove che indicano la presenza dei Misteri nel Continente nordamericano. Il serpente volante è il simbolo atlantideo dell’iniziato; il serpente a sette teste rappresenta le sette grandi isole atlantidee (le città di Chibola?) e anche le sette grandi scuole preistoriche di filosofia esoterica. Inoltre, chi può mettere in dubbio la presenza della dottrina segreta nelle Americhe quando osserva il grande tumulo di serpenti nella contea di Adams, nell’Ohio, dove l’enorme rettile è rappresentato mentre degorgia l’uovo dell’esistenza? Molte tribù indiane americane sono reincarnazioniste, alcune sono trasmigrazioniste. Hanno persino chiamato i loro figli con i nomi che avrebbero dovuto essere portati da loro in una vita precedente. C’è un resoconto di un caso in cui un genitore per caso aveva dato al suo bambino il nome sbagliato, il bambino piangeva incessantemente fino a quando l’errore venne corretto! La credenza nella reincarnazione è prevalente anche tra gli eschimesi. Gli eschimesi anziani non di rado si uccidono per reincarnarsi nella famiglia di una persona cara appena sposata.

Gli indiani d’America riconoscono la differenza tra il fantasma e l’anima reale di una persona morta, una conoscenza limitata agli iniziati dei Misteri. In comune con i platonici, hanno anche compreso i principi di una sfera archetipica in cui esistono

PITTURA NAVAHO.

Da un disegno originale di Hasteen Klah.

I dipinti a secco Navaho sono realizzati spolverando il pigmento macinato variegato su una base di sabbia liscia. Quello qui riprodotto è circondato dalla dea arcobaleno e raffigura un episodio del mito della cosmogonia Navaho. Secondo Hasteen Klah, il prete della sabbia Navaho che ha disegnato questo dipinto, non crede nell’idolatria, quindi non propongono immagini dei loro dei, ma perpetuano solo il concetto mentale di essi. Proprio come gli dei disegnano immagini sulle nuvole in movimento, così i sacerdoti dipingono sulla sabbia e quando lo scopo del disegno è stato realizzato, viene cancellato da una spazzata della mano. Secondo questo informatore, le nazioni Zuni, Hopi e Navaho avevano una genesi comune; tutti uscirono dalla terra e poi si separarono in tre nazioni.

I Navahos sono emersi per la prima volta circa 3.000 anni fa in un punto ora chiamato La Platte Mountain in Colorado. Le quattro montagne sacre ai Navahos sono La Platte Mountain, Mount Taylor, Navaho Mountain e San Francisco Mountain. Mentre queste tre nazioni erano sotto la terra quattro catene montuose erano sotto di loro. Le montagne orientali erano bianche, quelle meridionali blu, quelle occidentali gialle e quelle settentrionali nere. L’ascesa e la caduta di queste montagne causarono l’alternanza di giorno e notte. Quando si levarono le bianche montagne era giorno sotto la terra; quando si alzarono quelle gialle, era il crepuscolo; le montagne nere portavano la notte e quelle blu l’alba. Sette divinità principali furono riconosciute dai Navahos, ma Hasteen Klah non fu in grado di dire se gli indiani collegassero queste divinità ai pianeti. Bakochiddy, una di queste sette divinità principali, era di colore bianco con capelli rossastri chiari e occhi grigi. Suo padre era il raggio di sole e sua madre la luce del giorno. Ascese al cielo e per alcuni aspetti la sua vita è parallela a quella di Cristo. Per vendicare il rapimento di suo figlio, Kahothsode, un dio pesce, provocò una grande inondazione. Per sfuggire alla distruzione, gli Zunis, gli Hopis e i Navahos salirono sulla superficie della terra.

Il dipinto di sabbia qui riprodotto fa parte della serie di medicine preparate per la guarigione delle malattie. Nella cerimonia di guarigione il paziente viene posto sul disegno, che viene realizzato in un luogo consacrato, e tutti gli estranei sono esclusi. La svastica sacra al centro del disegno è forse il piu` universale degli emblemi religiosi e rappresenta i quattro angoli del mondo. I due dei gobbi, a destra e a sinistra, assumono il loro aspetto a causa delle grandi nuvole sospese sulle loro spalle. Nell’arte religiosa Navaho, le divinità maschili sono sempre rappresentate con teste circolari e divinità femminili con teste quadrate.

tutti i modelli di tutte le forme che si manifestano sul piano terrestre, La teoria del Gruppo di Anime che hanno la supervisione delle specie animali è anche condiviso da loro. La credenza dell’uomo rosso negli spiriti custodi avrebbe riscaldato il cuore di Paracelso. Quando raggiunsero l’importanza di essere protettori di interi clan o tribù, questi guardiani vennero chiamati totem. In alcune tribù cerimonie impressionanti segnano l’occasione in cui i giovani vengono inviati nella foresta per digiunare e pregare e rimangono lì fino a quando il loro spirito guardiano si manifesta a loro. Qualunque creatura appaia in seguito diventa il loro genio peculiare, a cui si appellano in tempo di difficoltà.

L’eroe eccezionale del folklore indiano nordamericano è Hiawatha, un nome che, secondo Lewis Spence, significa “colui che cerca la cintura di wampum”. Hiawatha gode della distinzione di anticipare di diversi secoli il caro sogno di Woodrow Wilson di una Società delle Nazioni. Seguendo le orme di Schoolcraft, Longfellow ha confuso lo storico Hiawatha degli Irochesi con Manabozho, un eroe mitologico degli Algonquins e degli Ojibwa. Hiawatha, un capo degli Irochesi, dopo molti fallimenti e delusioni, riuscì a unire le cinque grandi nazioni degli Irochesi nella “Lega delle Cinque Nazioni”. Lo scopo originale della lega – abolire la guerra sostituendo i consigli di arbitrato – non ebbe pieno successo, ma il potere della “Catena d’argento” conferì agli irochesi una solidarietà raggiunta da nessun’altra confederazione degli indiani nordamericani. Hiawatha, tuttavia, incontrò la stessa opposizione che ha affrontato ogni grande idealista, indipendentemente dal tempo o dalla razza. Gli sciamani diressero la loro magia contro di lui e, secondo una leggenda, crearono un uccello malvagio che, scendendo dal cielo, fece a pezzi la sua unica figlia. Quando Hiawatha, dopo aver compiuto la sua missione, salpo` con la sua canoa semovente lungo il sentiero del tramonto, la sua gente si rese conto della vera grandezza del loro benefattore e lo elevò alla dignità di un semidio. In La canzone di Hiawatha di Longfellow, il poeta ha ritratto il grande statista indiano in un’affascinante cornice di magia e incanto; ma attraverso il labirinto di simboli e allegorie è sempre debolmente visibile la figura di Hiawatha l’iniziato – il vero personaggio e la sua filosofia.

IL POPOL VUH

Nessun altro libro sacro presenta così completamente come il Popol Vuh i rituali iniziatici di una grande scuola di filosofia mistica. Questo volume da solo è sufficiente per stabilire incontestabilmente l’eccellenza filosofica della razza rossa.

“I Figli del sole “rossi”, scrive James Morgan Pryse, “non adorano l’Unico Dio. Per loro quell’Unico Dio è assolutamente impersonale, e tutte le Forze emanate da quell’Unico Dio sono personali. Questo è esattamente il contrario della concezione occidentale popolare di un Dio personale e di forze impersonali nella natura. Decidi tu stesso quale di queste credenze è più filosofica. Questi Figli del Sole adorano il Serpente piumato, che è il messaggero del Sole. Era il Dio Quetzalcoatl in Messico, Gucumatz in Quiché e in Perù si chiamava Amaru. Da quest’ultimo nome deriva la nostra parola America. Amaruca è, letteralmente tradotto, “Terra del Serpente Piumato”. I sacerdoti di questo Dio della Pace, dal loro centro principale nelle Cordigliere, una volta governavano entrambe le Americhe: tutti gli uomini rossi che sono rimasti fedeli all’antica religione sono ancora sotto il loro dominio. Uno dei loro centri forti era in Guatemala. Nella lingua del Quiché Gucumatz è l’equivalente esatto di Quetzalcoatl nella lingua nahuatl; quetzal, l’uccello del Paradiso;

Il Popol Vuh fu scoperto da padre Ximinez nel diciassettesimo secolo. Fu tradotto in francese da Brasseur de Bourbourg e pubblicato nel 1861. L’unica traduzione inglese completa è quella di Kenneth Sylvan Guthrie, che ha esaminato le prime righe della rivista The Word la quale è stata utilizzata come base di questo articolo. Una parte del Popol Vuh è stata tradotta in inglese, con commenti estremamente preziosi, da James Morgan Pryse, ma sfortunatamente la sua traduzione non è mai stata completata. Il secondo libro del Popol Vuh è in gran parte dedicato ai rituali iniziatici della nazione Quiché. Questi cerimoniali sono di primaria importanza per gli studenti del simbolismo massonico e della filosofia mistica, poiché stabiliscono senza dubbio l’esistenza di antiche e misteriose scuole di Mistero istituite nel Continente americano.

Lewis Spence, nel descrivere il Popol Vuh, fornisce una serie di traduzioni del titolo del manoscritto stesso. Passando sopra le interpretazioni, “Il libro di Mat” e “Il registro della comunità”, ritiene probabile che il titolo corretto sia “La raccolta di foglie scritte”, Popol che significa “corteccia preparata” e Vuh “, carta “o” libro “dal verbo uoch, per scrivere. Il dott. Guthrie interpreta le parole Popol Vuh che significano “Il libro del senato” o “Il libro della Santa Assemblea”; Il Brasseur de Bourbourg lo chiama “Il libro sacro”; e padre Ximinez designa il volume come “Il libro nazionale”. Nei suoi articoli sul Popol Vuh che compaiono nel quindicesimo volume di Lucifero, James Morgan Pryse, affrontando l’argomento dal punto di vista del mistico, chiama quest’opera “Il libro del velo azzurro”. Nello stesso Popol Vuh gli antichi documenti da cui gli indiani cristianizzati che lo hanno compilato derivano il suo materiale sono indicati come “Il racconto dell’esistenza umana nella terra delle ombre e, Come l’uomo vide la luce e la vita”.

I pochi documenti nativi disponibili contengono abbondanti prove del fatto che le successive civiltà dell’America centrale e meridionale sono state irrimediabilmente dominate dalle arti nere dei loro sacerdoti. Nelle convessità dei loro specchi magnetizzati gli stregoni indiani catturarono le intelligenze degli esseri elementali e, fissando le profondità di questi abominevoli dispositivi, alla fine resero lo scettro asservito alla bacchetta. Indossando abiti di color sabbia, i neofiti nella loro ricerca della verità erano guidati dalle loro guide sinistre attraverso i passaggi confusi della negromanzia. Sul sentiero di sinistra discesero nelle cupe profondità del mondo infernale, dove impararono a dotare le pietre del potere della parola e a sottilmente sottaniare le menti degli uomini con i loro canti e feticci. Come tipico della perversione che prevaleva, nessuno poteva raggiungere i Misteri più grandi fino a quando un essere umano non aveva subito l’immolazione e il cuore sanguinante della vittima fosse stato elevato davanti alla faccia imbronciata dell’idolo di pietra fabbricato da un sacerdozio. I riti sanguinari e indescrivibili praticati da molti indiani centroamericani possono rappresentare i resti della successiva perversione atlantidea degli antichi misteri del sole. Secondo la tradizione segreta, fu durante la successiva epoca atlantidea che la magia nera e la stregoneria dominarono le scuole esoteriche, provocando sanguinosi riti sacrificali e raccapricciante idolatria che alla fine rovesciò l’impero atlantideo e penetrò persino nel mondo religioso ariano.

I MISTERI DI XIBALBA
I principi di Xibalba (così racconta il Popol Vuh) mandarono i loro quattro messaggeri gufo a Hunhun-ahpu e Vukub-hunhun-ahpu, ordinando loro di andare subito nel luogo dell’iniziazione delle montagne guatemalteche. In mancanza delle prove imposte dai principi di Xibalba, i due fratelli – secondo l’antica usanza – pagarono con le loro vite per i loro difetti. Hunhun-ahpu e Vukub-hunhun-ahpu furono sepolti insieme, ma la testa di Hunhun-ahpu fu posta tra i rami del sacro albero di zucca, che cresceva nel mezzo della strada che conduceva ai terribili Misteri di Xibalba. Immediatamente l’albero di zucca si coprì di frutti e la testa di Hunhun-ahpu “non si mostrò più; poiché si riunì con gli altri frutti dell’albero di zucca.” Ora Xquiq era la vergine figlia del principe Cuchumaquiq. Da suo padre aveva appreso del meraviglioso albero di zucca, e desiderando possedere un po ‘del suo frutto, viaggiò da sola nel luogo oscuro dove cresceva. Quando Xquiq allungò una mano per raccogliere il frutto dell’albero, un po ‘di saliva dalla bocca di Hunhun-ahpu vi cadde dentro e la testa parlò a Xquiq, dicendo: “Questa saliva e schiuma sono la mia eredita` che ti ho appena dato. Ora la mia testa cesserà di parlare, perché è solo la testa di un cadavere, che non ha più carne “.

Dopo le ammonizioni di Hunhun-ahpu, la ragazza tornò a casa sua. Suo padre, Cuchumaquiq, scoprendo in seguito che stava per diventare madre, la interrogò riguardo al padre di suo figlio. Xquiq rispose che il bambino fu concepito mentre guardava la testa di Hunhun-ahpu sull’albero di zucca e che non aveva conosciuto nessun uomo. Cuchumaquiq, rifiutando di credere alla sua storia, su istigazione dei principi di Xibalba, chiese il suo cuore in un’urna. Cacciata dai suoi carnefici, Xquiq li supplicò di risparmiarle la vita, cosa che accettarono di fare, sostituendo al suo cuore il frutto di un certo albero (gomma) la cui linfa era rossa e della consistenza del sangue. Quando i principi di Xibalba misero il presunto cuore sui carboni dell’altare da consumare, rimasero tutti stupiti dal profumo che ne derivava, poiché non sapevano che stavano bruciando il frutto di una pianta profumata.

Xquiq diede alla luce due figli gemelli, che si chiamavano Hunahpu e Xbalanque e le cui vite erano dedicate alla vendetta delle morti di Hunhun-ahpu e Vukub-hunhun-ahpu. Passarono gli anni e i due ragazzi crebbero fino alla virilità e grandi furono le loro azioni. Soprattutto eccellevano in un certo gioco molto simile all’hockey e al tennis. Udendo l’abilità dei giovani, i principi di Xibalba chiesero: “Chi sono allora quelli che ora ricominciano a giocare sulle nostre teste e che non si impegnano a scuotere (la terra)? Non sono Hunhun-ahpu e Vukub-hunhun-ahpu morti, che desideravano

FRAMMENTO DI TERRACOTTA INDIANA.

Per gentile concessione di Alice Palmer Henderson

Questo curioso frammento è stato trovato quattro piedi sotto terra sotto un mucchio di rifiuti di antiche ceramiche indiane rotte non lontano dalle rovine di Casa Grande in Arizona. È significativo per il suo impatto sul compasso e sulla squadra massonica. Le ceramiche dei cestini indiani e i coperti spesso portano disegni ornamentali di particolare interesse massonico e filosofico.

farsi beffa di noi? ” I principi di Xibalba quindi mandarono a chiamare i due giovani, Hunahpu e Xbalanque, affinché potessero ucciderli nei sette giorni dei Misteri. Prima di partire, i due fratelli salutarono la nonna, ciascuno piantando in mezzo alla casa una pianta di canna, dicendo che finché la canna fosse sopravvissuta saprebbe che erano vivi. “O nostra nonna, o nostra madre, non piangere; ecco il segno della nostra parola che rimane con te. “Hunahpu e Xbalanque sono poi partiti, ciascuno con il suo sabarcan (cannello), e per molti giorni hanno viaggiato lungo il pericoloso sentiero, scendendo attraverso tortuosi burroni e lungo scogliere precipitose verso il santuario di Xibalba.

Le prove reali dei misteri di Xibalbian erano sette. Per iniziare i due avventurieri hanno attraversato un fiume di fango e poi un flusso di sangue, compiendo queste difficili imprese usando i loro sabarcani come ponti. Continuando la loro strada, raggiunsero un punto in cui convergevano quattro strade: una strada nera, una strada bianca, una strada rossa e una strada verde. Ora Hunahpu e Xbalanque sapevano che il loro primo test consisteva nel riuscire a discriminare tra i principi di Xibalba e le effigi di legno vestite per assomigliarli; dovevano anche chiamare ciascuno dei principi con il loro nome corretto senza aver ricevuto informazioni. Per avere queste informazioni, Hunahpu si tolse un pelo dalla gamba, che poi divenne uno strano insetto chiamato Xan; ronzando lungo la strada nera, lo Xan entrò nella sala consiliare dei principi di Xibalba e punse la gamba della figura più vicina alla porta, che scoprì essere un manichino. Con lo stesso artificio si dimostrò che la seconda figura era di legno, ma dopo aver pizzicato la terza, vi fu una risposta immediata. Pungendo ciascuno dei dodici principi riuniti a sua volta, l’insetto scoprì così il nome di ciascuno, poiché i principi si chiamavano per nome nel discutere la causa dei misteriosi morsi. Avendo ottenuto le informazioni desiderate in questo modo nuovo, l’insetto tornò a Hunahpu e Xbalanque, che così si avvicinarono senza paura alla soglia di Xibalba e si presentarono ai dodici principi riuniti.

Quando gli fu detto di adorare il re, Hunahpu e Xbalanque risero, perché sapevano che la figura indicata loro era il manichino senza vita. I giovani avventurieri si rivolgono quindi ai dodici principi per nome così: “Ave, Hun-came; Ave, Vukub-came; Ave, Xiquiripat; Ave, Cuchumaquiq; Ave, Ahalpuh; Ave, Ahalcana; Ave, Chamiabak; Ave, Chamiaholona; Ave , Quiqxic; Ave, Patan; Ave, Quiqre; Ave, Quiqrixqaq. ” Quando sono stati invitati dagli Xibalbiani a sedersi su una grande panchina di pietra, Hunahpu e Xbalanque hanno rifiutato di farlo, dichiarando di conoscere bene che la pietra era caldissima e li avrebbe bruciati vivi se vi fossero seduti sopra. I principi di Xibalba ordinarono quindi a Hunahpu e Xbalanque di riposare per la notte nella Casa delle Ombre. Questo ha completato il primo grado dei misteri di Xibalbian.

Il secondo processo è stato realizzato nella Casa delle Ombre, dove a ciascuno dei candidati è stata portata una torcia di pino e un sigaro, con l’ingiunzione che entrambi debbano essere accesi per tutta la notte e che ciascuno doveva essere restituito intatto la mattina successiva. Sapendo che la morte era l’alternativa al fallimento nel test, i giovani bruciarono piume di aras al posto delle schegge di pino (a cui assomigliano molto) e misero lucciole sulla punta dei sigari. Vedendo le luci, quelli che guardavano erano sicuri che Hunahpu e Xbalanque fossero caduti nella trappola, ma quando arrivò la mattina le torce e i sigari furono restituiti alle guardie senza essere consumati e ancora in fiamme. Con stupore e timore reverenziale, i principi di Xibalba guardarono le schegge e i sigari non consumati, perché mai prima erano stati restituiti intatti.

La terza prova ebbe luogo presumibilmente in una caverna chiamata Casa delle punte/lance. Qui, ora dopo ora, i giovani vennero costretti a difendersi dai guerrieri più forti e più abili armati di lance. Hunahpu e Xbalanque pacificarono i lancieri, che in seguito cessarono di attaccarli. Quindi rivolsero la loro attenzione alla seconda e più difficile parte del test: la produzione di quattro vasi dei fiori più rari non potendo tuttavia lasciare il tempio. Incapaci di passare le guardie, i due giovani si assicurarono l’assistenza delle formiche. Queste minuscole creature, strisciando nei giardini del tempio, riportarono i fiori in modo che al mattino i vasi si riempissero. Quando Hunahpu e Xbalanque presentarono i fiori ai dodici principi, quest’ultimo, con stupore, riconobbe i fiori come se fossero stati strappati dai loro giardini privati. In preda alla costernazione, i principi di Xibalba allora consigliarono insieme come potevano distruggere gli intrepidi neofiti e prepararono immediatamente per loro il prossimo calvario.

Per la quarta prova, i due fratelli furono fatti entrare nella Casa del Freddo, dove rimasero per un’intera notte. I principi di Xibalba consideravano il freddo della caverna ghiacciata insopportabile ed è descritto come “la dimora dei venti gelati del Nord”. Hunahpu e Xbalanque, tuttavia, si sono protetti dall’influenza mortale dell’aria gelata costruendo fuochi di pigne, il cui calore fece si che lo spirito del freddo lasciasse la caverna in modo che i giovani non morissero ma fossero pieni di vita il giorno dopo. Ancora più grande di prima fu lo stupore dei principi di Xibalba quando Hunahpu e Xbalanque entrarono di nuovo nella Sala delle Assemblee sotto la custodia dei loro guardiani.

Anche il quinto calvario era di natura notturna. Hunahpu e Xbalanque furono introdotti in una grande camera che fu immediatamente riempita di feroci tigri. Qui furono costretti a rimanere per tutta la notte. I giovani lanciarono ossa alle tigri, che fecero a pezzi con le loro forti mascelle. Guardando nella casa delle tigri, i principi di Xibalba videro gli animali masticare le ossa e si dissero l’un l’altro: “Finalmente hanno imparato (a conoscere il potere di Xibalba) e si sono concessi alle bestie. “Ma quando all’alba Hunahpu e Xbalanque emersero incolumi dalla Casa delle Tigri, gli Xibalbiani

Per gentile concessione di Alice Palmer Henderson.

Il rotolo di corteccia di betulla è uno dei possedimenti più sacri di un iniziato del Midewiwin, o Grand Medicine Society, degli Ojibwa. Per quanto riguarda questi rotoli, il colonnello Carrick Mallery scrive: “Per le persone che conoscono le società segrete, un buon confronto per le carte di Midewiwin sarebbe da fare con le tracing board di un ordine massonico, che vengono stampate e pubblicate ed esposte pubblicamente senza esibire alcun segreto dell’ordine; eppure è significativo, e utile all’esoterico in assistenza alla loro memoria per quanto riguarda i dettagli della cerimonia “. Un resoconto più completo e affidabile del Midewiwin è quello di W. J. Hoffman nel Settimo rapporto annuale dell’Ufficio di Etnologia. Lui scrive:

Il Midewiwin – Society of the Mide o Shaman – è costituito da un numero indefinito di Mide di entrambi i sessi. La società è classificata in quattro gradi separati e distinti, sebbene prevalga un’impressione generale anche tra alcuni membri che qualsiasi grado oltre il primo sia praticamente una semplice ripetizione. Il maggior potere raggiunto da uno nel fare progressi dipende dal fatto che si è sottomesso ai sacerdoti officianti. * * * È sempre stato consuetudine per i sacerdoti del Mide conservare i registri della corteccia di betulla, recanti delicate frasi incise per rappresentare pittoricamente la pianta del numero di gradi a cui il proprietario ha diritto. Tali registri o grafici sono sacri e non sono mai esposti al pubblico. “

I due diagrammi rettangolari rappresentano i due gradi della loggia del Mide e la linea retta attraverso il centro del percorso spirituale, o “via dritta e stretta”, che attraversa i gradi. Le linee che corrono tangenti al Sentiero centrale indicano tentazioni, e le facce alle estremità delle linee sono manidos o potenti spiriti. La scrittura del Midewiwin, Schoolcraft, la grande autorità sull’indiano americano, dice: “Nella società del Midewiwin l’obiettivo è insegnare le dottrine superiori dell’esistenza spirituale, la sua natura e modalità di esistenza e l’influenza che esercita tra gli uomini È un’associazione di uomini che professano la più alta conoscenza conosciuta dalle tribù “.

Secondo la leggenda, Manabozho, il grande Coniglio, che era un servitore di Dzhe Manido, lo Spirito Buono, guardando i progenitori degli Ojibwa e percependoli come privi di conoscenza spirituale, istruì una lontra nei misteri di Midewiwin. Manabozho costruì un Midewigan e iniziò la lontra. Quindi conferì l’immortalità all’animale e gli affidò i segreti della Grand Medicine Society. La cerimonia di iniziazione è preceduta da bagni di sudore e consiste principalmente nel superare le influenze dei manidi malvagi. L’iniziato è anche istruito nell’arte della guarigione e (a giudicare dalla Tavola III dell’articolo di Mr. Hoffman) una conoscenza della direzione delle forze che si muovono attraverso i centri vitali del corpo umano. Sebbene la croce sia un simbolo importante nei riti di Midewiwin, è degno di nota che i Sacerdoti del Mide si rifiutarono fermamente di rinunciare alla loro religione e di convertirsi al cristianesimo.

gridando: “Di che razza sono?” perché non potevano capire come un uomo potesse sfuggire alla furia delle tigri. Quindi i principi di Xibalba prepararono per i due fratelli un nuovo calvario.

Il sesto test consisteva nel rimanere dal tramonto all’alba nella Casa del Fuoco. Hunahpu e Xbalanque entrarono in un grande appartamento disposto come una fornace. Su ogni lato sorgevano le fiamme e l’aria era soffocante; il calore era così grande che coloro che entrarono in questa camera potevano sopravvivere solo per pochi istanti. Ma all’alba quando le porte della fornace furono aperte, Hunahpu e Xbalanque uscirono senza essere bruciati dalla furia delle fiamme. I principi di Xibalba, percependo come i due intrepidi giovani fossero sopravvissuti a ogni calvario preparato per la loro distruzione, erano pieni di paura per paura che tutti i segreti di Xibalba cadessero nelle mani di Hunahpu e Xbalanque. Quindi prepararono l’ultimo calvario, un calvario ancora più terribile di tutti quelli precedenti, certi che i giovani non potevano resistere a questo test cruciale.

Il settimo calvario ebbe luogo nella Casa dei pipistrelli. Qui in un oscuro labirinto sotterraneo si nascondevano molte strane e odiose creature di distruzione. Enormi pipistrelli svolazzavano in modo disordinato attraverso i corridoi e pendevano con le ali piegate dalle incisioni sulle pareti e sui soffitti. Qui abitava anche Camazotz, il dio dei pipistrelli, un orribile mostro con il corpo di un uomo e le ali e la testa di un pipistrello. Camazotz trasportava una grande spada e, librandosi nell’oscurità, decapitò con una sola passata della sua lama tutti gli errati vagabondi che cercavano di farsi strada attraverso le camere piene di terrore. Xbalanque supero` con successo questo orribile test, ma Hunahpu, colto di sorpresa, fu decapitato da Camazotz.

Più tardi, Hunahpu fu riportato in vita grazie alla magia e i due fratelli, avendo così sventato ogni tentativo contro le loro vite dagli Xibalbiani, al fine di vendicare meglio l’omicidio di Hunhun-ahpu e Vukub-hunhun-ahpu, decisero di essere bruciati su una pira funeraria. Le loro ossa in polvere furono quindi gettate in un fiume e divennero immediatamente due grandi pesci-uomo. Successivamente assumendo le forme di vagabondi anziani, ballarono per gli Xibalbiani e fecero strani miracoli. In tal modo uno avrebbe fatto a pezzi l’altro e con una sola parola lo avrebbe resuscitato, oppure avrebbero bruciato case per magia e poi le avrebbero ricostruite all’istante. La fama dei due ballerini – che erano in realtà Hunahpu e Xbalanque – venne finalmente a conoscenza dei dodici principi di Xibalba, i quali desiderarono che questi due esseri eseguissero le loro strane peripezie davanti a loro. Dopo che Hunahpu e Xbalanque avevano ucciso il cane dei principi e lo avevano riportato in vita, avevano bruciato il palazzo reale e l’hanno ricostruito all’istante, e dato altre dimostrazioni dei loro poteri magici, il monarca degli Xibalbiani chiese ai maghi di ucciderlo e riportarlo in vita. Quindi Hunahpu e Xbalanque uccisero i principi di Xibalba ma non li riportarono in vita, vendicando così l’omicidio di Hunhun-ahpu e Vukub-hunhun-ahpu. Questi eroi in seguito salirono in cielo, dove divennero luci celesti.

CHIAVI DEI MISTERI DI XIBALBA

“Queste iniziazioni”, scrive Le Plongeon, “ricordano vividamente alla mente ciò che Henoch disse di aver visto nelle sue visioni? Quella casa in fiamme di cristallo, ardente e gelida – quel luogo dove erano l’arco del fuoco, la faretra di frecce, la spada di fuoco – quell’altra dove si doveva attraversare il ruscello gorgogliante, e il fiume di fuoco – e quelle estremità della Terra piene di tutti i tipi di enormi animali e uccelli – o l’abitazione dove appariva una gloria seduta sull’orbita del sole. Queste erano le terribili prove che i candidati all’iniziazione ai sacri misteri dovevano passare a Xibalba. Non sembrano una controparte esatta di ciò che è accaduto in un lieve forma all’iniziazione nei misteri eleusini? e anche nei misteri maggiori egiziani, da cui questi sono stati copiati? Considerando ciò che i candidati ai misteri di Xibalba dovevano conoscere, prima di essere ammessi, * * * ricorda i meravigliosi talenti che si dice siano eseguiti dai Mahatma, dai Fratelli in India e da molti dei brani del libro di Daniele, che era stato iniziato ai misteri dei Caldei o dei Magi che, secondo Eubulus, erano divisi in tre classi o generi”(Vedi i Sacri Misteri tra i Maya e i quiches.)

Nelle sue note introduttive al Popol Vuh, il Dr. Guthrie presenta una serie di importanti parallelismi tra questo libro sacro dei Quiché e gli scritti sacri di altre grandi civiltà. Nelle prove attraverso le quali Hunahpu e Xbalanque sono costretti a passare, trova la seguente analogia con i segni dello zodiaco impiegati nei Misteri degli Egizi, dei Caldei e dei Greci:

“Ariete, attraversando il fiume di fango. Toro, attraversando il fiume di sangue. Gemelli, rilevando i due re fittizi. Cancro, la Casa delle Tenebre. Leone, la Casa delle Lance. Vergine, la Casa del Freddo (il solito viaggio verso Inferno.) Bilancia, la casa delle tigri (equilibrio felino). Scorpione, la casa del fuoco. Sagittario, la casa dei pipistrelli, dove il dio Camazotz decapita uno degli eroi. Capricorno, il rogo sul patibolo (la doppia fenice) Acquario, con le loro ceneri sparpagliate in un fiume. Pesci, le loro ceneri si trasformano in pesci-uomo e poi di nuovo in forma umana “.

Sembrerebbe più appropriato assegnare il fiume di sangue all’Ariete e quello di fango al Toro, e non è affatto improbabile che nell’antica forma della leggenda l’ordine dei fiumi fosse invertito. La conclusione più sorprendente del Dr. Guthrie è il suo sforzo per identificare Xibalba con l’antico continente di Atlantide. Vede nei dodici principi di Xibalba i sovrani dell’impero di Atlantide e nella distruzione di questi principi per magia di Hunahpu e Xbalanque una rappresentazione allegorica della tragica fine di Atlantide. Per gli iniziati, tuttavia, è evidente che Atlantide è semplicemente una figura simbolica in cui è esposto il mistero delle origini.

Preoccupato principalmente dei problemi dell’anatomia mistica, Pryse mette in relazione i vari simboli descritti nel Popol Vuh con i centri occulti della coscienza nel corpo umano. Di conseguenza, vede nella sfera elastica la ghiandola pineale e in Hunahpu e Xbalanque la doppia corrente elettrica diretta lungo la colonna vertebrale. Sfortunatamente, il signor Pryse non ha tradotto quella parte del Popol Vuh che si occupa direttamente del cerimoniale iniziatico. Xibalba considera la sfera oscura o eterica che, secondo gli insegnamenti del Mistero, si trovava all’interno del corpo del pianeta stesso. Il quarto libro del Popol Vuh si conclude con un resoconto dell’erezione di un maestoso tempio, tutto bianco, dove è stata conservata una pietra segreta nera, di forma cubica. Gucumatz (o Quetzalcoatl) partecipa a molti degli attributi del re Salomone: il racconto della costruzione del tempio nel Popol Vuh è un promemoria della storia del tempio di Salomone e ha indubbiamente un significato simile. Il Brasseur de Bourbourg fu attratto per la prima volta allo studio dei parallelismi religiosi nel Popol Vuh dal fatto che il tempio insieme alla pietra nera che conteneva, fu chiamato Caabaha, un nome sorprendentemente simile a quello del Tempio, o Caaba, che contiene la sacra pietra nera dell’Islam.

Le gesta di Hunahpu e Xbalanque hanno luogo prima della creazione effettiva della razza umana e quindi devono essere considerate essenzialmente come misteri spirituali. Xibalba significa senza dubbio l’universo inferiore della filosofia caldeo e pitagorica; i principi di Xibalba sono i dodici governatori dell’universo inferiore; e i due manichini in mezzo a loro possono essere interpretati come i falsi segni dell’antico zodiaco inserito nei cieli per rendere incomprensibili i misteri astronomici al profano. La discesa di Hunahpu e Xbalanque nel regno sotterraneo di Xibalba attraversando i fiumi su ponti fatti dai tubi ha una sottile analogia con la discesa della natura spirituale dell’uomo nel corpo fisico attraverso alcuni canali superfisici che possono essere paragonati a tubi. Il sabarcano è anche un appropriato emblema del midollo spinale e del potere residente all’interno della sua piccola apertura centrale. I due giovani sono invitati a giocare al “Gioco della vita” con gli Dei della Morte e solo con l’aiuto del potere soprannaturale impartito loro dai “Saggi” possono trionfare su questi oscuri signori. Le prove rappresentano l’anima che vaga attraverso i regni sub-zodiacali dell’universo creato; la loro vittoria finale sui Signori della Morte rappresenta l’ascensione della coscienza spirituale e illuminata dalla natura della torre che è stata interamente consumata dal fuoco della purificazione spirituale.

Che i quiché possedessero le chiavi del mistero della rigenerazione è evidente da un’analisi dei simboli che appaiono sulle immagini dei loro sacerdoti e dei. Nel vol. II dell’Anales del Museo Nacional de México è riprodotta la testa di un’immagine generalmente considerata come Quetzalcoatl. La scultura ha un carattere distintamente orientale e sulla corona della testa appaiono sia lo sprazzo di mille petali dell’illuminazione spirituale sia il serpente del fuoco spinale liberato. Il chakra indù è inconfondibile e appare spesso nell’arte religiosa delle tre Americhe. Uno dei monoliti scolpiti dell’America centrale è adornato con le teste di due elefanti. Nessun animale del genere esiste nell’emisfero occidentale dalla preistoria ed è evidente che le sculture sono il risultato del contatto con il lontano continente asiatico. Tra i misteri degli indiani centroamericani c’è una notevole dottrina riguardante i mantelli consacrati o, come venivano chiamati in Europa, i mantelli magici. Poiché la loro gloria era fatale per la visione mortale, gli dei, quando apparivano ai sacerdoti iniziati, si vestivano con questi mantelli, anche l’allegoria e la favola sono i mantelli con cui la dottrina segreta è avvolta. Un tale mantello magico di occultamento è il Popol Vuh, e nelle sue pieghe si trova il dio della filosofia Quiché. Le imponenti piramidi, templi e monoliti dell’America Centrale possono essere paragonati anche ai piedi degli dei, le cui parti superiori sono avvolte in magici mantelli dell’invisibilità.

 

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: La fede islamica

Un rappresentante dell’atteggiamento della cristianità verso l’Islam, almeno fino agli ultimi anni, è Alexander Ross con il suo postscritto alla versione anglicizzata, pubblicata nel 1649, della traduzione francese del Corano di Sieur Du Ryer. L’autore del poscritto dirige la seguente invettiva contro Maometto e il Corano:

“Buon lettore, il grande impostore arabo ora finalmente dopo mille anni, è arrivato tramite la Francia in Inghilterra, e il suo Alcoran, o ricettacolo di errori, (un marmocchio deforme come i genitori e pieno di eresie come la sua testa calda) ha imparato a parlare inglese. * * * Se leggerai l’Alcoran, troverai un miscuglio composto da questi quattro ingredienti: 1. Di Contraddizioni. 2. Di Blasfemia. 3. Di favole ridicole. 4. bugie. ”

L’accusa di blasfemia è enfatizzata contro Maometto perché ha affermato che Dio, essendo celibe, non era in grado di avere un Figlio! L’argomentazione errata, tuttavia, è evidente dalle stesse visioni del Profeta sulla natura di Dio contenute nella seconda sura del Corano:

“Ad Allah [Dio] appartiene l’oriente e l’occidente; pertanto, ovunque vi rivolgiate per pregare, c’è il volto di Allah; poiché Allah è onnipresente e onnisciente. Qualunque cosa sia nei cieli e sulla terra; tutto è posseduto da lui, il Creatore dei cieli e della terra; e quando decreta una cosa, dice semplicemente, Sii, ed è “. In altre parole, il Dio dell’Islam deve solo desiderare e l’oggetto di quel desiderio prende subito forma, mentre il Dio di Alexander Ross deve procedere in accordo con le leggi della generazione umana!

Mohammed, Profeta dell’Islam, “il desiderato di tutte le nazioni”, nacque alla Mecca, 570 d.C. (?) E morì a Medina, 632 d.C., o nell’undicesimo anno dall’Egira. Washington Irving descrive così i segni e le meraviglie che accompagnano la nascita del Profeta:

“Sua madre non subì nessuna delle fitte del travaglio. Al momento della sua venuta al mondo una luce celeste illuminò il paese circostante, e il bambino appena nato, alzando gli occhi al cielo, esclamò: ‘Dio è grande! Dio esiste e io sono il suo profeta! ‘ Il cielo e la terra, ci viene assicurato, furono agitati dal suo avvento: il Lago Sawa si ridusse alle sue sorgenti segrete, lasciando asciutti i suoi confini; mentre il Tigri, rompendo i suoi confini, traboccò nelle terre vicine. Il palazzo di Khosru, re di Persia scosse le sue fondamenta e molte delle sue torri furono rovesciate sulla terra. * * * Nella stessa notte movimentata il fuoco sacro di Zoroastro, che, custodito dai Magi, aveva bruciato senza interruzione per oltre mille anni, improvvisamente si estinse e tutti gli idoli del mondo caddero “. (Vedi Maometto e i suoi successori.)

Mentre il Profeta era ancora un bambino piccolo, l’Angelo Gabriele con settanta ali venne da lui e, facendo una incisione sul bambino, gli estrasse il cuore. Gabriele ripulì l’organo dalla macchia del peccato originale che è in ogni cuore umano a causa della perfidia di Adamo e infine rimise il cuore al suo posto nel corpo del Profeta. (Vedi la nota a piè di pagina nella traduzione del Corano di E. H. Palmer.)

Nella sua giovinezza Mohammed viaggiò con le carovane dei Meccan, in un’occasione aiuto` a trasportare l’armatura di suo zio e trascorse un tempo considerevole tra i beduini, dai quali apprese molte tradizioni religiose e filosofiche dell’antica Arabia. Durante un viaggio con suo zio, Abu Taleb, Mohammed ha contattato i cristiani nestoriani, essendosi accampato una notte vicino a uno dei loro monasteri. Qui il giovane Profeta si procurerà molte delle sue informazioni riguardanti l’origine e le dottrine della fede cristiana.

Con il passare degli anni Mohammed ottenne un notevole successo negli affari e quando a circa ventisei anni sposò una tra i suoi datori di lavoro, una ricca vedova, che aveva quasi quindici anni più di lui. La vedova, di nome Khadijah, era apparentemente una sorta di mercenaria, poiché, trovando il giovane sposo molto efficiente nel suo lavoro, decise di mantenerlo in quella posizione a vita! Khadijah era una donna di eccezionale mentalità e alla sua integrità e devozione si deve attribuire il primo successo della causa islamica. Con il suo matrimonio Mohammed fu elevato da una posizione di povertà a una di grande ricchezza e potere, e la sua condotta fu così esemplare che divenne noto in tutta la Mecca come “fedele e vero”.

Mohammed sarebbe vissuto e morto onorato e rispettato se non avesse sacrificato senza esitazione sia la sua ricchezza che la sua posizione sociale per servire Dio di cui aveva sentito la voce mentre meditava nella caverna sul Monte Hira nel mese del Ramadan. Anno dopo anno Mohammed scalò le pendici rocciose e desolate del monte Hira (da allora chiamato Jebel Nur, “la montagna della luce”) e qui nella sua solitudine chiese a Dio di rivelargli nuovamente la pura religione di Adamo, che la dottrina spirituale perse tra il dissenso delle fazioni religiose. Khadijah, era premurosa e aiutava il marito durante le pratiche ascetiche che stavano compromettendo la sua salute fisica, a volte lo accompagnava nella sua stanca veglia e con intuizione femminile avvertiva il travaglio della sua anima. Finalmente una notte del suo quarantesimo anno mentre giaceva sul pavimento della caverna, avvolto nel suo mantello, una grande luce si rivelo` lui. Sopraffatto da un senso di perfetta pace e comprensione nella beatitudine della presenza celeste, perse conoscenza. Quando si risveglio`, l’Angelo Gabriele era in piedi davanti a lui, con uno scialle di seta con personaggi misteriosi disegnati su di esso. Da questi personaggi Mohammed ottenne le dottrine di base più tardi incorporate nel Corano. Quindi Gabriele parlò con una voce chiara e meravigliosa, dichiarando Maometto il profeta del Dio vivente.

Con timore e tremore, Mohammed raggiunse Khadijah, temendo che la visione fosse stata ispirata dagli stessi spiriti malvagi che servivano i maghi pagani che così tanto disprezzava, Khadijah

IL VIAGGIO NOTTURNO DI MOHAMMED IN CIELO.

Dal quadro generale di D’Ohsson Général de l’Empire Othoman.

Nella diciassettesima sura del Corano è scritto che in una certa notte Maometto fu trasportato dal tempio della Mecca a quello di Gerusalemme, ma non sono stati forniti dettagli sullo strano viaggio. Nel Mishkāteu ‘Mohammed descrivere la sua ascesa attraverso i sette cieli nella presenza gelida del Dio velato e il successivo ritorno nel suo letto, il tutto in una sola notte. Mohammed fu svegliato nella notte dall’angelo Gabriele, che, dopo aver rimosso il cuore del Profeta, lavò la cavità con acqua di Zamzam e riempì il cuore stesso di fede e scienza. Una strana creatura, chiamata Alborak, o il fulmine, fu utilizzata per trasportare il Profeta. Alborak è descritto come un animale bianco dalla forma e delle dimensioni di un mulo, con la testa di una donna e la coda di un pavone. Secondo alcune versioni, Maometto cavalcò semplicemente Alborak a Gerusalemme, dove, scendendo sul Monte Moriah, afferrò il gradino inferiore di una scala d’oro abbassata dal cielo e, accompagnato da Gabriele, salì attraverso le sette sfere che separavano la sua terra dalla superficie interna dell’empireo. Alle porte di ogni sfera si trovavano i Patriarchi, che Maometto salutò mentre entrava nei vari piani. Alla porta del primo cielo c’era Adamo; alla porta del secondo, Giovanni e Gesù (figli delle sorelle); al terzo, Giuseppe; al quarto, Enoc; al quinto, Aronne; al sesto, Mosè; e al settimo, Abramo. Viene dato un altro ordine dei Patriarchi e dei Profeti che pone Gesù alla porta del settimo cielo, e al raggiungimento di questo Punto si dice che Maometto abbia richiesto a Gesù di intercedere per lui davanti al trono di Dio.

gli assicurò che la sua vita era talmente virtuosa che non dovrebbe temere il male. Così rassicurato, il Profeta attese ulteriori visite da Gabriele. Quando queste non arrivarono, tuttavia, una tale disperazione riempì la sua anima che tentò l’autodistruzione, solo per essere fermato nell’atto stesso di gettarsi su una scogliera dall’improvvisa ricomparsa di Gabriele, che assicurò di nuovo al Profeta che le rivelazioni richieste dal suo popolo gli sarebbe state rivelate in caso di necessità.

Forse a causa dei suoi solitari periodi di meditazione, apparentemente Mohammed fu soggetto a svenimenti estatici. Nelle occasioni in cui sono state dettate le varie sura del Corano, si dice che sia caduto in uno stato di incoscienza e, indipendentemente dal freddo dell’aria circostante, sia stato coperto con perle di sudore. Spesso questi attacchi venivano senza preavviso; altre volte si sedeva avvolto in una coperta per evitare il freddo della copiosa traspirazione, e mentre apparentemente incosciente avrebbe dettato i vari passaggi che una piccola cerchia di amici fidati avrebbe impegnato nella memoria o ridotto alla scrittura. In un’occasione in cui Abu Bekr si riferi` ai capelli grigi della sua barba, Mohammed, sollevando la parte della barba e guardandola, dichiarò che il suo candore era dovuto all’agonia fisica che seguiva i suoi periodi di ispirazione.

Se gli scritti attribuiti a Maometto sono considerati semplicemente allucinazioni di un epilettico – e per questo motivo scontato – i suoi detrattori cristiani dovrebbero stare attenti a non temere le dottrine del Profeta, minando anche gli stessi insegnamenti che essi stessi affermano, per molti dei discepoli, gli apostoli e i santi della chiesa primitiva sono noti per essere stati soggetti a disturbi nervosi. Il primo convertito di Mohammed fu sua moglie, Khadijah, che fu seguita da altri membri della sua famiglia, una circostanza che spinse Sir William Muir a notare:

“È fortemente corroborante della sincerità di Maometto che i primi convertiti all’Islam non erano solo di carattere retto, ma i suoi stessi amici e le persone della sua famiglia; che, conoscendo intimamente la sua vita privata, non potevano rilevare quelle discrepanze che esistono sempre più o meno nell’ingannatore, il quale predica ipocritamente agli altri senza rispettare i suoi stessi principi nel privato “. (Vedi La vita di Maometto.)

Tra i primi ad accettare la fede dell’Islam fu Abu Bekr, che divenne il più caro e fedele amico di Maometto, in realtà il suo alter ego. Abu Bekr, un uomo dai risultati brillanti, contribuì materialmente al successo dell’impresa del Profeta e, in accordo con l’espresso desiderio del Profeta, divenne il leader dei fedeli dopo la morte di Maometto. Aisha, la figlia di Abu Bekr, divenne in seguito la moglie di Maometto, rafforzando così ulteriormente il legame di fratellanza tra i due uomini. Silenziosamente, ma operosamente, Mohammed promulgò le sue dottrine in una piccola cerchia di potenti amici. Quando l’entusiasmo dei suoi seguaci alla fine ha forzato la sua mano annunciando pubblicamente la sua missione, era già il leader di una fazione forte e ben organizzata. Temendo il crescente prestigio di Maometto, il popolo della Mecca, rinunciando all’antica tradizione che il sangue non potesse essere versato nella città santa, decise di sterminare l’Islam assassinando il Profeta. Tutti i diversi gruppi si sono uniti in questa impresa in modo che la colpa per il crimine potesse essere così distribuito più uniformemente. Scoprendo il pericolo, Mohammed lasciò il suo amico Ali nel suo letto e fuggì con Abu Bekr dalla città, e dopo aver eluso abilmente i Meccani, si unì al corpo principale dei suoi seguaci che lo aveva preceduto a Yathrib (in seguito chiamato Medina). Su questo incidente, chiamato Hegira o “volo”, si basa il sistema cronologico islamico.

Risalente all’Egira, il potere del Profeta crebbe costantemente fino a quando nell’ottavo anno Mohammed entrò alla Mecca dopo una vittoria praticamente senza spargimenti sangue e stabilì il luogo come centro spirituale della sua fede. Piantando il suo stendardo a nord della Mecca, entro` a cavallo in città e, dopo aver girato per sette volte la sacra Caaba, ordinò che le 360 ​​immagini all’interno dei suoi recinti venissero tolte. Quindi entrò nella stessa Caaba, la ripulì dalle sue associazioni idolatriche e ridedicò la struttura ad Allah, il dio monoteista dell’Islam. Mohammed in seguito concesse l’amnistia a tutti i suoi nemici per i loro tentativi di distruggerlo. Sotto la sua protezione, la Mecca aumentò di potenza e gloria, diventando il punto focale di un grande pellegrinaggio annuale.

Nel decimo anno dopo l’Egira, Maometto guidò il prezioso pellegrinaggio e per l’ultima volta cavalcò alla testa dei fedeli lungo la via sacra che portava alla Mecca e alla Pietra Nera. Poiché una premonizione di morte incombeva su di lui, desiderava che questo pellegrinaggio fosse il modello perfetto per tutte le migliaia che sarebbero seguite.

“Consapevole che la vita stava svanendo dentro di lui”, scrive Washington Irving, “Maometto, durante quest’ultimo soggiorno nella città sacra della sua fede, ha cercato di incidere profondamente le sue dottrine nelle menti e nei cuori dei suoi seguaci. Per questo ha predicato frequentemente nella Caaba dal pulpito, o all’aria aperta dalla parte posteriore del suo cammello. “Ascolta le mie parole”, disse, “perché non so se, dopo quest’anno, ci incontreremo di nuovo qui. Oh ascoltatori, non sono altro che un uomo come voi; l’angelo della morte può apparire in qualsiasi momento e devo obbedire alle sue convocazioni. “” Mentre predicava in questo modo, si dice che i cieli stessi si aprivano e la voce di Dio parlava, dicendo: “Oggi ho perfezionato la tua religione e compiuto in te la mia grazia”. Quando queste parole furono pronunciate, la moltitudine cadde in adorazione e persino il cammello di Mohammed si inginocchiò. (Vedi Maometto e i suoi successori.) Dopo aver completato il pellegrinaggio, Maometto tornò a Medina.

Nel settimo anno dopo l’Egira (7 d.C.) fu fatto un tentativo a Kheibar di avvelenare il Profeta. Mentre Maometto stava per mangiare il primo boccone del cibo avvelenato, il disegno malvagio gli fu rivelato o dal gusto della carne o, come credono i fedeli, dall’intercessione divina. Aveva già ingoiato una piccola porzione del cibo, tuttavia, e per il resto della sua vita soffrì quasi costantemente degli effetti del veleno. Nell’11 a.C., quando la sua malattia finale apparse, Mohammed insistette sul fatto che i sottili effetti del veleno erano la causa indiretta della sua fine imminente. È stato riferito che durante la sua ultima malattia si è alzato una notte e ha visitato un cimitero alla periferia di Medina, evidentemente credendo che anche lui sarebbe stato presto contato con i morti. In quel momento disse a un addetto che gli era stata offerta la scelta di continuare la sua vita fisica o di andare dal suo Signore e che aveva scelto di incontrare il suo Creatore.

Maometto soffriva molto di mal di testa, dolori ossei e anche di febbre, ma l’8 giugno sembrava convalescente. Si unì ai suoi seguaci in preghiera e, sedendosi nel cortile, tenne una lezione ai fedeli con una voce chiara e potente. Apparentemente ha sopra valutato la sua forza, perché e` stato necessario aiutarlo nella casa di Aisha, che si apriva nella corte della moschea. Qui su un duro pallet appoggiato sul pavimento nudo il profeta dell’Islam spese le sue ultime due ore sulla terra. Quando vide che suo marito anziano soffriva di un forte dolore, A’isha – allora, una ragazza di vent’anni – sollevò la testa grigia dell’uomo che aveva conosciuto fin dall’infanzia e che doveva essere sembrato più un padre che un marito e lo sostenne tra le sue braccia fino alla fine. Sentendo che la morte era alle sue spalle, Maometto pregò: “O Signore, ti supplico, aiutami nelle agonie della morte”. Poi quasi in un sussurro ripeté tre volte: “Gabriele, avvicinati a me.” (Per i dettagli consultare The Life of Mohammad di Sir William Muir.) In The Hero as Prophet, Thomas Carlyle scrive così della morte di Maometto: “Le sue ultime parole sono state una preghiera, eiaculazioni spezzate di un cuore che si agita nella speranza tremante di incontrare il suo creatore “.

Mohammed fu sepolto sotto il pavimento dell’appartamento in cui morì. Viene così descritta la condizione attuale della tomba:

“Sopra l’Hujrah c’è una cupola verde, sormontata da una grande mezzaluna dorata, che spunta da una serie di globi. All’interno dell’edificio si trovano le tombe di Muhammad, Abū Bakr e ‘Umar, con uno spazio riservato alla tomba di nostro Signore Gesù Cristo, che secondo i musulmani visiterà di nuovo la terra, morirà e sarà sepolto ad al-Madīnah. La tomba di Fimaima, figlia del profeta, dovrebbe trovarsi in una parte separata dell’edificio, anche se alcuni dicono che fu sepolta a Baqi “Si dice che il corpo del Profeta sia disposto per la sua lunghezza sul lato destro, con il palmo destro che sostiene la guancia destra, la faccia che fronteggia la Mecca. Vicino alle sue spalle si trova Abū Bakr, la cui faccia fronteggia la spalla di Maometto, e poi” Umar, che occupa la stessa posizione rispetto al suo predecessore. Tra gli storici cristiani c’è una storia popolare secondo la quale i maomettani credevano che la bara del loro profeta fosse sospesa nell’aria, che non ha fondamenta nella letteratura musulmana e Niebuhr pensa che la storia deve essere nata da immagini false vendute agli estranei. (Vedi A Dictionary of Islam.)

Per quanto riguarda il personaggio di Maometto, ci sono state le idee sbagliate più grossolane. Non esistono prove a sostegno delle accuse di estrema crudeltà e licenziosità poste alla sua porta. D’altra parte, più la vita di Maometto viene esaminata da vicino da investigatori spassionati, più apparenti diventano le qualità più fini della sua natura. Nelle parole di Carlyle:

Confuso dal compito apparentemente senza speranza di conciliare la vita del Profeta con le assurde affermazioni a lungo accettate come autentiche, Washington Irving lo pesa nella scala dell’equità.

“I suoi trionfi militari non risvegliarono né orgoglio né vanagloria, come avrebbero fatto se fossero stati realizzati per scopi egoistici. Al tempo in cui il suo potere era piu` grande, mantenne la stessa semplicità di modi e apparenze dei giorni della sua avversità. * * * È questa perfetta abnegazione di sé, collegata a questa apparente pietà, che corre attraverso le varie fasi della sua fortuna, che mi rende perplesso nell’estrapolare una giusta stima del carattere di Maometto.

A’isha, interrogata dopo la morte del Profeta in merito alle sue abitudini, rispose che si riparava i vestiti, le scarpe e la aiutata nelle faccende domestiche. Quanto lontano dai concetti occidentali del personaggio sanguinario di Mohammed è la semplice ammissione di Aisha che amava soprattutto cucire! Accettò anche gli inviti degli schiavi e si sedette ai pasti con i domestici, dichiarandosi un servo. Di tutti i vizi quello che odiava di piu` era il mentire. Prima della sua morte ha liberato tutti i suoi schiavi. Non ha mai permesso alla sua famiglia di usare per fini personali nessuna delle elemosine o soldi della decima dati dal suo popolo. Amava i dolciumi e usava l’acqua piovana per bere. Il suo tempo era diviso in tre parti, vale a dire: il primo che dava a Dio, il secondo alla sua famiglia e il terzo a se stesso. Quest’ultima parte, tuttavia, venne sacrificata in seguito quando si mise al servizio del suo popolo. Vestiva principalmente di bianco ma indossava anche rosso, giallo e verde. Mohammed entrò alla Mecca indossando un turbante nero. Indossava solo il più semplice dei capi, dichiarando che l’abbigliamento ricco e appariscente non lo ha fatto diventare pio, e non si tolse le scarpe durante la preghiera. Era particolarmente preoccupato per la pulizia dei suoi denti e al momento della sua morte, quando era troppo debole per parlare, faceva gesti per farsi dare uno stecchino per pulirsi i denti. Temendo di dimenticare qualcosa, il Profeta legò un filo al suo anello. Una volta aveva un bellissimo anello d’oro ma, notando che i suoi seguaci avevano iniziato a indossare anelli simili per emularlo, si tolse il proprio e lo gettò via per paura che i suoi seguaci intraprendessero la strada del peccato. (Vedi La vita di Maometto.)

L’accusa più frequente e apparentemente più dannosa nei confronti di Maometto è quella della poligamia. Coloro che credono sinceramente che l’harem sia inconciliabile con la spiritualità dovrebbero cancellare i Salmi di Davide e i Proverbi di Salomone dall’elenco degli scritti ispirati, poiché l’harem del Profeta dell’Islam era insignificante rispetto a quello in possesso dal più saggio Re di Israele e favorito dell’Altissimo! La concezione popolare, che Maometto insegnò, che la donna non aveva anima e che poteva raggiungere il paradiso solo attraverso il matrimonio non è corroborata dalle parole e dall’atteggiamento del Profeta durante la sua vita. In un documento intitolato L’influenza dell’Islam sulle condizioni sociali, letto al Parlamento mondiale delle religioni tenutosi a Chicago, nel 1893, Mohammed Webb risponde così all’accusa:

“è stato detto che Mohammed e il Corano hanno negato l’anima alla donna e l’hanno classificata con gli animali. Il Corano la colloca

LA CAABA, IL LUOGO SANTO DELL’ISLAM.

Sezione dal panorama della Mecca nel Quadro di D’Ohsson Generale dell’impero Ottomano.

La Caaba, o edificio a forma di cubo nel mezzo della grande corte della moschea della Mecca, è il luogo più santo del mondo islamico. Per questo i seguaci del Profeta devono pregare cinque volte al giorno rivolti verso di essa. Come i devoti di quasi tutte le altre fedi, il Musulmano si volgeva ad Oriente mentre era in preghiera, ma con un successivo decreto gli fu ordinato di girare la faccia verso la Mecca.

Poco si sa della storia della Caaba prima della sua ridedicazione come moschea maomettana, a parte il fatto che l’edificio era un tempio pagano. All’epoca in cui il Profeta catturò la Mecca, la Caaba e la corte circostante contenevano 360 idoli, che furono distrutti da Maometto prima di ottennere effettivamente l’accesso al santuario stesso. La “Casa Antica”, come viene chiamata la Caaba, è un cubo irregolare che misura circa 38 piedi di lunghezza, 35 piedi di altezza e 30 piedi di larghezza. Nell’angolo sud-est del muro a una comoda distanza dal suolo (circa un metro e mezzo) è incastonata la sacra e misteriosa pietra nera o l’aerolite di Abramo. Quando fu donata per la prima volta a quel patriarca dall’angelo Gabriele, questa pietra era di un candore così forte da essere visibile da ogni parte della terra, ma alla fine divenne nera a causa dei peccati dell’uomo. Questa pietra nera, di forma ovale e di circa sette pollici di diametro, fu rotta nel VII secolo e ora è tenuta insieme da una montatura d’argento.

Secondo la tradizione, 2000 anni prima della creazione del mondo, la Caaba fu costruita per la prima volta in cielo, dove ne rimane ancora un modello. Adamo eresse la Caaba sulla terra esattamente sotto il punto in cielo occupato dall’originale, e selezionò le pietre dalle cinque montagne sacre Sinai, al-Judī, Hirā, Olivet e Libano. Diecimila angeli furono nominati a guardia della struttura. Al tempo del Diluvio la casa sacra fu distrutta, ma in seguito fu ricostruita da Abramo e suo figlio Ismaele. (Per i dettagli vedere A Dictionary of Islam). È probabile che il sito della Caaba fosse originariamente occupato da un altare di pietra preistorico o da un anello di monoliti non tagliati simili a quelli di Stonehenge. Come il tempio di Gerusalemme, la Caaba ha subito molte vicissitudini e la struttura attuale non precede il diciassettesimo secolo dell’era cristiana. Quando la Mecca fu saccheggiata nel 930 d.C., la famosa pietra nera fu catturata dai Carmazi, rimanendo con loro per venti anni ed è discutibile che la pietra che alla fine venne riconsegnata in cambio di un riscatto principesco fosse in realta` l’originale o un sostituto.

Sul lato della Caaba sono le presunte tombe di Agar e Ismaele, e vicino alla porta (che è a circa sette piedi dal suolo) è la pietra su cui Abramo si trovava durante la ricostruzione della Caaba. Diversi rivestimenti sono sempre stati gettati sopra la struttura a forma di cubo; l’attuale drappo, che viene sostituito annualmente, è un broccato nero ricamato in oro. Piccoli pezzi del vecchio drappo sono adorati dai pellegrini come reliquie sacre.

L’ingresso alla Caaba si effettua da una rampa a delle scale. L’interno è rivestito in marmo multi colorato, argento e dorato. Sebbene l’edificio sia generalmente concepito per essere privo di finestre, questo punto e` contestabile. L’accesso al tetto avviene attraverso una porta argentata. Oltre ai libri sacri, la Caaba contiene tredici lampade. Il grande cortile attorno all’edificio contiene numerosi oggetti sacri ed è delimitato da un colonnato che originariamente era costituito da 360 pilastri. Nel cortile si aprono diciannove porte, il numero sacro e significativo del Ciclo Metonico e` anche il numero di pietre nell’anello interno di Stonehenge. Sette grandi minareti torreggiano sopra la Caaba, e uno dei sacri cerimoniali in connessione con l’edificio comprende sette circumambulazioni attorno alla Caaba centrale nel tentativo apparente di ritrarre il movimento dei corpi celesti.

su una perfetta e completa uguaglianza con l’uomo, e gli insegnamenti del Profeta spesso la collocano in una posizione superiore al maschio per certi aspetti. “Il signor Webb giustifica la sua posizione citando il trentacinquesimo verso della trentatre sura della Corano:

“In verità i musulmani di entrambi i sessi, i veri credenti di entrambi i sessi, e gli uomini devoti, e le donne devote, e gli uomini di veridicità, e le donne di veridicità, e gli uomini pazienti, e le donne pazienti, e gli uomini umili, le donne umili, le elemosine di entrambi i sessi, uomini che digiunano, donne che digiunano, uomini casti, donne caste e quelli di entrambi i sessi che ricordano spesso Allah: lui e` pronto a perdonarvi e vi dara` una grande ricompensa “. Qui il raggiungimento del paradiso è chiaramente indicato come un problema la cui unica soluzione è quella del merito individuale.

Il giorno della sua morte Mohammed disse a Fatima, la sua amata figlia, e Safiya, sua zia: “Rendetevi pronte per farvi accettare dal Signore: poiché in verità non ho alcun potere su di Lui, non posso salvarvi in ​​alcun modo. ” Il Profeta non consigliò a nessuna donna di fare affidamento sulle virtù del marito né in alcun modo indicò che la salvezza della donna dipendesse dalla fragilità umana del coniuge.

Nonostante tutto il contrario, Mohammed non è responsabile delle contraddizioni e delle incoerenze nel Corano, poiché il volume non è stato compilato e non ha assunto la sua forma attuale fino a oltre venti anni dopo la sua morte. Nel suo stato attuale il Corano è, per la maggior parte, un miscuglio di sentito dire attraverso il quale ogni tanto brilla un esempio di vera ispirazione. Da quanto si sa dell’uomo Mohammed, è ragionevole supporre che queste porzioni più nobili e più fini rappresentino le attuali dottrine del Profeta; il resto sono ovvie interpolazioni, alcune derivanti da incomprensioni e altre da falsi calcolati per soddisfare le ambizioni temporali della conquista dell’Islam. Su questo argomento, Godfrey Higgins parla con la sua solita perspicacia:

“Qui abbiamo il Corano di Maometto e i primi quattro sinceri e zelanti patriarchi, e il Corano dei conquistatori e dei magnifici saraceni – gonfio di orgoglio e vanità. Il Corano dell’eclettico filosofo non era adatto ai conquistatori dell’Asia Uno nuovo doveva essere aggiunto al vecchio, per trovare una giustificazione alle loro scorribande “. (Vedi Anacalypsis.)

Per i pochi esigenti è evidente che Maometto aveva una conoscenza di quella dottrina segreta che deve necessariamente costituire il nucleo di ogni grande istituzione filosofica, religiosa o etica. Attraverso una delle quattro possibili strade Mohammed potrebbe aver contattato gli antichi insegnamenti del Mistero: (1) attraverso il contatto diretto con la Grande Scuola nel mondo invisibile; (2) attraverso i monaci cristiani nestoriani; (3) attraverso il misterioso sant’uomo che apparve e scomparve ad intervalli frequenti durante il periodo in cui furono rivelati i sura del Corano; (4) attraverso una scuola decadente già esistente in Arabia, la cui scuola nonostante la sua caduta nell’idolatria conservava ancora i segreti del culto dell’antica saggezza. Si può ancora dimostrare che gli arcani dell’Islam siano stati fondati direttamente sugli antichi misteri pagani compiuti nei secoli prima della nascita del Profeta; infatti è generalmente ammesso che molti dei cerimoniali ora incorporati nei Misteri islamici siano sopravvissuti all’Arabia pagana.

Il principio femminile è ripetutamente enfatizzato nel simbolismo islamico. Ad esempio, venerdì, che è sacro a Venere, è il giorno santo dei musulmani; il verde è il colore del Profeta e, essendo simbolico del verde, è inevitabilmente associato alla Madre del mondo; e sia la mezzaluna islamica che la scimitarra possono essere interpretati per indicare la forma crescente della luna o di Venere.

“La famosa ‘Pietra di Cabar’, ‘Kaaba, Cabir o Kebir, nella Mecca”, dice Jennings, “che è così devotamente baciata dai fedeli, è un talismano. Si dice che la figura di Venere sia incisa su di essa con una mezzaluna. Proprio questa stessa Caaba era inizialmente un tempio idolatrico, dove gli arabi adoravano Al-Uzza (Dio e Issa), cioè Venere. ” (Vedi Kenealy’s Enoch, The Second Messenger of God.)

“I musulmani”, scrive Sir William Jones, “sono già una sorta di cristiani eterodossi: sono cristiani, se Locke ragiona giustamente, perché credono fermamente nell’immacolata concezione, nel carattere divino e nei miracoli del MESSIAH; ma sono eterodossi, negando con veemenza il suo carattere di Figlio e la sua uguaglianza, come Dio, con il Padre, della cui unità e attributi essi intrattengono ed esprimono le idee più terribili; mentre considerano la nostra dottrina come perfetta bestemmia e insistono sul fatto che le nostre copie delle Scritture sono state corrotte sia da ebrei che da cristiani “.

Le seguenti righe secondo i seguaci del Profeta sarebbero state cancellate dai Vangeli cristiani: “E quando Gesù, il Figlio di Maria, disse: O figli d’Israele, in verita` sono l’apostolo di Dio inviato a voi, confermando la legge che è stata consegnata davanti a me e portando buone notizie di un apostolo che verrà dopo di me e il cui nome sarà AHMED. “Nel presente testo contenente la profezia di Gesù riguardo a un consolatore che verrà dopo di Lui, si afferma inoltre che la parola consolatore dovrebbe essere tradotta illustre e che avesse un riferimento diretto a Maometto; inoltre che le fiammelle che discesero sugli apostoli nel giorno di Pentecoste non potevano in alcun modo essere interpretate come significante del consolatore promesso. Quando è stato chiesto, tuttavia, una prova definitiva che i Vangeli originali contenevano questi cosiddetti riferimenti, i musulmani fanno una contro-domanda chiedendo di produrre dei documenti originali su cui si fonda il cristianesimo. Fino a che tali scritti non saranno scoperti, il punto sara` per sempre fonte di controversie.

Ignorare l’eredità della cultura ricevuta dall’Islam sarebbe una svista imperdonabile, poiché quando la mezzaluna ha trionfato sulla croce nell’Europa meridionale è stata il portatore di una civiltà che non aveva eguali ai suoi tempi. In Studies in a Mosque, Stanley Lane-Poole scrive:

“Per quasi otto secoli sotto i suoi sovrani maomettani la Spagna ha dato a tutta l’Europa un brillante esempio di uno stato civile e illuminato. * * * L’arte, la letteratura e la scienza prosperarono come non prosperavano da nessun’altra parte in Europa. Studenti accorsero dalla Francia, dalla Germania e dall’Inghilterra per bere dalle fontane dell’apprendimento che scorrevano solo nelle città dei Mori. I chirurghi e i dottori andalusi erano nel furgone della scienza; le donne erano incoraggiate a dedicarsi a studi seri e una dottoressa non rappresentava una novita` per Cordova. Matematica, astronomia e botanica, storia, filosofia e giurisprudenza, dovevano dominare in Spagna e nella sola Spagna. ”

La Library of Original Sources riassume così gli effetti dell’Islam:

“I risultati del Maomettismo sono stati ampiamente sottovalutati. Nel secolo dopo la morte di Maometto strappò l’Asia Minore, l’Africa e la Spagna dal cristianesimo, più della metà del mondo civilizzato, e stabilì una civiltà, la più alta del mondo durante il Medioevo. Ha portato la razza araba al suo massimo sviluppo, ha sollevato la posizione delle donne in Oriente, sebbene conservasse la poligamia, era intensamente monoteista e fino a quando i turchi non hanno ottenuto il controllo per lo più hanno incoraggiato il progresso “.

Nella stessa opera, tra i grandi scienziati e filosofi islamici che hanno dato un contributo sostanziale alla conoscenza umana sono elencati Gerber, o Djafer, che nel IX secolo gettò le basi per la chimica moderna; Ben Musa, che nel X secolo introdusse la teoria dell’algebra; Alhaze, che nell’XI secolo fece un profondo studio dell’ottica e scoprì il potere d’ingrandimento delle lenti convesse; e nell’undicesimo secolo anche Avicenna, o Ibn Sina, la cui enciclopedia medica era lo standard della sua epoca, e il grande cabbalista Avicebron, o Ibn Gebirol.

“Ripensando alla scienza dei Maomettani”, riprende l’autorità appena citata, “si vedrà che hanno gettato le prime basi della chimica e fatto importanti progressi in matematica e ottica. Le loro scoperte non hanno mai avuto l’influenza che avrebbero dovuto avere nel corso della civiltà europea, ma ciò è dovuto al fatto che l’Europa stessa non era abbastanza illuminata da afferrarla e farne uso. L’osservazione di Gerber che il ferro ossidato pesa di più dovette essere fatta di nuovo. come molte delle loro scoperte geografiche. Avevano circumnavigato l’Africa molto prima di Vasco da Gama. La composizione della polvere da sparo arrivò nel Nord Europa da loro. Non dobbiamo mai dimenticare che i secoli bui nell’Europa cristiana erano quelli luminosi del mondo maomettano. Gli arabi iniziarono adottando il campo della filosofia neo-platonica che trovarono in Europa e gradualmente la guidarono verso l’aristotelismo “.

Cosa significa il sottile mistero della fenice che rinasce ogni seicento anni? Debolmente dall’interno del santuario dei Misteri del mondo viene sussurrata la risposta. Seicento anni prima di Cristo la fenice della saggezza (Pitagora?) Spiegò le ali e morì sull’altare dell’umanità, consumato dal fuoco sacrificale. A Nazaret l’uccello rinacque di nuovo dalle sue stesse ceneri, per poi morire sull’albero che aveva le sue radici nel cranio di Adamo. Nel 600 d.C. apparve Ahmed (Maometto). Ancora una volta la fenice mori`, questa volta dal veleno di Kheibar, e dalle sue ceneri carbonizzate si sollevò per allargare le ali sulla faccia della Mongolia, dove nel XII secolo Gengis Khan stabilì la legge della saggezza. Intorno al possente deserto di Gobi, la fenice rinunciò di nuovo alla sua forma, che ora giace sepolta in un sarcofago di vetro sotto una piramide che porta su di esso le figure ineffabili dei Misteri. Dopo seicento anni dalla morte di Gengis Khan, Napoleone Bonaparte – che si credeva l’uomo del destino – sente parlare nei suoi vagabondaggi di questa strana leggenda ovvero della continua periodica rinascita della saggezza. Sentì le ali spiegate della fenice dentro di sé e credeva che la speranza del mondo si fosse fatta carne in lui? L’aquila sul suo stendardo potrebbe benissimo essere la fenice. Ciò spiegherebbe il motivo per cui è stato spinto a credersi predestinato a stabilire il regno di Cristo sulla terra ed è, forse, la chiave della sua incomprensibile simpatia nei confronti dei musulmani.

 

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: Il Mistero dell’Apocalisse

La presenza del Tempio di Diana ad Efeso segnò quella città come sacra per la religione dei Misteri, poiché le Sette Meraviglie del mondo antico furono erette per indicare i depositi della conoscenza recondita. Di Efeso, H. P. Blavatsky scrive:

“Era al centro delle dottrine universali segrete “; lo strano laboratorio da cui, modellato in elegante fraseologia greca, sorse la quintessenza della filosofia buddista, zoroastriana e caldea. Artemide, il gigantesco simbolo concreto delle astrazioni teosofico-panteistiche, la grande madre Multimamma, androgina e patrona degli “scritti efesini”, fu conquistata da Paolo; ma sebbene i convertiti zelanti degli apostoli fingessero di bruciare tutti i loro libri ne restarono abbastanza per studiarne le credenze “. (Vedi Iside svelata.)

Essendo un grande centro di apprendimento pagano, Efeso è stata la sede di molti miti paleocristiani. Si dice fosse stata l’ultimo domicilio della Vergine Maria; molti sostengono inoltre che la tomba di San Giovanni il Divino si trovasse lì. Secondo la leggenda, San Giovanni non si discostò da questa vita come di consueto ma, selezionando la sua tomba, vi entrò mentre era ancora vivo e chiudendo l’entrata alle sue spalle, svanì per sempre dalla vista mortale. Nell’antica Efeso si vociferava che San Giovanni avesse dormito nella sua tomba fino al ritorno del Salvatore, e che quando l’apostolo si girava sul suo letto sepolcrale, la terra sopra si muoveva come le coperte di un letto.

Sottoposta a più critiche di qualsiasi altro libro ora incorporato nel Nuovo Testamento, l’Apocalisse – popolarmente accreditata a San Giovanni il Divino – è di gran lunga il più importante ma meno compreso degli scritti gnostici cristiani. Sebbene Giustino Martire dichiarasse che il Libro dell’Apocalisse fosse stato scritto da “Giovanni, uno degli apostoli di Cristo”, la sua paternità fu contestata già nel secondo secolo dopo Cristo. Nel terzo secolo queste contese divennero acute e persino Dionigi di Alessandria ed Eusebio attaccarono la teoria di Johannine, dichiarando che sia il Libro dell’Apocalisse che il Vangelo secondo San Giovanni furono scritti da un Cerinto, che prese in prestito il nome del grande apostolo per meglio diffondere le proprie dottrine sui cristiani. Successivamente Girolamo mise in dubbio la paternità dell’Apocalisse e durante la Riforma le sue obiezioni furono rianimate da Lutero ed Erasmo. L’idea, una volta generalmente accettata, secondo cui il Libro dell’Apocalisse era la vera testimonianza di una “esperienza mistica” di San Giovanni mentre era in esilio nell’Isola di Parmos è ora considerata con disappunto dagli studiosi più critici. Altre spiegazioni sono state quindi avanzate per spiegare il simbolismo che permea il volume e il motivo originale per la sua scrittura. La più ragionevole di queste teorie può essere riassunta come segue:

In primo luogo, sulla base delle prove fornite dai suoi stessi contenuti, il Libro dell’Apocalisse potrebbe essere pronunciato come una scrittura pagana – uno dei libri sacri dei Misteri Eleusini o Frigi. Come corollario, il vero autore di un’opera che espone le profondità del misticismo egiziano e greco deve essere stato lui stesso un iniziato e di conseguenza obbligato a scrivere solo nel linguaggio simbolico dei Misteri.

In secondo luogo, è possibile che il libro dell’Apocalisse sia stato scritto per riconciliare le apparenti discrepanze tra le prime filosofie cristiane e pagane. Quando gli zeloti della primitiva chiesa cristiana cercarono di cristianizzare il paganesimo, gli iniziati pagani replicarono con un potente sforzo di paganizzare il cristianesimo. I cristiani fallirono ma i pagani ci riuscirono. Con il declino del paganesimo, i gerofanti pagani iniziati trasferirono la loro base operativa nel nuovo veicolo del cristianesimo primitivo, adottando i simboli del nuovo culto per nascondere quelle verità eterne che sono sempre il possesso inestimabile del saggio. L’Apocalisse mostra chiaramente la risultante fusione del simbolismo pagano e cristiano e porta quindi prove inconfutabili delle attività di queste menti iniziate che operarono attraverso il cristianesimo primitivo.

Terzo, è stata avanzata la teoria secondo cui il Libro dell’Apocalisse rappresenta il tentativo compiuto dai membri senza scrupoli di un certo ordine religioso di minare i Misteri Cristiani satirizzando la loro filosofia. Questa era la fine nefasta che speravano di raggiungere mostrando la nuova fede come una mera riaffermazione delle antiche dottrine pagane, accumulando ridicolo sul cristianesimo e usando i propri simboli verso il suo disprezzo. Ad esempio, la stella che cadde sulla terra (Apocalisse viii. 10-11) potrebbe essere interpretata come la stella di Betlemme, e l’amarezza di quella stella potrebbe significare gli insegnamenti “falsi” della chiesa cristiana. Mentre l’ultima teoria ha guadagnato una certa misura di popolarità, la profondità dell’Apocalisse porta il lettore esigente all’inevitabile conclusione che questa è la meno plausibile delle tre ipotesi. Per coloro che sono in grado di perforare il velo del suo simbolismo, la fonte ispirata del documento non richiede ulteriori prove corroboranti.

In ultima analisi, la vera filosofia non può essere limitata né dal credo né dalla fazione; infatti è incompatibile con ogni limitazione artificiale del pensiero umano. La questione dell’origine pagana o cristiana del Libro dell’Apocalisse è, di conseguenza, di scarsa importanza. Il valore intrinseco del libro risiede nel suo magnifico epitome del Mistero Universale – un’osservazione che ha portato San Girolamo a dichiarare che è suscettibile di sette interpretazioni completamente diverse. Non addestrato alla portata del pensiero antico, il teologo moderno non può assolutamente far fronte alle complessità dell’Apocalisse, poiché per lui questa scrittura mistica non è che una fantasmagoria di ispirazione divina che è fortemente tentato di mettere in discussione. Nello spazio limitato qui disponibile è possibile disegnare solo brevemente alcune delle caratteristiche salienti della visione del veggente di Patmos. Un’attenta considerazione dei vari Misteri pagani aiuterà materialmente anche a colmare le inevitabili lacune in questo riassunto.

Nel capitolo di apertura dell’Apocalisse, San Giovanni descrive l’Alfa e l’Omega che si trovavano in mezzo ai sette candelabri d’oro. Circondato dai suoi fiammeggianti reggenti planetari, questo Sublime incarna così in una figura impressionante e misteriosa l’interezza della crescita evolutiva dell’umanità: passato, presente e futuro.

“I primi stadi dello sviluppo terrestre dell’uomo”, scrive il dottor Rudolph Steiner, “seguirono il loro corso in un periodo in cui la terra era ancora” infuocata “e le prime incarnazioni umane si formarono dall’elemento di fuoco; alla fine della sua esistenza terrena egli stesso irradierà il suo essere interiore esternamente in modo creativo dalla forza dell’elemento fuoco. Questo continuo sviluppo dall’inizio alla fine della terra si rivela al “veggente”, quando vede sul piano astrale l’archetipo dell’uomo in evoluzione. * * * L’inizio dell’evoluzione terrena si distingue nei piedi infuocati, la sua fine nel volto infuocato e il potere completo della “parola creativa”, per essere infine vinto, è visto nella fonte infuocata che esce della bocca “. (Vedi Sigilli e colonne occulti.)

Nel suo Nuovo Testamento restaurato, James Morgan Pryse traccia la

IL TRONO DI DIO E DELL’AGNELLO.

Dalle opere di Jacob Behmen.

Prima del trono di Dio c’era il mare cristallino che rappresentava gli Schamayim, o le acque viventi che si trovano sopra i cieli. Prima del trono c’erano anche quattro creature: un toro, un leone, un’aquila e un uomo. Questi rappresentavano i quattro angoli della creazione e la moltitudine di occhi con cui erano coperti erano le stelle del firmamento. I ventiquattro anziani hanno lo stesso significato dei sacerdoti riuniti attorno alla statua di Cerere nel Rito Eleusiniano maggiore e anche dei Genii persiani, o divinità delle ore del giorno, che, gettando via le loro corone, glorificano il Santo. Come simboli delle divisioni del tempo, gli anziani adorano lo Spirito senza tempo e duraturo in mezzo a loro.

relazione tra le varie parti dell’Alfa e dell’Omega con i sette pianeti sacri degli antichi:

“La figura del Logos descritta è un’immagine composita dei sette pianeti sacri: ha i capelli bianchi come la neve di Kronos (” Tempo del Padre “), gli occhi fiammeggianti di Zeus “vedente”, la spada di Archi, la fulgida faccia di Helios, e il chitone e la cintura di Afrodite; i suoi piedi sono di mercurio, il metallo sacro a Hermes, e la sua voce è come il mormorio delle onde dell’oceano (le “molte acque”), alludendo a Selene, la dea delle quattro stagioni e delle acque “.

Le sette stelle portate da questo immenso Essere nella sua mano destra sono i Governatori del mondo; la spada fiammeggiante che fuoriesce dalla sua bocca è la forza creativa, o Parola di potere, con la quale viene uccisa l’illusione della permanenza materiale. Anche qui è rappresentato, in tutto il suo splendore simbolico, il gerofante dei Misteri frigi, le sue varie insegne emblematiche dei suoi attributi divini. Sette sacerdoti che portano lampade sono i suoi attendenti e le stelle portate in mano sono le sette scuole dei Misteri di cui amministra il potere. Come uno nato di nuovo dall’oscurità spirituale, nella perfetta saggezza, questo archimago afferma: “Io sono colui che vive ed era morto; ed ecco, sono vivo per sempre, Amen; e ho le chiavi dell’inferno e della morte.”

Nel secondo e terzo capitolo, San Giovanni consegna alle “sette chiese che si trovano in Asia” le ingiunzioni da lui ricevute dall’Alfa e dall’Omega. Le chiese sono qui analoghe ai gradini di una scala mitraica e Giovanni, essendo “nello spirito”, sale attraverso le orbite dei sette pianeti sacri fino a raggiungere la superficie interna dell’Empireo.

“L’anima del profeta”, scrive l’autore: la sua origine e il suo destino, “nel suo stato estatico è passata nel suo rapido volo attraverso le sette sfere, dalla sfera della luna a quella di Saturno, o da il pianeta che corrisponde al Cancro, la porta degli uomini a quello del Capricorno, che è la porta degli dei, una nuova porta si apre a lui nel cielo più alto, e nello zodiaco, sotto il quale ruotano i sette pianeti; in un parola, nel firmamento, o ciò che gli antichi chiamavano crystallinum primum, o il paradiso dei cristalli “.

In relazione al sistema orientale di metafisica, queste chiese rappresentano i chakra, o gangli nervosi, lungo la colonna vertebrale umana, la “porta in cielo” è il brahmarandra, o punta nella corona del cranio (Golgota), attraverso la cui colonna vertebrale il fuoco spirituale passa alla liberazione. La chiesa di Efeso corrisponde al muladhara, o ganglio sacrale, e le altre chiese ai gangli superiori secondo l’ordine dato in Apocalisse. Il dottor Steiner scopre una relazione tra le sette chiese e le divisioni della razza ariana. Pertanto, la chiesa di Efeso rappresenta il ramo arco-indiano; la chiesa di Smirne, il ramo Persiano; la chiesa di Pergamo, il ramo semitico caldeo-egiziano; la chiesa di Tiatira, il ramo greco-latino-romano; la chiesa di Sardi, il ramo Teutone-Anglosassone; la chiesa di Filadelfia, il ramo slavo; e la chiesa di Laodicea, il ramo Manicheo. Le sette chiese significano anche le vocali greche, di cui Alpha e Omega sono le prime e le ultime. Esiste una differenza di opinione sull’ordine in cui i sette pianificatori dovrebbero essere collegati alle chiese. Alcuni procedono dall’ipotesi che Saturno rappresenti la chiesa di Efeso; ma dal fatto che questa città era sacra alla dea della luna e anche che la sfera della luna è la prima sopra quella della terra, i pianeti ovviamente dovrebbero ascendere nel loro antico ordine dalla luna a Saturno. Da Saturno l’anima saliva naturalmente attraverso la porta dell’Empireo.

Nel quarto e quinto capitolo, San Giovanni descrive il trono di Dio sul quale sedeva il Santo “che era ed è e deve venire”. Intorno al trono c’erano ventiquattro seggi minori su cui sedevano ventiquattro anziani disposti in abiti bianchi e con corone d’oro. “E dal trono procedevano lampi e tuoni e voci: e c’erano sette lampade di fuoco accese davanti al trono, che sono i sette Spiriti di Dio.” Colui che sedeva sul trono teneva nella mano destra un libro sigillato con sette sigilli che nessun uomo in cielo o in terra era in grado di aprire. Quindi apparve un agnello (Ariete, il primo e il principale dei segni zodiacali) che era stato ucciso, con sette corna (raggi) e sette occhi (luci). L’Agnello prese il libro dalla destra di Lui che sedeva sul trono e le quattro bestie e tutti gli anziani si inginocchiarono e venerarono Dio e l’Agnello. Durante i primi secoli della Chiesa cristiana l’agnello fu universalmente riconosciuto come il simbolo di Cristo, e solo dopo il quinto sinodo di Costantinopoli (il “Sinodo Quinisext”, 692 d.C.) la figura dell’uomo crocifisso fu sostituita a quella dell’Agnus dei. Come sapientemente notato da uno scrittore sull’argomento, l’uso di un agnello è indicativo dell’origine persiana del cristianesimo, poiché i persiani erano le uniche persone a simboleggiare il primo segno dello zodiaco con un agnello.

Poiché un agnello era l’offerta per il peccato degli antichi pagani, i primi mistici cristiani consideravano questo animale come un appropriato emblema di Cristo, che consideravano l’offerta per il peccato nel mondo. I Greci e gli Egiziani veneravano fortemente l’agnello o il montone, ponendo spesso le sue corna sulla fronte dei loro dei. Il dio scandinavo Thor portava un martello fatto con un paio di corna di montone. L’agnello viene usato preferibilmente al montone apparentemente per la sua purezza e dolcezza; inoltre, poiché il Creatore stesso era simboleggiato dall’Ariete, suo Figlio sarebbe di conseguenza il piccolo Ariete o Agnello. Il grembiule di pelle di agnello indossato dai massoni su quella parte del corpo simboleggiata da Tifone o Giuda rappresenta quella purificazione

EPISODI DEI MISTERI DELL’APOCALISSE.

Da Klauber’s Historiae Biblicae Veteris et Novi Testamenti.

In primo piano centrale, San Giovanni il Divino si inginocchia davanti all’apparizione dell’Alfa e dell’Omega in piedi in mezzo alle sette luci e circondato da un’aureola di fiamme e fumo. Nei cieli sopra i ventiquattro anziani con le loro arpe e incensieri si inchinano davanti al trono dell’Antico Uno, dalla cui mano l’Agnello prende il libro sigillato con sette sigilli. I sette spiriti di Dio, sotto forma di coppe da cui escono lingue di fuoco, circondano la testa dell’Antico Uno e le quattro bestie (i cherubini) si inginocchiano agli angoli del suo trono. Nell’angolo in alto a sinistra sono raffigurati i sette angeli che recano le trombe e anche l’altare di Dio e l’angelo con l’incensiere. In alto a destra sono gli spiriti dei venti; sotto di loro c’è la vergine vestita di sole, a cui furono date le ali per poter volare nel deserto. Alla sua destra c’è una scena che rappresenta gli spiriti di Dio che scagliano il serpente malvagio nella fossa senza fondo. In basso a sinistra, viene mostrato San Giovanni che riceve dalla figura angelica, le cui gambe sono colonne di fuoco e la cui faccia è un sole splendente, il piccolo libro che gli viene detto di mangiare se avesse voluto capire i misteri della vita spirituale.

La piastra contiene anche una serie di altri simboli, tra cui episodi della distruzione del mondo e il mare cristallino che sgorga dal trono di Dio. Con la presentazione di tali concezioni simboliche sotto forma di rituali ed episodi drammatici, i segreti dei Misteri frigi furono perpetuati. Quando questi sacri spettacoli si rivelarono così indiscriminatamente a tutta l’umanità e ad ogni anima umana fu conferito il proprio iniziatore nel rito santo, della vita filosofica, fu conferito un vantaggio all’umanità che non può essere pienamente apprezzato fino a quando gli uomini e le donne non saranno diventati più sensibili a quei misteri che sono dello spirito.

dei processi generativi che è un prerequisito per la vera spiritualità. In questa allegoria l’Agnello indica il candidato purificato, i suoi sette corni che rappresentano le divisioni della ragione illuminata e i suoi sette occhi i chakra, o percezioni sensoriali perfezionate.

I capitoli dal sesto all’undicesimo compresi sono dedicati a un resoconto dell’apertura dei sette sigilli sul libro tenuto dall’Agnello. Quando il primo sigillo fu rotto, si fece avanti un uomo su un cavallo bianco che indossava una corona e teneva in mano un arco. Quando il secondo sigillo fu spezzato, arrivo` un uomo su un cavallo rosso e nella sua mano c’era una grande spada. Quando il terzo sigillo fu rotto, arrivo` un uomo su un cavallo nero e con una bilancia in mano. E quando il quarto sigillo fu spezzato, arrivo` la Morte su un cavallo pallido e l’inferno la seguì. I quattro cavalieri dell’Apocalisse possono essere interpretati come indicativi delle quattro principali divisioni della vita umana. La nascita è rappresentata dal cavaliere sul cavallo bianco che esce conquistando; l’impetuosità della giovinezza e` rappresentata dal cavaliere sul cavallo rosso che elimino` la pace dalla Terra; la maturità del cavaliere sul cavallo nero che pesa tutte le cose sulla bilancia della ragione; e la morte dal cavaliere sul cavallo pallido a cui fu dato potere su un quarto della terra. Nella filosofia orientale questi cavalieri significano i quattro yuga, o epoche, del mondo che, cavalcando verso i loro tempi stabiliti, diventano per un certo periodo i sovrani della creazione.

Commentando la ventiquattresima allocazione di Crisostomo, in L’origine di ogni culto religioso, Dupuis osserva che ciascuno dei quattro elementi era rappresentato da un cavallo che portava il nome del dio “che è posto a governo dell’elemento”. Il primo cavallo, che significa etere di fuoco, si chiamava Giove e occupava il posto più alto nell’ordine degli elementi. Questo cavallo era alato, e, descrivendo il cerchio più grande, comprendeva tutti gli altri. Brillava della luce più pura e sul suo corpo c’erano le immagini del sole, della luna, delle stelle e di tutti i corpi nelle regioni eteree. Il secondo cavallo, a significare l’elemento dell’aria, era Giunone. Era inferiore al cavallo di Giove e descriveva un cerchio più piccolo; il suo colore era nero ma quella parte esposta al sole divenne luminosa, indicando così le condizioni diurne e notturne dell’aria. Il terzo cavallo, che simboleggia l’elemento dell’acqua, era sacro a Nettuno. Aveva un’andatura pesante e descriveva un cerchio molto piccolo. Il quarto cavallo, che significa l’elemento statico della terra, descritto come immobile era il destriero di Vesta. Nonostante le loro differenze, questi quattro cavalli vivevano armoniosamente insieme, il che è in accordo con i principi dei filosofi, che dichiararono che il mondo e` preservato dalla concordia e dall’armonia dei suoi elementi. Col tempo, tuttavia, il cavallo da corsa di Giove bruciò la criniera del cavallo di terra; anche il fragoroso destriero di Nettuno si coprì di sudore, che sommerse il cavallo di Vesta e provocò il diluvio di Deucalione. Alla fine il cavallo infuocato di Giove consumerà il resto, quando i tre elementi inferiori – purificati dal riassorbimento nell’etere infuocato – usciranno rinnovati, costituendo “un nuovo paradiso e una nuova terra”.

Quando fu aperto il quinto sigillo, San Giovanni vide coloro che erano morti per la parola di Dio. Quando il sesto sigillo fu rotto ci fu un grande terremoto, il sole si oscurò e la luna divenne come sangue. Gli angeli dei venti vennero fuori e anche un altro angelo, che pose un sigillo sulla fronte dei 144.000 figli d’Israele che dovevano essere preservati contro il terribile giorno della tribolazione. Sommando le cifre secondo il sistema pitagorico della filosofia numerica, il numero 144.000 viene ridotto a 9, il simbolo mistico dell’uomo e anche il numero dell’iniziazione, poiché chi passa attraverso i nove gradi dei Misteri riceve il segno della croce come emblema della sua rigenerazione e liberazione dalla schiavitù della sua stessa natura infernale o inferiore. L’aggiunta delle tre cifre al numero sacro originale 1.44 indica l’elevazione del mistero alla terza sfera.

Quando il settimo sigillo fu rotto, vi fu silenzio per mezz’ora. Quindi uscirono sette angeli e ad ognuno fu data una tromba. Quando i sette angeli suonarono le loro trombe – ne conseguirono grandi catastrofi. Una stella, che si chiamava Assenzio, cadde dal cielo, a significare che la dottrina segreta degli antichi era stata data agli uomini che l’avevano profanata e l’avevano fatta diventare un agente distruttivo. E un’altra stella – che simboleggia la falsa luce della ragione umana come distinta dalla ragione divina dell’iniziato – cadde dal cielo e ad essa (ragione materialistica) fu data la chiave della fossa senza fondo (Natura), che aprì, causando la venuta di ogni sorta di creature malvagie. E venne anche un potente angelo che era vestito con una nuvola, la cui faccia era come il sole e i suoi piedi e le gambe come colonne di fuoco, e un piede era sulle acque e l’altro sulla terra (l’Ermetico Anthropos). Questo essere celeste diede a San Giovanni un piccolo libro, dicendogli di mangiarlo, cosa che il veggente fece. Il libro è rappresentativo della dottrina segreta – quel cibo spirituale che è il nutrimento dello spirito. E San Giovanni, essendo “nello spirito”, mangiò la saggezza di Dio e la fame della sua anima fu placata.

Il dodicesimo capitolo tratta di una grande meraviglia che appare nei cieli: una donna vestita di sole, la luna sotto i suoi piedi e sulla sua testa una corona di dodici stelle. Questa donna rappresenta la costellazione della Vergine e anche l’iside egiziana, che, in procinto di essere liberata da suo figlio Horus, viene attaccata da Tifone, quest’ultimo che tenta di distruggere il bambino predestinato dagli dei per uccidere

NUOVA GERUSALEMME NELLA VISIONE DI SAN GIOVANNI

Da Historiae Biblicae Veteris et Novi Testamenti di Klauber.

Nell’angolo in alto a sinistra è mostrata la distruzione di Babilonia, assieme all’angelo che gettò la grande mola nel mare, dicendo: “Così con la violenza quella grande città Babilonia sarà buttata giù e non sarà mai piu` trovata”. Sotto c’è il cavaliere, chiamato Fedele e Vero, che lancia la bestia nella fossa senza fondo. In basso a destra c’è l’angelo con la chiave della fossa senza fondo, che con una grande catena lega Satana per mille anni. Nei cieli sopra è rappresentato uno simile al Figlio dell’Uomo, che porta una grande falce con la quale raccoglie il raccolto del mondo. Al centro si trova la Città Santa, la Nuova Gerusalemme, con le sue dodici porte e la montagna dell’Agnello che sorge nel mezzo di essa. Dal trono dell’Agnello si riversa il grande fiume di cristallo, o acqua viva, a significare la dottrina spirituale: a tutti coloro che scoprono e bevono le sue acque viene conferita l’immortalità. Inginocchiandosi su un’alta scogliera, San Giovanni guarda la città mistica, l’archetipo della civiltà perfetta che deve ancora essere. Sopra la Nuova Gerusalemme, in un grande sprazzo di gloria, c’è il trono dell’Antico Uno, che è la luce di coloro che dimorano nell’impareggiabile impero dello spirito. Oltre al riconoscimento del mondo non iniziato c’è un’aggregazione sempre crescente composta da eletti spirituali. Sebbene camminino sulla terra come comuni mortali, sono di un mondo a parte e attraverso i loro incessanti sforzi il regno di Dio viene lentamente ma sicuramente stabilito sulla terra. Queste anime illuminate sono i costruttori della Nuova Gerusalemme e i loro corpi sono le pietre vive nelle sue mura. Illuminati dalla torcia della verità svolgono il loro lavoro, attraverso le loro attività l’età d’oro tornerà sulla terra e il potere del peccato e della morte sarà distrutto. Per questo motivo dichiarano che gli uomini virtuosi e illuminati, invece di ascendere al cielo, faranno scendere il cielo e lo stabiliranno in mezzo alla terra stessa.

lo Spirito del male. La guerra in cielo riguarda la distruzione del pianeta Ragnarok e la caduta degli angeli. La vergine può essere interpretata come la stessa dottrina segreta e suo figlio l’iniziato nato dal “grembo dei Misteri”. Lo Spirito del Male così personificato nel grande drago ha tentato di controllare l’umanità distruggendo la madre di quelle anime illuminate che hanno lavorato incessantemente per la salvezza del mondo. Ali furono date ai Misteri (la vergine) e volarono nel deserto; e il drago malvagio cercò di distruggerli con un diluvio (di falsa dottrina) ma la terra (l’oblio) inghiottì le false dottrine e i Misteri perseverarono.

Il tredicesimo capitolo descrive una grande bestia che si alzò dal mare, con sette teste e dieci corna. Faber vede in questo mostro anfibio il Demiurgo, o Creatore del mondo, che sorge dall’Oceano del Caos. Mentre la maggior parte degli interpreti dell’Apocalisse considera le varie bestie ivi descritte come tipiche del mondo del male, questo punto di vista è il risultato inevitabile della non familiarità con le antiche dottrine da cui deriva il simbolismo del libro. Astronomicamente, il grande mostro che sorge dal mare è la costellazione di Cetus (la balena). Poiché gli asceti religiosi consideravano l’universo stesso come una fabbricazione malvagia e assurda, arrivarono anche a considerare il suo stesso Creatore come un tessitore di illusioni. Così il grande mostro marino (il mondo) e il suo Creatore (il Demiurgo), la cui forza deriva dal Drago del Potere Cosmico, arrivarono ad essere personificati come una bestia di orrore e distruzione, cercando di ingoiare la parte immortale: della natura umana. Le sette teste del mostro rappresentano le sette stelle (spiriti) che compongono la costellazione del Grande Merlo acquaiolo, chiamato dagli indù Rishi, o spiriti creativi cosmici. Le dieci corna si riferiscono ai dieci patriarchi primordiali. Questi possono anche indicare l’antico zodiaco di dieci segni.

Il numero della bestia (666) è un interessante esempio dell’uso del cabbalismo nel Nuovo Testamento e tra i mistici paleocristiani. Nella tabella seguente Kircher mostra che i nomi di Anticristo forniti da Iranæus hanno tutti 666 come equivalente numerico.

James Morgan Pryse osserva inoltre che secondo questo metodo figurativo, il termine greco ἡ φρην, che significa mente inferiore, ha 666 come equivalente numerico. È anche noto ai cabalisti che Ἰησους, Gesù, ha per valore numerico un altro numero sacro e segreto: 888. Aggiungendo le cifre del numero 666 e aggiungendo di nuovo le cifre della somma si ottiene il numero sacro – 9 il simbolo dell’uomo nel suo stato non rigenerato e anche il percorso della sua risurrezione.

Il quattordicesimo capitolo si apre con l’Agnello in piedi sul Monte Sion (l’orizzonte orientale), attorno a Lui si radunarono i 144.000 con il nome di Dio scritto sulla fronte. Un angelo allora annuncia la caduta di Babilonia, la città della confusione o della mondanità. Quelli periscono senza superare la mondanità entrando quindi nella consapevolezza che e` lo spirito – e non la materia – muoiono per sempre; poiché, non avendo interessi diversi da quelli che sono materiali, sono spazzati via dalla distruzione del mondo materiale. E San Giovanni vide Uno simile al Figlio dell’Uomo (Perseo) che cavalcava su una nuvola (le sostanze del mondo invisibile) e portava in mano una falce affilata, e con la falce il Risplendente mieteva la terra. Questo è un simbolo dell’Iniziatore che rilascia nella sfera della realtà le nature superiori di coloro che, simboleggiati dal grano maturo, hanno raggiunto il punto di liberazione. E venne un altro angelo (Boötes) – La morte – anch’esso con una falce (Karma), che raccolse le viti della terra (coloro che hanno vissuto con la falsa luce) e le gettò nel vinificatore dell’ira di Dio ( le sfere del purgatorio).

I capitoli dal quindicesimo al diciottesimo incluso contengono un resoconto di sette angeli (le Pleiadi) che versano le loro fiale sulla terra. I contenuti delle loro fiale (l’energia allentata del Toro Cosmico) sono chiamati le ultime sette piaghe. Anche qui viene introdotta una figura simbolica, definita “la meretrice di Babilonia”, che viene descritta come una donna seduta su una bestia di colore scarlatto con sette teste e dieci corna. La donna era vestita di viola e scarlatto e ornata d’oro, pietre preziose e perle, con in mano una coppa d’oro piena di abominazioni. Questa figura potrebbe essere uno sforzo (probabilmente interpolato) per diffamare Cibele, o Artemide, la Grande Madre dea dell’antichità. Poiché i pagani veneravano la Mater Deorum attraverso simboli appropriati al principio generativo femminile, furono accusati dai primi cristiani di adorare una cortigiana. Poiché quasi tutti gli antichi Misteri includevano una prova del carattere morale del neofita, la tentatrice (l’anima animale) è qui rappresentata come una dea pagana.

Nel diciannovesimo e ventesimo capitolo è esposta la preparazione di quel sacramento mistico chiamato matrimonio dell’Agnello. La sposa è l’anima del neofita, che raggiunge l’immortalità consapevole unendosi alla propria fonte spirituale. I cieli si aprirono ancora una volta e San Giovanni vide un cavallo bianco e il cavaliere (la mente illuminata) che vi sedeva sopra fu chiamato Fedele e Vero. Dalla sua bocca uscì una spada affilata e gli eserciti del cielo lo seguirono. Sulle pianure del cielo fu combattuto il mistico Armageddon – l’ultima grande guerra tra luce e oscurità. Le forze del male sotto il persiano Ahriman combatterono contro le forze del bene sotto Ahura-Mazda. Il male fu sconfitto e la bestia e il falso profeta furono gettati in un lago di zolfo ardente. Satana fu legato per mille anni. Quindi seguì l’ultimo giudizio; i libri furono aperti, incluso il libro della vita. I morti furono giudicati in base alle loro opere e quelli i cui nomi non erano nel libro della vita furono gettati in un mare di fuoco. Per il neofita, Armaghedon rappresenta l’ultima lotta tra la carne e lo spirito quando, superando finalmente il mondo, l’anima illuminata si unisce all’unione con il suo Sé spirituale. Il giudizio indica il peso dell’anima ed è stato preso in prestito dai Misteri di Osiride. Il risorgere dei morti dalle loro tombe e dal mare dell’illusione rappresenta il compimento del processo di rigenerazione umana. Il mare di fuoco in cui vengono gettati coloro che falliscono nel calvario dell’iniziazione indica la sfera infuocata del mondo animale.

Nel ventunesimo e ventiduesimo capitolo sono raffigurati il ​​nuovo paradiso e la nuova terra da stabilire alla fine del regno di Ahriman. San Giovanni, trasportato nello spirito su una grande e alta montagna (il cervello), vide la Nuova Gerusalemme scendere mentre una sposa si adornava per suo marito. La Città Santa rappresenta il mondo rigenerato e perfezionato, il vero bugnato del massone, poiché la città era un cubo perfetto, essendo scritto, “la lunghezza e la larghezza e l’altezza di esso sono uguali”. La fondazione della Città Santa consisteva di centoquarantaquattro pietre in dodici file, da cui è evidente che la Nuova Gerusalemme rappresenta il microcosmo, modellato sul grande universo in cui si trova. Le dodici porte di questo dodecaedro simbolico sono i segni dello zodiaco attraverso il quale gli impulsi celesti scendono nel mondo inferiore; i gioielli sono le pietre preziose dei segni zodiacali; e le trasparenti strade dorate sono i flussi di luce spirituale lungo i quali l’iniziato passa sul suo cammino verso il sole. Non esiste un tempio materiale in quella città, poiché Dio e l’Agnello sono il tempio; e non c’è né sole né luna, poiché Dio e l’Agnello sono la luce. L’iniziato glorificato e spiritualizzato è qui rappresentato come una città. Questa città alla fine sarà unita allo spirito di Dio e assorbita dalla Divina Effulgenza.

E San Giovanni vide un fiume, l’Acqua della Vita, che usciva dal trono dell’Agnello. Il fiume rappresenta il flusso che scorre dal Primo Logos, che è la vita di tutte le cose e la causa attiva di tutta la creazione. C’era anche l’Albero della Vita (lo spirito) che portava dodici tipi di frutti, le cui foglie erano per la guarigione delle nazioni. L’albero è rappresentante anche dell’anno, che ogni mese produce del bene per il mantenimento delle creature esistenti. Quindi Gesù dice a San Giovanni di essere la radice e la progenie di David e la stella luminosa e mattutina (Venere). San Giovanni conclude con le parole: “La grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti voi. Amen”.

I QUATTRO CAVALLI DELL’APOCAISSE.

Da Biblische Figuren di Solis.

Nell’allegoria dei quattro cavalieri – secondo i misteri della filosofia – è descritta la condizione dell’uomo durante le fasi della sua esistenza. Nel suo primo stato spirituale e` trionfante. Mentre scende nel regno dell’esperienza, porta la spada. Raggiungendo l’espressione fisica – che è il suo stato meno spirituale – porta con se una bilancia e attraverso la “morte filosofica” viene rimandato nelle sfere più alte. Negli antichi giochi romani il carro del sole era trainato da quattro cavalli di diversi colori e i cavalieri dell’Apocalisse potevano essere interpretati come rappresentanti dell’energia solare che cavalcava i quattro elementi che fungono da mezzo per la sua espressione.

 

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: La croce e la crocifissione

Una delle leggende più interessanti riguardanti la croce è quella conservata in Aurea Legenda, di Jacobus de Vorgaine. La storia riguarda Adamo, che, sentendo vicina la fine della sua vita, supplicò suo figlio Seth di fare un pellegrinaggio nel Giardino dell’Eden e di farsi dare dall’angelo di guardia all’ingresso l’Olio della Misericordia che Dio aveva promesso all’umanità . Seth non conosceva la strada; ma suo padre gli disse che era verso est e che il sentiero sarebbe stato facile da seguire, perché quando Adamo ed Eva furono banditi dal Giardino del Signore, sul sentiero che i loro piedi avevano calpestato l’erba non crebbe mai piu`.

Seth, seguendo le indicazioni di suo padre, scoprì il Giardino dell’Eden senza difficoltà. L’angelo che sorvegliava il cancello gli permise di entrare e in mezzo al giardino Seth vide un grande albero, i cui rami raggiungevano il cielo. L’albero aveva la forma di una croce e si trovava sull’orlo di un precipizio che conduceva verso il basso nelle profondità dell’inferno. Tra le radici dell’albero vide il corpo di suo fratello Caino, tenuto prigioniero dagli arti intrecciati. L’angelo si rifiutò di dare a Seth l’Olio della Misericordia, ma gli presentò invece tre semi dall’albero della vita (alcuni dicono che fosse l’albero della conoscenza). Con questi Seth tornò da suo padre, che fu così felice da non desiderare piu` di vivere. Tre giorni dopo morì e i tre semi furono sepolti nella sua bocca, come aveva ordinato l’angelo. I semi divennero un alberello con tre tronchi in uno, che assorbì in sé il sangue di Adamo, in modo che la vita di Adamo fosse sull’albero. Noè scavò e porto` via questo albero nell’Arca. Dopo che le acque si calmarono, seppellì il cranio di Adamo sotto il Monte Calvario e piantò l’albero sulla cima del Monte Libano.

Mosè vide un essere in mezzo a questo albero (il roveto ardente) e da esso tagliò la bacchetta magica con la quale fu in grado di estrarre l’acqua da una pietra. Ma poiché non riuscì a invocare il Signore la seconda volta che colpì la roccia, non gli fu permesso di portare il sacro bastone nella Terra Promessa; così lo piantò sulle colline di Moab. Dopo molte ricerche, re David scoprì l’albero; e suo figlio, Salomone, cercò di usarlo come uno dei pilastri nel suo tempio, ma i suoi falegnami non poterono tagliarlo in modo che si adattasse; era sempre o troppo lungo o troppo corto. Alla fine, disgustati, lo gettarono da parte e lo usarono come ponte per collegare Gerusalemme con le colline circostanti. Quando la regina di Saba venne a visitare il re Salomone, dovette attraversare questo ponte. Invece, quando vide l’albero, si rifiutò di metterci sopra il piede, ma, dopo essersi inginocchiata e pregato, si tolse i sandali e prosegui` affrontando la corrente del fiume. Ciò impressiono` cosi` tanto il re Salomone, che ordinò che il tronco fosse ricoperto d’oro e posto sopra la porta del suo tempio. Rimase lì fino a quando suo nipote avido rubò l’oro e seppellì l’albero in modo che il crimine non fosse scoperto.

Dal terreno dove fu seppellito l’albero immediatamente emerse una sorgente d’acqua, che divenne nota come Bethesda. Ad esso i malati di tutta la Siria vennero per essere guariti. Alla fine il tronco galleggio` in superficie e venne usato di nuovo come ponte, questa volta tra il Calvario e Gerusalemme; e su di esso Gesù passò per essere crocifisso. Non c’era legna sul Calvario; così l’albero fu tagliato in due parti per servire da croce su cui fu crocifisso il Figlio dell’Uomo. La croce fu sistemata proprio nel punto in cui era stato sepolto il cranio di Adamo. Più tardi, quando la croce fu scoperta dall’imperatrice Helena, il legno fu trovato di quattro diverse varietà contenute in un albero (che rappresentano gli elementi), e in seguito la croce continuò a guarire tutti i malati a cui era permesso toccarla.

L’idea prevalente che la riverenza per la croce sia limitata al mondo cristiano è smentita persino dall’indagine più superficiale del suo posto nel simbolismo religioso. I primi cristiani usavano ogni mezzo possibile per nascondere l’origine pagana dei loro simboli, dottrine e rituali. O distrussero i libri sacri di altri popoli tra i quali si stabilirono, o li resero inaccessibili agli studenti di filosofia comparata, apparentemente credendo che in questo modo avrebbero potuto sradicare ogni traccia dell’origine precristiana delle loro dottrine. In alcuni casi sono stati manomessi gli scritti di vari autori antichi, i passaggi di natura compromettente sono stati rimossi o il materiale estraneo interpolato. Il passaggio apparentemente spurio in Giuseppe riguardo a Gesù è un esempio fatto per illustrare questa propensione.

LE BIBLIOTECHE PERDUTE DI ALESSANDRIA

Prima dell’era cristiana, settecentomila dei libri più preziosi, scritti su pergamena, papiro, e cera, e anche tavolette di pietra, terracotta e legno, vennero raccolti da tutte le parti del mondo antico e conservati ad Alessandria , in edifici appositamente preparati allo scopo. Questo magnifico deposito di conoscenze è stato distrutto da una serie di tre incendi. Le parti sfuggite all’incendio di Cesare per distruggere la flotta nel porto furono distrutte intorno al 389 d.C. dai cristiani in obbedienza all’editto di Teodosio, che aveva ordinato la distruzione del Serapeo, un edificio sacro a Serapide in cui i volumi sono stati mantenuti. Questa conflagrazione avrebbe distrutto la biblioteca che Marco Antonio aveva presentato a Cleopatra per compensare in parte quella bruciata nel fuoco dell’anno 51.

A questo proposito, HP Blavatsky, in Iside svelata, ha scritto: “Loro [i Rabbini di Palestina e i saggi] dicono che non tutti i rotoli e i manoscritti, riportati nella storia, sono stati bruciati da Cesare, dalla folla cristiana, nel 389, e dal generale arabo Amru, scomparvero come si crede comunemente; e la storia che raccontano è la seguente: Al momento della lotta per il trono, nel 51 a.C., tra Cleopatra e suo fratello Dionigi Tolomeo, Bruckion, che conteneva oltre settecentomila rotoli tutti rilegati in legno e pergamena ignifuga, stava subendo riparazioni e che gran parte dei manoscritti originali, considerati tra i più preziosi, e che non erano duplicati, furono conservati nella casa di uno dei i bibliotecari. * * * Trascorsero diverse ore tra l’incendio della flotta, ordinato di Cesare, e il momento in cui i primi edifici situati vicino al porto presero fuoco a loro volta; e * * * i bibliotecari, aiutati da diverse centinaia di schiavi, riuscirono a salvare i rotoli piu` preziosi”. Con ogni probabilità, i libri salvati giacciono sepolti in Egitto o in India, e fino a quando non vengono scoperti il ​​mondo moderno dovra` rimanere nell’ignoranza riguardo a molte grandi verità filosofiche e mistiche. Il mondo antico comprendeva più chiaramente questi collegamenti mancanti: la continuità dei Misteri pagani nel cristianesimo.

LA CROCE NEL SIMBOLISMO PAGANO
Nel suo articolo su Croce e Crocifissione nell’Enciclopedia Britannica, Thomas Macall Fallow getta molta luce sull’antichità di questo ideografo. “L’uso della croce come simbolo religioso in epoca precristiana, e tra i popoli non cristiani, può

STORIA DELLA CROCE SANTA.

Dalla storia della Santa Croce di Berjeau.

(1) Adamo istruisce Seth su come raggiungere il Giardino dell’Eden. (2) Seth posiziona i tre semi dell’albero della vita sotto la lingua dell’Adamo morto. (3) La regina di Saba, rifiutando di mettere i suoi piedi sull’albero sacro, passo` attraverso il fiume. (4) Il posizionamento dell’albero sacro sopra la porta del Tempio di Salomone. (5) La crocifissione di Cristo su una croce fatta dal legno dell’albero santo. (6) Distinguere la vera croce dalle altre due testando il suo potere per far rivivere un cadavere.

probabilmente essere considerato quasi universale, e in molti casi era collegato a qualche forma di adorazione della natura “.

Non solo la croce stessa è un oggetto familiare nell’arte di tutte le nazioni, ma la venerazione per essa è una parte essenziale della vita religiosa della maggior parte dell’umanità. È un simbolo comune tra gli indiani d’America: nord, centro e sud. William W. Seymour afferma: “La dea azteca della pioggia portava una croce in mano e i Toltechi affermavano che la loro divinità, Quetzalcoatl, insegnava loro il segno e il rituale della croce, quindi il suo bastone, o scettro di potere, assomigliava piu` a una croce e il suo mantello era coperto di croci rosse. ” (La croce nella tradizione, storia e arte.)

La croce è anche venerata da giapponesi e cinesi. Per i Pitagorici il più sacro di tutti i numeri era il 10, il cui simbolo è una X, o croce. In entrambe le lingue giapponese e cinese il carattere del numero 10 è una croce. La ruota della vita buddista è composta da due croci sovrapposte, e i suoi otto punti sono ancora conservati nella cristianità nella croce dalla forma particolare dei Cavalieri Templari, che è essenzialmente buddista. L’India ha conservato la croce, non solo nelle sue sculture e dipinti, ma anche nella sua architettura; un gran numero dei suoi templi – come le chiese e le cattedrali della cristianità – si erigono su basi cruciformi.

Sui mandala dei tibetani, il cielo è disposto sotto forma di croce, con un re demone in ciascuna delle quattro porte. Una straordinaria croce di grande antichità fu scoperta nelle grotte dell’isola di Elephanta nel porto di Bombay. Croci di vario genere erano motivi preferiti nell’arte di Caldea, Fenicia, Egitto e Assiria. Agli iniziati dei Misteri Eleusini della Grecia fu data una croce che sospesero attorno al collo su una catena o corda, al momento dell’iniziazione. Per i Rosacroce, gli Alchimisti e gli Illuminati, la croce era il simbolo della luce, poiché ciascuna delle tre lettere L V X derivano da una parte della croce.

LA CROCE TAU

Esistono tre forme distinte di croce. La prima si chiama TAU (più correttamente TAV). Assomiglia molto alla moderna lettera T, costituita da una barra orizzontale appoggiata su una colonna verticale, i due bracci sono della stessa lunghezza. Una quercia tagliata alcuni piedi sopra il terreno e la sua parte superiore posata su quella inferiore in questa forma era il simbolo del dio druido Hu. Si sospetta che questo simbolo abbia avuto origine tra gli egiziani dalla diffusione delle corna di un toro o di un ariete (Toro o Ariete) e dalla linea verticale della sua faccia. Questa tipologia di croce a volte è descritta come la croce martello, perché se tenuta dalla sua base verticale non è diversa da un martello o un martelletto. In una delle leggende massoniche cabalistiche, Chiram Abiff riceve un martello a forma di TAU dal suo antenato, Tubal-Caino. La croce TAU è conservata nella moderna muratoria sotto il simbolo della riga a T. Questa sembra essere la forma più antica di croce.

La croce TAU era incisa sulla fronte di ogni persona ammessa nei Misteri di Mitra. Quando un re veniva iniziato ai Misteri egiziani, la TAU veniva posta contro le sue labbra. Veniva tatuata sui corpi dei candidati in alcuni dei misteri indiani d’America. Per il cabbalista, la TAU rappresentava il paradiso e le tetradi di Pitagora. Il Caduceo di Hermes era uno sviluppo della croce TAU. (Vedi Albert Pike.)

LA CROCE ANSATA

Il secondo tipo era quello di una croce a T, o TAU, sormontata da un cerchio, spesso sotto forma di un ovale verticale. Questo fu chiamato dagli antichi Crux Ansata, o croce della vita. Era la chiave dei Misteri dell’antichità e probabilmente ha dato origine alla storia più moderna della chiave d’oro di San Pietro per il paradiso. Nei Misteri d’Egitto il candidato attraversava tutte le forme di pericoli reali e immaginari, tenendo sopra la sua testa la Crux Ansata, davanti al quale i poteri delle tenebre non potevano che sottomettersi. Allo studente vengono ricordate le parole In hoc signo vinces. La forma TAU della croce non è diversa dal sigillo di Venere, come ha notato Richard Payne Knight. Egli afferma: “La croce in questa forma è talvolta osservabile su monete, e molte di loro sono state trovate in un tempio di Serapis [il Serapeo], demolito dall’imperatore Teodosio”.

Augusto Le Plongeon, nei suoi Sacred Mysteries Among the Mayas and Quiches, osserva che la Crux Ansata, che chiama La chiave del Nilo e il simbolo dei simboli, nella sua forma completa o come un semplice TAU, doveva essere visto adornare il seno di statue e bassorilievi a Palenque, Copan e in tutta l’America centrale. Nota che era sempre associato all’acqua; che tra i babilonesi era l’emblema degli dei acquatici; tra gli scandinavi, del paradiso e dell’immortalità; e tra i Maya, di ringiovanimento e libertà dalla sofferenza fisica.

Per quanto riguarda l’associazione di questo simbolo con le acque della vita, il Conte Calice d’Alviella, nella sua Migrazione dei simboli, richiama l’attenzione sul fatto che uno strumento simile alla Crux Ansata e chiamato Nilometro veniva usato dagli antichi egizi per misurare le inondazioni del fiume Nilo. È probabile che questa relazione con il Nilo abbia fatto si che venisse considerato il simbolo della vita, poiché l’Egitto dipendeva interamente dalle inondazioni di questo fiume per l’irrigazione necessaria per assicurare raccolti sufficienti. Nei rotoli di papiro viene mostrato la Crux Ansata che fuoriesce dalla bocca dei re egiziani quando perdonarono i nemici, e veniva sepolta con loro per indicare l’immortalità dell’anima. Fu trasportata da molti dei e dee e apparentemente significava la loro divina benevolenza e potere vitale. Il Museo del Cairo contiene una magnifica collezione di croci di molte forme, dimensioni e disegni, a dimostrazione del fatto che erano un simbolo comune tra gli egiziani.

LE CROCI CATTOLICHE ROMANE E GRECHE

La terza forma di croce è quella di tipo romano o greco, che è strettamente associata alla crocifissione di Gesù Cristo, sebbene sia improbabile che la croce usata assomigli alla sua forma moderna più familiare. Esistono infinite varietà di croci, che differiscono nelle proporzioni relative delle sezioni verticali e orizzontali. Tra gli ordini segreti di diverse generazioni troviamo croci composte, come la tripla TAU nell’arco reale della massoneria e le doppie e triple croci del simbolismo sia massonico che cattolico romano.

Per il cristiano la croce ha un duplice significato. Innanzitutto, è il simbolo della morte del suo Redentore, attraverso il cui martirio sente di prendere parte alla gloria di Dio; secondo, è il simbolo dell’umiltà, della pazienza e del peso della vita. È interessante che la croce sia sia un simbolo di vita sia un simbolo di morte. Molte nazioni hanno profondamente considerato l’aspetto astronomico della religione, ed è probabile che persiani, greci e indù consideravano la croce come un simbolo degli equinozi e dei solstizi, nella convinzione che in certe stagioni dell’anno il sole fosse simbolicamente crocifisso su questi angoli celesti immaginari.

Il fatto che così tante nazioni abbiano considerato il loro Salvatore come una personificazione del globo solare è una prova convincente che la croce deve esistere come elemento astronomico nell’allegoria pagana. Augusto Le Plongeon credeva che la venerazione per la croce fosse in parte dovuta al sorgere di una costellazione chiamata Croce del Sud, che precedeva immediatamente le piogge annuali, e poiché i nativi di quelle latitudini si affidavano interamente a queste piogge per aumentare i loro raccolti, videro la croce come promessa annuale delle tempeste in avvicinamento, che per loro significavano vita.

Vi sono quattro elementi di base (secondo la filosofia antica e la scienza moderna) e gli antichi li rappresentavano con le quattro braccia della croce, ponendo alla fine di ogni braccio una misteriosa creatura cabalistica per simboleggiare il potere di uno di questi elementi. Quindi simboleggiavano l’elemento terra con un toro; quello dell’acqua con uno scorpione, un serpente o un’aquila; quello del fuoco con un leone; e quello dell’aria da una testa umana circondata da ali. È significativo che le quattro lettere incise su pergamena (alcuni dicono legno) e fissate alla sommità della croce al momento della crocifissione siano le prime lettere di quattro parole ebraiche che rappresentano i quattro elementi: “Iammin, il mare o acqua; Nour, fuoco; Rouach, l’aria; e Iebeschah, la terra arida “. (Vedi Morale e Dogma, di Albeit Pike.)

Che una croce possa essere formata aprendo o spiegando le superfici di un cubo ha fatto sì che quel simbolo fosse associato alla terra. Sebbene una croce all’interno di un cerchio sia stata a lungo considerata come un segno del pianeta Terra, dovrebbe davvero essere considerata come il simbolo dell’elemento composito terra, poiché è composta dai quattro triangoli degli elementi. Per migliaia di anni la croce è stata identificata con il piano di salvezza per l’umanità. Gli elementi – sale, zolfo, mercurio e azoto – usati nella fabbricazione della pietra filosofale in alchimia, erano spesso simboleggiati da una croce. Anche la croce dei quattro angoli cardinali aveva il suo significato segreto, e gruppetti di 3 massoni vanno ancora verso i quattro punti cardinali della bussola alla ricerca della Parola perduta.

Il materiale di cui era formata la croce era considerato un elemento essenziale nel suo simbolismo. Pertanto, una croce d’oro simboleggiava l’illuminazione; una croce d’argento, purificazione; una croce di metalli di base, umiliazione; una croce di legno, aspirazione. Il fatto che

LA FIGURA DELL’ISOLA DI PASQUA CHE MOSTRA IL CRUX ANSATA 

Che la Croce Ansata sia migrata in molte parti della terra è dimostrato dal fatto che è stata scolpita sul retro di almeno una delle misteriose figure in pietra trovate sull’isola di Pasqua nel sud del Pacifico. La statua in questione – una delle più piccole del gruppo – fu portata a Londra da una nave a vela, ed è ora al British Museum; la Crux Ansata sul retro è chiaramente visibile.

tra molte nazioni era consuetudine aprire le braccia in preghiera ha influenzato il simbolismo della croce, che, a causa della sua forma, è diventato un emblema del corpo umano. Si ritiene che le quattro principali divisioni della struttura umana – ossa, muscoli, nervi e arterie – abbiano contribuito al simbolismo della croce. Ciò è dovuto in particolare al fatto che i nervi spinali si incrociano alla base della colonna vertebrale ed è un promemoria che il “Nostro Signore è stato crocifisso anche in Egitto”.

L’uomo ha quattro veicoli (o mezzi) di espressione per mezzo dei quali l’ego spirituale contatta l’universo esterno: la natura fisica, la natura vitale, la natura emotiva e la natura mentale. Ognuno di questi partecipa in linea di principio a uno degli elementi primari e le quattro creature assegnate loro dai cabalisti hanno reso la croce simbolica della natura composta dell’uomo.

LA CROCIFISSIONE – UNA ALLEGORIA COSMICA

Moltissimi salvatori sono morti per i peccati dell’uomo e per mano dell’uomo, e attraverso le loro morti hanno intercesso in cielo per le anime dei loro carnefici. Il martirio del Dio-uomo e la redenzione del mondo attraverso il Suo sangue è stato un principio essenziale di molte grandi religioni. Quasi tutte queste storie possono essere ricondotte al culto del sole, poiché la gloriosa sfera del giorno è il Salvatore che muore ogni anno per ogni creatura nel suo universo, ma anno dopo anno risorge vittorioso dalla tomba dell’inverno. Senza dubbio la dottrina della crocifissione si basa sulle tradizioni segrete dell’Antica Saggezza; ricorda costantemente che la natura divina dell’uomo è perpetuamente crocifissa sull’organismo animale. Alcuni misteri pagani includevano nella cerimonia di iniziazione la crocifissione del candidato su una croce o la posa del suo corpo su un altare cruciforme. È stato affermato che Apollonio di Tiana (l’Anticristo) fu iniziato nell’Arcano dell’Egitto nella Grande Piramide, dove rimase appeso a una croce fino a perdere conoscenza e poi fu deposto nella tomba (il cofano) per tre giorni. Mentre il suo corpo era privo di sensi, si pensava che la sua anima passasse nei regni degli immortali (il luogo della morte) Dopo aver sconfitto la morte (riconoscendo che la vita è eterna) tornò di nuovo al corpo, che poi si sollevò dalla bara , dopo di che fu salutato come un fratello dai sacerdoti, che credevano fosse tornato dalla terra dei morti. Questo concetto era, in sostanza, l’insegnamento dei Misteri.

I SALVATORI CROCIFISSI

L’elenco dei mortali senza morte che hanno sofferto per l’uomo affinché potesse ricevere il dono della vita eterna è imponente. Tra quelli connessi storicamente o allegoricamente con una crocifissione sono Prometeo, Adone, Apollo, Arys, Bacco, Buddha, Christna, Horus, Indra, Ixion, Mitra, Osiride, Pitagora, Quetzalcoatl, Semiramide e Giove. Secondo i frammentari resoconti esistenti, tutti questi eroi hanno dato la vita al servizio dell’umanità e, con una o due eccezioni, sono morti come martiri per la causa del progresso umano. In molti modi misteriosi il modo della loro morte è stato progettato in modo nascosto, ma è possibile che molti di loro siano stati crocifissi su una croce o un albero. Il primo amico dell’uomo, l’immortale Prometeo, fu crocifisso sull’apice del Monte Caucaso e un avvoltoio fu posto sul suo fegato per tormentarlo per l’eternità graffiando e strappando la sua carne con i suoi artigli. Prometeo disobbedì all’ordine di Zeus portando fuoco e immortalità all’uomo, quindi l’uomo soffrì fino alla venuta di Ercole che lo liberò dalla sua prigionia.

Per quanto riguarda la crocifissione del Mitra persiano, JP Lundy ha scritto: “Dupuis ci dice che Mitra fu messo a morte per crocifissione, e resuscitò il 25 marzo. Nei Misteri persiani il corpo di un giovane, apparentemente morto, veniva esibito, pretendendo che fosse stato riportato in vita. Si credeva che con le sue sofferenze avesse operato la loro salvezza, e per questo motivo fu chiamato il loro Salvatore. I suoi sacerdoti osservarono la sua tomba fino alla mezzanotte della vigilia del 25 marzo; quando all’improvviso della luce emerse da tutte le parti, il sacerdote gridò, Rallegrati, O sacro iniziato, il tuo Dio è risorto. La sua morte, i suoi dolori e le sue sofferenze hanno operato la tua salvezza. ” (Vedi il Cristianesimo monumentale).

In alcuni casi, come in quello del Buddha, il mito della crocifissione deve essere preso in senso allegorico piuttosto che letterale, poiché il modo della sua morte è stato registrato dai suoi stessi discepoli nel Libro del Grande Decesso. Tuttavia, il semplice fatto che il riferimento simbolico alla morte su un albero sia stato associato a questi eroi è sufficiente per dimostrare l’universalità della storia della crocifissione.

L’equivalente indiano di Cristo è l’immortale Christna, che, seduto nella foresta suonando il flauto, incantava gli uccelli e le bestie con la sua musica. Si suppone che questo Salvatore dell’umanità divinamente ispirato sia stato crocifisso su un albero dai suoi nemici, ma è stata posta grande cura nel distruggere qualsiasi prova che vada in quella direzione. Louis Jacolliot, nel suo libro La Bibbia in India, descrive così la morte di Christna: “Christna capì che era giunto il momento per lui di lasciare la terra e tornare nel seno di colui che lo aveva mandato. Proibi` ai suoi discepoli di seguirlo, un giorno, andò a fare le sue abluzioni sulle rive del Gange * * *. Arrivato al fiume sacro, si tuffò tre volte in esso, poi, inginocchiandosi e guardando il cielo, pregò, aspettando la morte. In questa posizione fu trafitto dalle frecce da uno di quelli di cui aveva svelato i crimini e che, sentendo parlare del suo viaggio nel Gange, aveva, con dei compagni, seguito un piano per assassinarlo* * *. il corpo del Dio-uomo fu sospeso sui rami di un albero dal suo assassino, affinché potesse diventare preda di avvoltoi. Dopo la notizia della morte, la gente venne in mezzo alla folla diretta da Ardjouna, il più caro dei discepoli di Christna, per recuperare i suoi resti sacri, ma il corpo mortale era scomparso – senza dubbio aveva riacquistato le dimore celesti * * * e l’albero a cui era stato attaccato si era improvvisamente coperto di grandi fiori rossi e aveva diffuso attorno a sé il profumo più dolce. ” Altri resoconti sulla morte di Christna dichiarano che fu legato a un albero a forma di croce prima che le frecce fossero puntate su di lui.

L’esistenza in The Hindu Pantheon di Moor di una immagine di Christna con ferite da chiodi nelle mani e nei piedi, e un immagine in Ancient Faiths di Inman che mostra una divinità orientale con quello che potrebbe benissimo essere un buco in un piede, dovrebbe essere un motivo sufficiente per ulteriori approfondimenti su questo argomento da parte di menti imparziali. Per quanto riguarda le sorprendenti scoperte che possono essere fatte lungo queste linee, JP Lundy nel suo Monumental Christianity presenta le seguenti informazioni: “Da dove i persiani ottennero la loro profezia su Cristo, e la sua misericordia salvifica e l’amore mostrati sulla croce “Sia il simbolo che il crocifisso reale e` presente in tutti i loro monumenti. Se proveniva dall’India, come ci è arrivato, se non dal centro comune e originale di tutta la religione primitiva e pura? C’è un piatto straordinario, illustrativo dell’intero soggetto, la cui rappresentazione ritengo sia anteriore al cristianesimo, è copiata dal Pantheon indù di Moor, non come una curiosità, ma come il monumento più singolare del crocifisso. Non mi azzardo a dargli un nome, diverso da quello di una crocifissione nello spazio. * * * Può essere l’uomo-vittima, della mitologia indù, che si è offerto in sacrificio al mondo? Può essere il secondo Dio di Platone che ha lasciato la sua impressione nell’universo sotto forma di croce? O è il suo uomo divino che sarebbe stato flagellato, tormentato, incatenato, accecato; e infine, avendo subito ogni sorta di mali, sarebbe stato crocifisso? Platone apprese la sua teologia in Egitto e in Oriente e deve aver saputo della crocifissione di Krishna, Buddha, Mithra. Ad ogni modo, la religione dell’India aveva la sua mitica vittima crocifissa da molto prima del cristianesimo,

LA CROCE TAU.

La croce TAU fu il segno che il Signore disse al popolo di Gerusalemme di segnarsi sulla fronte, come riferito dal profeta Ezechiele. Fu anche posto come simbolo di liberazione su coloro che erano accusati di crimini ma che vennero assolti

Sia la croce che il cerchio erano simboli fallici, poiché il mondo antico venerava i poteri generativi della Natura in quanto espressivi degli attributi creativi della Divinità. La Crux Ansata, combinando il TAU maschile con l’ovale femminile, ha esemplificato i principi della generazione.

APOLLONIO DI TYANA.

Da Historia Deorum Fatidicorum.

Per quanto riguarda Apollonio e i suoi straordinari poteri, Francis Barrett, nella sua Biografia di Antiqua, dopo aver descritto come Apollonio represse una rivolta senza dire una parola, continua: “Ha viaggiato molto, si è professato legislatore; ha capito tutte le lingue, senza averle imparate; aveva la sorprendente facoltà di sapere che cosa fu fatto a una distanza immensa, e al tempo in cui l’Imperatore Domiziano fu accoltellato, Apollonio, che si trovava a grande distanza e si trovava nel mercato della città, esclamò: “Colpisci! Colpisci! -” è il momento, il tiranno non c’è più. Comprendeva il linguaggio degli uccelli, ha condannato la danza e altre diversioni di quel tipo. Ha raccomandato la carità e la pietà; ha viaggiato in quasi tutti i paesi del mondo; ed è morto ad un’età molto avanzata. “

Il mondo moderno è stato ingannato nel suo atteggiamento verso le cosiddette divinità pagane, ed è arrivato a vederle in una luce completamente diversa dai loro veri personaggi e significati. Il ridicolo e la calunnia accumulati dalla cristianità su Christna e Bacco sono eccellenti esempi della persecuzione dei principi immortali da parte di coloro che non hanno assolutamente percepito il significato segreto delle allegorie. Chi era l’uomo crocifisso della Grecia, riguardo a quali vaghe voci sono venute a galla? Higgins pensa che fosse Pitagora, la vera storia della cui morte fu soppressa dai primi autori cristiani perché era in conflitto con i loro insegnamenti. Era vero anche che i legionari romani portavano sul campo di battaglia stendardi su cui erano croci che portavano l’uomo solare crocifisso?

LA CROCIFISSIONE DI QUETZALCOATL

Uno dei più notevoli tra i salvatori del mondo crocifissi è il dio dei venti e del sole centroamericano, Quetzalcoatl, riguardo alle cui attività venivano mantenute grandi segretezze dai sacerdoti indiani del Messico e dell’America centrale. Questo strano immortale, il cui nome significa serpente piumato, sembra essere uscito dal mare, portando con sé una croce misteriosa. I suoi abiti erano impreziositi da nuvole e croci rosse. In suo onore, grandi serpenti scolpiti nella pietra furono collocati in diverse parti del Messico.

La croce di Quetzalcoatl divenne un simbolo sacro tra i Maya e, secondo i documenti disponibili, gli angeli indiani Maya avevano croci di vari pigmenti dipinti sulla fronte. Croci simili furono poste sopra gli occhi di quelli iniziati nei loro Misteri. Quando Cortez arrivò in Messico, portò con sé la croce. Riconoscendo questo, gli indigeni pensarono che fosse tornato Quetzalcoatl, poiché quest’ultimo aveva promesso di tornare in futuro e riscattare il suo popolo.

In Anacalypsis, Godfrey Higgins getta un po ‘ di luce sulla croce e il suo simbolismo in America: “Gli Incas avevano una croce di marmo molto fine, o un bellissimo diaspro, lucidato a specchio era custodito in una camera sacra di un palazzo e tenuto in grande venerazione. Gli spagnoli arricchirono questa croce di oro e gioielli e la collocarono nella cattedrale di Cuzco. I templi messicani hanno la forma di una croce e si affacciano sui quattro punti cardinali. Quexalcoatl è rappresentato nei dipinti del Codice Borgiano inchiodato alla croce. A volte anche i due ladri sono lì crocifissi con lui. In Vol. II. tavola 75, il Dio è crocifisso nei Cieli , in un cerchio di diciannove figure, il numero del ciclo metonico. Un serpente lo sta privando degli organi generativi. Nel Codice Borgiano, (pp. 4, 72, 73, 75,) il dio messicano è rappresentato crocifisso e inchiodato sulla croce e appeso ad un altro punto con una croce tra le mani. E in un caso, in cui la figura non è semplicemente delineata, la croce è rossa, i vestiti sono colorati e il viso e le mani sono piuttosto scuri.

La crocifissione della Parola nello spazio, la crocifissione della colomba spesso vista nel simbolismo religioso – entrambi questi sono ricordi del paganesimo. Il fatto che una croce sia formata dalle ali spiegate di un uccello in relazione al suo corpo è senza dubbio uno dei motivi per cui gli egiziani hanno usato un uccello per simboleggiare la natura immortale dell’uomo e spesso lo mostrano librarsi sul corpo mummificato di i morti e portando in uno dei suoi artigli il segno della vita e nell’altro il segno del respiro.

I CHIODI DELLA PASSIONE

I tre chiodi della Passione hanno trovato la loro strada nel simbolismo di molte razze e fedi. Ci sono molte leggende su questi chiodi. Una di queste è che originariamente c’erano quattro chiodi, ma uno è stato smaterializzato da un cabalista e mago ebraico proprio mentre stavano per inserire i chiodi nei piedi del Maestro. Quindi è stato necessario incrociare i piedi. Un’altra leggenda narra che uno dei chiodi fu martellato nella corona e che esiste ancora come diadema imperiale di una casa europea. Ancora un’altra storia narra che uno dei chiodi si trovi nel cavallo di Costantino. È improbabile, tuttavia, che i chiodi fossero fatti di ferro, poiché a quel tempo era consuetudine usare pioli di legno affilati. Hargrave Jennings, nei suoi Rosacroce, I loro riti e misteri, richiama l’attenzione sul fatto che il segno usato in Inghilterra per designare la proprietà reale e chiamato la freccia larga non è altro che i tre chiodi della crocifissione raggruppati insieme, e che posizionandoli punto a punto si forma l’antico simbolo della croce egizia TAU.

Nella sua antica massoneria, Frank C. Higgins riproduce il grembiule massonico di una colossale figura di pietra a Quirigua, in Guatemala. L’ornamento centrale del grembiule sono i tre chiodi della Passione, disposti esattamente come la larga freccia britannica. Che tre chiodi debbano essere usati per crocifiggere il Cristo, tre assassini per uccidere Chiram Abiff e tre ferite per uccidere il principe Coh, l’Osiride messicano, è significativo.

CW King, nei suoi Gnostici e i loro resti, descrive così una gemma gnostica: “Il pleroma gnostico, o combinazione di tutti gli Æoni [è] espresso dal contorno di un uomo che tiene un rotolo * * *. La mano sinistra è formata come tre punte o chiodi piegati; inconfondibilmente lo stesso simbolo che Belus tiene spesso nella sua mano estesa sui cilindri babilonesi, successivamente scoperto dai cabalisti ebrei nei punti della lettera Shin e dai mistici medioevali nei Tre Chiodi della Croce “. Da questo punto Hargrave Jennings continua le speculazioni di King, notando la somiglianza del chiodo con un obelisco o pilastro e che il valore cabalistico della lettera ebraica Shin, o Sin, è 300, vale a dire 100 per ogni chiodo.

I chiodi della Passione sono simboli molto importanti, specialmente quando si realizza che, secondo i sistemi esoterici della cultura, ci sono alcuni centri segreti di forza nei palmi delle mani e nella pianta dei piedi.

I chiodi e il flusso di sangue e acqua dalle ferite erano il simbolo di alcune pratiche filosofiche segrete del Tempio. Molte divinità orientali hanno simboli misteriosi su mani e piedi. Le cosiddette impronte di Buddha sono solitamente abbellite da un magnifico raggio di sole nel punto in cui il chiodo trafigge il piede di Cristo.

Nelle sue note sulla teologia di Jakob Böhme, il Dr. Franz Hartmann riassume così il mistico simbolismo della crocifissione: “La croce rappresenta la vita terrestre e la corona di spine le sofferenze dell’anima nel corpo elementare, ma anche la vittoria dello spirito sugli elementi dell’oscurità. Il corpo è nudo, per indicare che il candidato all’immortalità deve spogliarsi di tutti i desideri per le cose terrestri. La figura è inchiodata sulla croce, che simboleggia la morte e la resa della volontà personale e che non dovrebbe tentare di realizzare nulla con il proprio potere, ma semplicemente servire come strumento in cui viene eseguita la Divina Volontà. Sopra la testa sono incise le lettere: INRJ il cui significato più importante è: In Nobis Regnat Jesus (Dentro noi stessi regna Gesù). Ma questo significato di questa iscrizione può essere praticamente conosciuto solo da coloro che sono effettivamente morti relativamente al mondo dei desideri e si sono alzati al di sopra della tentazione; o, per esprimerlo in altre parole, quelli che sono diventati vivi in ​​Cristo e in cui è stato stabilito il regno di Gesù (la santa volontà-amore che scaturisce dal cuore di Dio). “Una delle interpretazioni più interessanti dell’allegoria della crocifissione è quella che identifica l’uomo Gesù con la coscienza personale dell’individuo, è questa coscienza personale che concepisce e dimora nel senso di separazione, e prima che l’anima aspirante possa riunirsi al sempre presente e tutto- pervadente Padre questa personalità deve essere sacrificata affinché la Coscienza Universale possa essere liberata.

LA CROCIFISSIONE Di QUETZALCOATL.
(Dal Codice Borgianus.)

LA CROCIFISSIONE NELLO SPAZIO.

Dall’anacalipsi di Higgins.

Di questo straordinario disegno orientale, J. P. Lundy ha scritto: —- Sembra un crocifisso cristiano sotto molti aspetti, e in altri no. Il disegno, l’atteggiamento e i segni dei chiodi nelle mani e nei piedi indicano un’origine cristiana; mentre la coroncina partica di sette punte, l’assenza del legno e della solita iscrizione e i raggi di gloria sopra sembrano indicare un’origine cristiana. Può essere la vittima, l’uomo o il sacerdote parte della mitologia indù, che ha offerto un sacrificio per salvare il mondo? “

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: La Cristianita` Mistica

La vera storia della vita di Gesù di Nazaret non è mai stata spiegata al mondo, né nei Vangeli accettati né negli Apocrifi, anche se alcuni commenti possono essere trovati in alcuni dei commenti scritti dai Padri ante-Nicene. I fatti riguardanti la sua identità e missione sono tra i misteri inestimabili conservati fino ad oggi nelle volte segrete sotto le “Case dei Fratelli”. Ad alcuni dei Cavalieri Templari, che furono iniziati negli arcani dei Drusi, dei Nazareni, degli Esseni, dei Johanniti e di altre sette che abitano ancora luoghi remoti e inaccessibili della Terra Santa, fu raccontata parte della strana storia. La conoscenza dei Templari sulla storia antica del cristianesimo fu senza dubbio una delle ragioni principali della loro persecuzione e del loro annientamento finale. Le discrepanze negli scritti dei primi Padri della Chiesa non solo sono inconciliabili, ma dimostrano senza dubbio che anche nei primi cinque secoli dopo Cristo questi uomini istruiti avevano come base dei loro scritti qualcosa di un po ‘ più sostanziale del folklore e del sentito dire. Per il credente semplice tutto è possibile e non ci sono problemi. La persona senza emozioni alla ricerca di fatti, tuttavia, si trova di fronte a una serie di problemi con fattori incerti, di cui i seguenti sono tipici:

Secondo la concezione popolare, Gesù fu crocifisso durante il trentatreesimo anno della sua vita e nel terzo anno del suo ministero dopo il suo battesimo. Intorno al 180 d.C., San Irenæus, vescovo di Lione, uno dei più eminenti teologi ante-Nicene, scrisse contro le eresie, un attacco alle dottrine degli gnostici. In quest’opera Irenæus dichiarò sull’autorità degli stessi Apostoli che Gesù visse fino alla vecchiaia. Citando l’autore: “Loro, tuttavia, per poter stabilire la loro falsa opinione riguardo a ciò che è scritto, “per proclamare l’anno accettabile del Signore “, sostennero che predicò per un solo anno, e poi soffrì nel dodicesimo mese. [ Parlando così], distruggono tutta la sua opera e lo derubano di quell’età che è più necessaria e più onorevole di ogni altra; quell’età più avanzata, intendo, durante la quale insegno. Eccelleva su tutti gli altri, come avrebbe potuto avere i suoi discepoli, se non avesse insegnato? E come avrebbe potuto insegnare, a meno che non avesse raggiunto l'età di Maestro? Perché quando fu battezzato, non era alla fine del suo trentesimo anno, ma era all'inizio (basandosi su Luca, che menziono la sua eta, disse: “Ora Gesù era all’inizio dei suoi trent’anni”, quando arrivò a ricevere il battesimo); e (secondo questi uomini) predico` solo un anno, calcolando il suo battesimo. Dopo aver compiuto il suo trentesimo anno ha sofferto, essendo in realtà ancora un giovane uomo il quale non aveva raggiunto l’età avanzata. Ora, il primo stadio della vita abbraccia i trent’anni e si estende fino al quarantesimo anno, penso tutti siano d’accordo su questo; ma dal quarantesimo e dal cinquantesimo anno un uomo inizia a declinare verso la vecchiaia, che il Nostro Signore raggiunse mentre adempiva ancora all’ufficio di Maestro, proprio come testimoniano il Vangelo e tutti gli anziani; coloro che conversarono in Asia con Giovanni, discepolo del Signore, (affermarono) che Giovanni trasmise loro quell’informazione. E rimase in mezzo a loro fino al tempo di Traiano. Alcuni di loro, inoltre, videro non solo Giovanni, ma anche gli altri apostoli, e ascoltarono lo stesso racconto da loro e testimoniarono della (validità della) dichiarazione. A chi dovremmo piuttosto credere? Ad uomini come questi, o come Tolomeo, che non hanno mai visto gli apostoli e che nemmeno nei loro sogni hanno mai visto la minima traccia di un apostolo? ”

Commentando il passaggio precedente, Godfrey Higgins osserva che fortunatamente è sfuggito alle mani di quei distruttori che hanno tentato di rendere coerenti le narrazioni evangeliche cancellando tutte queste affermazioni. Osserva anche che la dottrina della crocifissione era un vexata questio tra i cristiani anche durante il secondo secolo. “Le prove di Irenæus”, dice, “non possono essere toccate. Su tutti i principi della sana critica e della dottrina delle probabilità, è insuperabile.”

Va inoltre notato che Irenæus preparò questa affermazione per contraddire un’altra apparentemente attuale ai suoi tempi, secondo cui il ministero di Gesù durò solo un anno. Di tutti i primi Padri, Irenæus, che scrisse entro ottanta anni dalla morte di San Giovanni Evangelista, avrebbe dovuto avere informazioni ragionevolmente accurate. Se i discepoli stessi hanno riferito che Gesù visse fino ad un’eta` avanzata, perché il misterioso numero 33 è stato scelto arbitrariamente per simboleggiare la durata della sua vita? Gli episodi della vita di Gesù furono volutamente modificati in modo tale che le sue azioni si adattassero più strettamente al modello stabilito dai numerosi dei-Salvatore che lo hanno preceduto? Il fatto che queste analogie siano state riconosciute e utilizzate come leva per la conversione di Greci e Romani è evidente da una lettura degli scritti di Giustino Martire, un’altra autorità del II secolo. Nelle sue Apologie, Giustino si rivolge così ai pagani:

“E quando diciamo che la Parola, è stata prodotta senza unione sessuale, e che Lui, Gesù Cristo, il nostro Maestro, è stato crocifisso e morto, risorto, e risuscitato in cielo, non proponiamo nulla di diverso da ciò in cui credete riguardo a coloro che chiamate figli di Giove. * * * E se affermiamo che la Parola di Dio è nata da Dio in un modo peculiare, diverso dall’ordinario processo di generazione, non dovrebbe essere nulla di straordinario per te, che dici che Mercurio è la parola angelica di Dio. Ma se qualcuno obietta che è stato crocifisso, anche in questo è alla pari con quei tuoi famosi figli di Giove, che hanno sofferto come abbiamo ora enumerato.”

Da ciò è evidente che i primi missionari della Chiesa cristiana erano molto più disposti ad ammettere le somiglianze tra la loro fede e le fedi dei pagani rispetto ai loro successori nei secoli successivi.

Nel tentativo di risolvere alcuni dei problemi derivanti da qualsiasi tentativo di descrivere una cronaca accurata della vita di Gesù, è stato suggerito che in quel periodo potrebbero essere vissuti in Siria due o più insegnanti religiosi che portavano il nome di Gesù, Jehoshua o Giosuè, e che le vite di questi uomini possano essere state confuse nelle storie del Vangelo. Nelle sue sette segrete di Siria e Libano, Bernard H. Springett, un autore massonico, cita un libro antico, il cui nome non era libero di rivelare a causa della sua connessione con il rituale di una setta. L’ultima parte della sua citazione è pertinente all’argomento in questione:

“Ma Geova diffuse il seme degli Esseniani, nella santità e nell’amore, per molte generazioni. Poi venne il capo degli angeli, secondo il comandamento di DIO, a suscitare un erede della Voce di Geova. E, in quattro generazioni inoltre nacque un erede che si chiamò Giosuè ed era figlio di Giuseppe e Mara, devoti adoratori di Geova, che si distinsero da tutte le altre persone tranne che dagli Esseniani. E questo Giosuè, a Nazaret, ristabilì Geova e restaurò molti dei riti e delle cerimonie perdute. Nel trentaseiesimo anno della sua età fu lapidato a morte a Gerusalemme * * * ”

LA TAVOLA ROTONDA DI RE ARTU`.

Da I ​​Rosacroce, i loro riti e misteri di Jennings.

Secondo la tradizione, Artu, raggiunta l'eta di quindici anni, fu incoronato re di Gran Bretagna, nel 516 d.C. Poco dopo la sua ascesa al trono, fondò l’Ordine dei Cavalieri della Tavola Rotonda a Windsor. Successivamente i Cavalieri si incontrarono ogni anno a Carleon, Winchester o a Camelot, per celebrare la Pentecoste. Da tutte le parti d’Europa arrivarono i coraggiosi e gli audaci, in cerca di ammissione in questo nobile ordine di cavalieri britannici. La nobiltà, la virtù e il valore erano i suoi requisiti e coloro che possedevano queste qualità in misura notevole furono accolti alla corte di Re Artù a Camelot. Avendo raccolto su di lui i cavalieri più coraggiosi e nobili d’Europa, re Artù ne scelse ventiquattro che eccellevano in tutti gli altri in audacia e integrità costruendo il Cerchio della Tavola Rotonda. Secondo la leggenda, ciascuno di questi cavalieri era così grande in dignità e potere che nessuno poteva occupare un posto più elevato dell’altro, quindi quando si radunarono al tavolo per celebrare l’anniversario della loro fondazione era necessario usare una tavola rotonda che tutti potessero occupare con uguale importanza.

Mentre è probabile che l’Ordine della Tavola Rotonda avesse i suoi rituali e simboli distintivi, la loro conoscenza non è sopravvissuta ai secoli. Elias Ashmole, nel suo volume sull’Ordine della Giarrettiera, inserì una piastra a doppia pagina che mostrava le insegne di tutti gli ordini di cavalieri, quello per il simbolo della Tavola Rotonda fu lasciato in bianco. Il motivo principale della perdita del simbolismo della Tavola Rotonda fu la prematura scomparsa di Re Artù sul campo di Kamblan (542 d.C.) nel quarantunesimo anno della sua vita. Mentre distrusse il suo mortale nemico, Mordred, in questa famosa battaglia, ci lascio` non solo la sua stessa vita, ma le vite di quasi tutti i suoi Cavalieri della Tavola Rotonda, che sono morti difendendo il loro comandante.

Nel secolo scorso sono stati pubblicati numerosi libri per integrare le magre descrizioni nei Vangeli di Gesù e nel Suo ministero. In alcuni casi queste narrazioni affermano di essere basate su antichi manoscritti scoperti di recente; in altri, su rivelazioni spirituali dirette. Alcuni di questi scritti sono altamente plausibili, mentre altri sono incredibili. Ci sono voci persistenti che Gesù abbia visitato e studiato sia in Grecia che in India, e che venne prodotta una moneta in suo onore in India. È noto che in Tibet esistano documenti paleocristiani e i monaci di un monastero buddista di Ceylon conservano ancora un documento che indica che Gesù soggiornò con loro e divenne familiare con la loro filosofia.

Sebbene il primo cristianesimo mostri ogni prova di influenza orientale, questo è un argomento che la chiesa moderna rifiuta di discutere. Se si stabilira` senza ombra di dubbio che Gesù era un iniziato ai misteri pagani greci o asiatici, è probabile che l’effetto sui membri più conservatori della fede cristiana sara` cataclismico. Se Gesù era Dio incarnato, come scoprirono i solenni concili della chiesa, perché nel Nuovo Testamento troviamo questa frase “proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec“? Le parole “secondo l’ordine” rendono Gesu` membro di un ordine dove ci sarebbero stati degli adepti con pari o addirittura superiore dignità a lui. Se i “Melchizedek” fossero stati i sovrani divini o sacerdotali delle nazioni della terra prima dell’inaugurazione del sistema di sovrani temporali, allora le dichiarazioni attribuite a San Paolo indicherebbero che Gesù o era uno di questi “eletti filosofici” o che stava tentando di ristabilire il loro sistema di governo. Si ricordi che Melchizedek eseguì la stessa cerimonia del bere il vino e dello spezzare il pane fatto da Gesù nell’Ultima Cena.

George Faber dichiara che il nome originale di Gesù era Jescua Hammassiah. Godfrey Higgins ha scoperto due riferimenti, uno nel Midrashjoholeth e l’altro nell’Abodazara (primi commenti ebrei sulle Scritture), secondo cui il cognome della famiglia di Joseph era Pantera, poiché in entrambe queste opere si afferma che un uomo fu guarito “nel nome di Gesù ben Pantera”. Il nome Pantera stabilisce una connessione diretta tra Gesù e Bacco – che è stato allattato dalle pantere ed è talvolta raffigurato mentre cavalca uno di questi animali o in un carro trainato da loro. La pelle della pantera era anche sacra in alcuni cerimoniali iniziatici egiziani. Il monogramma IHS, ora interpretato nel senso di Iesus Hominum Salvator (Gesù Salvatore degli Uomini), è un altro collegamento diretto tra i riti cristiani e bacchici. IHS deriva dal greco ΥΗΣ, che, come indica il suo valore numerico (608), è emblematico del sole e costituiva il nome sacro e nascosto di Bacco. (Vedi I druidi celtici di Godfrey Higgins). Sorge la domanda: il primo cristianesimo romano fu confuso con l’adorazione di Bacco a causa dei numerosi parallelismi nelle due fedi? Se cio` potra` essere provato come vero, molti enigmi finora incomprensibili del Nuovo Testamento saranno risolti.

Non è affatto improbabile che Gesù stesso abbia originariamente proposto come allegorie le attività cosmiche che in seguito furono confuse con la sua stessa vita. Che il Χριστός, Christos, rappresenti l’energia solare venerata da ogni nazione dell’antichità non può essere tralasciato. Se Gesù rivelò la natura e lo scopo di questo potere solare sotto il nome e la personalità di Christos, dando così a questo potere astratto gli attributi di un dio-uomo, seguì un precedente stabilito da tutti i precedenti Insegnanti del mondo. Questo uomo-dio, così dotato di tutte le qualità della Divinità, indica la divinità latente in ogni uomo. L’uomo mortale raggiunge la deificazione solo attraverso l’unione con questo Sé divino. L’unione con il Sé immortale costituisce l’immortalità, e quindi chi trova il suo vero Sé viene “salvato”. Questo Christos, o uomo divino nell’uomo, è la vera speranza che l’uomo ha di salvarsi – il mediatore vivente tra la divinità astratta e l’umanità mortale. Poiché Atys, Adone, Bacco e Orfeo erano con ogni probabilità in origine uomini illuminati che in seguito furono confusi con i personaggi simbolici che crearono come personificazioni di questo potere divino, così Gesù fu confuso con il Christos, o dio-uomo, le cui meraviglie Predicava. Poiché il Christos era l’uomo-dio imprigionato in ogni creatura, era il primo dovere dell’iniziato di liberare, o “resuscitare”, questo Eterno dentro di sé. Colui che ottenne la riunione con il suo Christos fu di conseguenza definito un uomo cristiano o battezzato.

Una delle dottrine più profonde dei filosofi pagani riguardava il Dio-Salvatore universale che elevò le anime degli uomini rigenerati in cielo attraverso la sua stessa natura. Questo concetto fu senza dubbio l’ispirazione per le parole attribuite a Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita: nessun uomo viene al Padre se non per mezzo di me”. Nel tentativo di distinguere la persona di Gesù dal suo Christos, gli scrittori cristiani hanno messo insieme una dottrina che deve essere risolta nei suoi costituenti originali se si vuole riscoprire il vero significato del cristianesimo. Nelle narrazioni evangeliche il Christos rappresenta l’uomo perfetto che, dopo aver attraversato le varie fasi del “Mistero” simboleggiato dai trentatré anni, sale nella sfera celeste dove si riunisce con il suo Eterno Padre. La storia di Gesù come la storia massonica di Hiram Abiff – e` parte di un rituale iniziatico segreto appartenente ai primi misteri cristiani e pagani.

Durante i secoli appena precedenti l’era cristiana, i segreti dei misteri pagani erano gradualmente caduti nelle mani del profano. Per lo studente di religione comparata è evidente che questi segreti, raccolti da un piccolo gruppo di fedeli filosofi e mistici, furono rivestiti con nuovi abiti simbolici e così conservati per diversi secoli sotto il nome di cristianità mistica. Si suppone generalmente che gli Esseni fossero i custodi di questa conoscenza e anche gli iniziatori e gli educatori di Gesù. In tal caso, Gesù fu indubbiamente iniziato nello stesso tempio di Melchizedek, dove Pitagora aveva studiato sei secoli prima.

Gli esseni – la più importante delle prime sette siriane – erano un ordine di pii uomini e donne che vivevano vite di ascetismo, trascorrendo le loro giornate in semplice lavoro e le loro serate in preghiera. Giuseppe Flavio, il grande storico ebreo, ne parla nel modo più assoluto. “Insegnano l’immortalità dell’anima”, dice, “e che bisogna puntare a migliorarsi sempre nel bene”. Aggiunge: “Eppure il loro corso della vita è migliore di quello degli altri uomini e si dedicano completamente all’allevamento.” Il nome Essene dovrebbe derivare da un’antica parola siriana che significa “medico” e si ritiene che queste persone abbiano avuto come scopo dell’esistenza la guarigione dei malati nella mente, nell’anima e nel corpo. Secondo Edouard Schuré, avevano due principali comunità, o centri, uno in Egitto sulle rive del lago Maoris, l’altro in Palestina a Engaddi, vicino al Mar Morto. Alcune autorità fanno risalire gli Esseni alle scuole di Samuele il Profeta, ma la maggior parte concorda su un’origine egiziana o orientale. I loro metodi di preghiera, meditazione e digiuno non erano diversi da quelli dei santi uomini dell’Estremo Oriente. L’appartenenza all’Ordine Essene era possibile solo dopo un anno di prova. Questa scuola di mistero, come tante altre, aveva tre gradi e solo pochi candidati li superarono con successo tutti. Gli esseni furono divisi in due comunità distinte, una composta da celibi e l’altra da membri sposati.

Gli esseni non divennero mai mercanti o entrarono nella vita commerciale delle città, ma si mantennero con l’agricoltura e l’allevamento di pecore per la lana oltre che attraverso mestieri come artigianato e carpenteria. Nei Vangeli e negli Apocrifi, Giuseppe, il padre di Gesù, viene indicato sia come falegname che come vasaio. Nel vangelo apocrifo di Tommaso e anche in quello di Matteo, il bambino Gesù viene descritto mentre lavorava l’argilla formando passeri, che prendevano vita e volavano via quando batteva le mani. Gli esseni erano considerati la classe di ebrei meglio istruita e ci sono resoconti sulla loro scelta come tutor per i figli degli ufficiali romani in Siria. Il fatto che così tanti artigiani fossero elencati tra i loro numeri è responsabile del fatto che l’ordine sia considerato un capostipite della moderna massoneria. I simboli degli Esseni includono una serie di strumenti dei costruttori, e furono segretamente impegnati

 

GIORGIO IL GRANDE E IL COLLARE DELLA GIARRETTIERA.

Dall’ordine della giarrettiera di Ashmole.

L’Ordine della Giarrettiera fu probabilmente formato da Edoardo III a imitazione dei Cavalieri della Tavola Rotonda di Re Artù, la cui istituzione fu dispersa dopo la battaglia di Kamblan. La storia popolare secondo cui la giarrettiera della contessa di Salisbury era l’ispirazione originale per la fondazione dell’ordine è insostenibile. Il motto dell’Ordine della Giarrettiera è “Honi soit qui mal y pense” (Svergognato colui che la pensa male). San Giorgio è considerato il Patrono dell’ordine, poiché simboleggia la natura superiore dell’uomo che vince il drago della sua stessa natura inferiore. Mentre si suppone che San Giorgio abbia vissuto durante il terzo secolo, è probabile che fosse un personaggio mitologico mutuato dalla mitologia pagana.

nell’erezione di un tempio spirituale e filosofico per servire come dimora per il Dio vivente.

Come gli gnostici, gli esseni erano emanazionisti. Uno dei loro principali oggetti era la reinterpretazione della Legge mosaica secondo certe chiavi spirituali segrete conservate da loro dal momento della fondazione dell’ordine. Ne conseguirebbe quindi che gli esseni erano cabalisti e, come molte altre sette contemporanee fiorenti in Siria, attendevano l’avvento del Messia promesso nei primi scritti biblici. Si ritiene che Giuseppe e Maria, i genitori di Gesù, fossero membri dell’Ordine Esseno. Giuseppe fu per molti anni il maestro di Maria. Secondo il Protevangelium, era vedovo con figli adulti, e nel Pseudo Vangelo di Matteo fa riferimento a Maria come ad una bambina di età inferiore rispetto ai suoi nipoti. Nella sua infanzia Maria era dedicata al Signore e gli scritti apocrifi contengono molti resoconti di miracoli associati alla sua prima infanzia. Quando aveva dodici anni, i sacerdoti si consultarono sul futuro di questa bambina che si era dedicata al Signore, e il sommo sacerdote ebreo, con il pettorale, entrò nel Santo dei Santi, dove gli apparve un angelo, dicendo: “Zaccaria, vai avanti e convoca i vedovi del popolo e lascia che prendano una verga a testa e lei sarà la moglie di lui a cui il Signore mostrerà un segno”. Uscendo per incontrare i sacerdoti alla testa dei vedovi, Giuseppe raccolse le verghe di tutti gli altri uomini e le diede in custodia ai sacerdoti. Ora la verga di Giuseppe era lunga solo la metà delle altre e i sacerdoti nel restituire le verghe ai vedovi non prestarono attenzione a quella di Giuseppe, ma la lasciarono nel Santo dei Santi. Quando tutti gli altri vedovi avevano ricevuto le loro bacchette, i sacerdoti attesero un segno dal cielo, ma non accadde nulla. Giuseppe, a causa della sua età avanzata, decise di non partecipare: chiese il ritorno della sua canna, perché per lui era inconcepibile che dovesse essere scelto. Ma un sommo angelo apparve al sommo sacerdote, ordinandogli di restituire la canna corta che giaceva inosservata nel Santo dei Santi. Mentre il sommo sacerdote consegnava la verga a Giuseppe, una colomba bianca volò via da essa e si posò sulla testa del vecchio falegname, e gli fu data la bambina.

L’editore di The Sacred Books and Early Literature of the East richiama l’attenzione sullo spirito peculiare con cui viene trattata l’infanzia di Gesù nella maggior parte dei libri apocrifi del Nuovo Testamento, in particolare in un’opera attribuita a Tommaso che risale al 200 d.C. circa: “Cristo è rappresentato quasi come un diavoletto, maledicendo e distruggendo coloro che lo infastidiscono”. Quest’opera apocrifa, calcolata per ispirare i suoi lettori con paura e tremore, era popolare durante il Medioevo perché era in pieno accordo con lo spirito crudele e perseguitante del cristianesimo medievale. Come molti altri primi libri sacri, il libro di Tommaso fu fabbricato per due scopi strettamente affini: primo, per eclissare i pagani nel miracolo; secondo, ispirare tutti i non credenti con il “timore del Signore”. Scritti apocrifi di questo tipo non hanno in realtà basi possibili. I “miracoli” un tempo punto di forza del cristianesimo erano ora diventati il suo piu` grande punto debole.

Nel Vangelo di Nicodemo si afferma che quando Gesù fu portato alla presenza di Pilato, in molti chinarono i loro capi in suo omaggio nonostante tutti gli sforzi fatti dai soldati per impedirlo. Nelle lettere di Pilato sembra anche che Cesare, essendo adirato nei confronti di Pilato per aver giustiziato un uomo giusto, ordino` che fosse decapitato. Pregando per il perdono, Pilato fu visitato da un angelo del Signore, che rassicurò il governatore romano promettendogli che tutta la cristianità avrebbe dovuto ricordare il suo nome e che quando Cristo sarebbe venuto per la seconda volta per giudicare il suo popolo, (Pilato) avrebbe dovuto presentarsi davanti a lui come suo testimone.

Storie come quelle precedenti rappresentano le incrostazioni che si sono attaccate al corpo del cristianesimo nel corso dei secoli. La stessa mente popolare è stata il guardiano auto-nominato e il perpetuatore di queste leggende, contrastando amaramente ogni sforzo per spogliare la fede di queste discutibili accumulazioni. Mentre la tradizione popolare spesso contiene alcuni elementi basilari della verità, questi elementi sono di solito distorti. Pertanto, mentre le generalità della storia possono essere fondamentalmente vere, i dettagli sono irrimediabilmente errati. Della verità come della bellezza si può dire che è più ornata quando e` disadorna. Attraverso la nebbia di racconti fantastici che oscurano il vero fondamento della fede cristiana è debolmente visibile a pochi discernenti una grande e nobile dottrina comunicata al mondo da un’anima grande e nobile. Giuseppe e Maria, due anime devote e sante, consacrate al servizio di Dio e che sognavano la venuta di un Messia per servire Israele, obbedirono alle ingiunzioni del sommo sacerdote degli Esseni di preparare un corpo per la venuta di un grande anima. Così da un’immacolata concezione nacque Gesù. Per immacolato si intende pulito, piuttosto che soprannaturale.

Gesù fu allevato ed educato dagli Esseni e in seguito iniziato nel più profondo dei loro Misteri. Come tutti i grandi iniziati, dovette viaggiare in direzione est e senza dubbio gli anni silenziosi della sua vita sono stati spesi familiarizzando con quell’insegnamento segreto che in seguito fu comunicato da Lui al mondo. Avendo sperimentato le pratiche ascetiche del Suo ordine, raggiunse il Battesimo. Dopo essersi ricongiunto così con la sua stessa fonte spirituale, andò poi avanti nel nome di Colui che era stato crocifisso da prima dei mondi e, radunandosi attorno a Lui discepoli e apostoli, li istruì in quell’insegnamento segreto che era stato perso – almeno in parte – dalle dottrine di Israele. Il suo destino è sconosciuto, ma con ogni probabilità ha subito quella persecuzione che è la sorte di coloro che cercano di ricostruire i sistemi etici, filosofici o religiosi dei loro tempi.

Alle moltitudini Gesù parlava in parabole; con i suoi discepoli utilizzava la stessa metodologia, elevandola a livello filosofico. Voltaire affermò che Platone avrebbe dovuto essere canonizzato dalla Chiesa cristiana, poiché, essendo il primo sostenitore del mistero di Christos, contribuì più alle sue dottrine fondamentali di qualsiasi altro individuo. Gesù rivelò ai Suoi discepoli che il mondo inferiore è sotto il controllo di un grande essere spirituale che lo aveva modellato secondo la volontà dell’Eterno Padre. La mente di questo grande angelo era sia la mente del mondo che la mente mondana. Affinché gli uomini non morissero di mondanità, l’Eterno Padre ha inviato alla creazione il più grande ed esaltato dei Suoi poteri: la Mente Divina. Questa Mente Divina si è offerta come sacrificio vivente ed è stata spezzata e divorata dal mondo. Avendo dato il suo spirito e il suo corpo in una cena segreta e sacra alle dodici creature razionali, questa Mente Divina divenne parte di ogni essere vivente. All’uomo fu così permesso di usare questo potere come un ponte attraverso il quale poteva passare e raggiungere l’immortalità. Colui che innalzò la sua anima a questa Mente Divina e lo servì fu giusto e, avendo raggiunto la giustizia, liberò questa Mente Divina, che in seguito tornò di nuovo alla sua stessa fonte divina. E poiché aveva portato loro questa conoscenza, i discepoli si dissero l’un l’altro: “Ecco, è lui stesso questa mente personificata!”

IL CICLO ARTURIANO E LA LEGGENDA DEL SANTO GRAAL

Secondo la leggenda, il corpo del Christos (la Legge Spirituale) fu dato in custodia a due uomini, di cui i Vangeli fanno ben poca menzione

JAKOB BÖHME, IL TEOSOFO TEUTONICO.

Dalla traduzione di William Law delle opere di Jakob Böhme.

Jakob Böhme nacque nell’anno 1575 in un villaggio vicino a Gorlitz, e morì in Slesia nel 1624. Non frequento` molto la scuola e venne preso come apprendista in tenera età presso un calzolaio. In seguito divenne calzolaio, si sposò e ebbe quattro figli. Un giorno, mentre si occupava del negozio di scarpe del suo maestro, entrò un misterioso straniero che, mentre sembrava possedere solo pochi beni materiali, appariva il più saggio e nobile nella realizzazione spirituale. Lo sconosciuto chiese il prezzo di un paio di scarpe, ma il giovane Böhme non osò dire un prezzo, per paura di dispiacere al suo padrone. Lo sconosciuto insistette e Böhme finalmente si espresse dicendo il prezzo. Lo sconosciuto le acquistò immediatamente e se ne andò. Poco distante lungo la strada il misterioso straniero si fermò e gridò a gran voce: “Jakob, Jakob vieni fuori.” Stupito e spaventato, Böhme corse fuori di casa. Lo strano uomo fissò i suoi occhi: grandi occhi che brillavano e sembravano pieni di luce divina. Prese la mano destra del ragazzo e si rivolse a lui nel modo seguente: “Jakob, tu sei piccolo, ma sarai grande e diventerai un altro Uomo. Perciò sii pio, temi Dio e riverisci La sua Parola. Leggi diligentemente le Sacre Scritture, in cui hai conforto e istruzione. Perché sopporti molta miseria e povertà e subisci persecuzioni, ma sii coraggioso e perseverante, Dio ama ed è gentile con te. ” Profondamente colpito dalla previsione, Böhme divenne sempre più intenso nella sua ricerca della verità. Alla fine i suoi lavori furono riformulati. Per sette giorni rimase in una condizione misteriosa durante la quale gli furono rivelati i misteri del mondo invisibile. Si dice che Jakob Böhme abbia rivelato a tutta l’umanità i segreti più profondi dell’alchimia. È morto circondato dalla sua famiglia, le sue ultime parole sono “Ora vado quindi in Paradiso”.

Questi erano Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea, entrambi uomini devoti che, sebbene non elencati tra i discepoli o gli apostoli del Christos, erano tra tutti gli uomini scelti per essere custodi dei suoi sacri resti. Giuseppe d’Arimatea fu uno dei fratelli iniziati e viene chiamato da A. E. Waite, nella sua Una nuova enciclopedia di massoneria, “il primo vescovo della cristianità”. così come il potere temporale (o visibile) della Santa Sede è stato istituito da San Pietro (?), così il corpo spirituale (o invisibile) della fede è stato affidato alla “Chiesa segreta del Santo Graal” attraverso la successione apostolica da Giuseppe d’Arimatea, nella cui custodia erano stati dati i simboli perpetui dell’alleanza: la coppa sempre fluente e la lancia sanguinante.

Presumibilmente obbedendo alle istruzioni di San Filippo, Giuseppe d’Arimatea, portando le sacre reliquie, raggiunse la Gran Bretagna dopo aver attraversato molte e varie difficoltà. Qui gli fu assegnato un sito per l’erezione di una chiesa, e in questo modo fu fondata l’Abbazia di Glastonbury. Giuseppe ha piantato il suo bastone sulla terra e ha messo radici, diventando un miracoloso cespuglio di spine che sbocciava due volte l’anno e che ora è chiamato la spina di Glastonbury. La fine della vita di Giuseppe d’Arimatea è sconosciuta. Secondo alcuni si ritiene che fosse sepolto nell’Abbazia di Glastonbury. Sono stati fatti ripetuti tentativi di trovare il Santo Graal, che molti credono essere stato nascosto in una cripta sotto l’antica abbazia. Il calice di Glastonbury scoperto di recente e dal devoto supposto essere il Sangreal originale difficilmente può essere accettato come autentico dall’investigatore critico. Al di là del suo interesse intrinseco come reliquia, come il famoso calice di Antiochia, in realtà non prova nulla quando ci si rende conto che praticamente si sapeva poco di più sui Misteri Cristiani diciotto secoli fa di quanto si possa scoprire oggi.

L’origine del mito del Graal, come di quasi tutti gli altri elementi del grande dramma, è curiosamente sfuggente. Basi sufficienti per questo possono essere trovate nel folklore delle Isole britanniche, che contiene molti resoconti di calderoni magici, bollitori, tazze e corna da bere. Le prime leggende del Graal descrivono la coppa come un corno. Il suo contenuto era inesauribile e coloro che bevevano da esso non avevano mai fame o sete. Un resoconto afferma che, per quanto disperatamente malata possa essere una persona, sarebbe guarita. Alcune autorità ritengono che il Santo Graal sia la perpetuazione della coppa santa usata nei riti di Adone e Atys. Una tazza o un calice di comunione veniva usato in molti degli antichi Misteri, e il dio Bacco è spesso simboleggiato sotto forma di vaso, coppa o urna. Nell’adorazione della natura, il Graal, che scorre sempre, significa la generosità del raccolto mediante il quale viene sostenuta la vita dell’uomo; come la brocca senza fondo di Mercurio, è la fontana inesauribile della fonte naturale. Dalle prove a disposizione sarebbe davvero errato attribuire un’origine puramente cristiana al simbolismo del Graal.

Nel ciclo Arturiano appare una figura strana e misteriosa – Merlino, il mago. In una delle leggende che lo riguardano è dichiarato che quando Gesù fu mandato a liberare il mondo dalla schiavitù del male, l’avversario decise di inviare un anticristo per annullare le sue fatiche. Il diavolo quindi sotto forma di un orribile drago rapi` una giovane donna che si era rifugiata nel santuario per sfuggire al male che aveva distrutto la sua famiglia. Quando nacque Merlino, suo figlio, aveva le caratteristiche della madre umana e del padre demone. Merlino, tuttavia, non servì i poteri delle tenebre ma, convertendosi alla vera luce, mantenne solo due dei poteri soprannaturali ereditati da suo padre: profezia e miracoli. La storia del padre infernale di Merlino deve davvero essere considerata come un’allusione allegorica al fatto che fosse un “figlio filosofico” del serpente o drago, un titolo applicato a tutti gli iniziati dei Misteri, che riconoscono così la Natura come la loro madre mortale e saggezza nella forma del serpente o drago come il loro Padre immortale. La confusione del drago e del serpente con i poteri del male è risultata come inevitabile conseguenza dell’errata interpretazione dei primi capitoli della Genesi.

Artù, da bambino venne affidato alla custodia di Merlino, il Mago, e nella sua giovinezza fu da lui istruito nella dottrina segreta e probabilmente iniziato ai segreti più profondi della magia naturale. Con l’aiuto di Merlino, Artu divenne il principale generale della Gran Bretagna, un grado di dignità che è stato confuso con la regalità. Dopo che Arthur aveva estratto la spada di Branstock dall’incudine e stabilito in tal modo il suo divino diritto alla leadership, Merlino lo aiutò ulteriormente a mettere in salvo la sacra spada Excalibur dalla Signora del Lago. Dopo l’istituzione della Tavola Rotonda, dopo aver adempiuto al suo dovere, Merlino scomparve, secondo un resoconto svani` nell’aria, dove esiste ancora come un’ombra che comunica con i mortali; secondo un altro, si ritiro` da solo in una grande volta in pietra che sigillò dall’interno.

È abbastanza certo che molte leggende su Carlo Magno furono in seguito associate ad Artu, il quale ha istituito l’Ordine della Tavola Rotonda a Winchester. In una storia il Tavolo era dotato dei poteri di espansione e contrazione in modo che quindici o millecinquecento potessero essere seduti attorno ad esso, secondo qualunque necessità potesse sorgere. I resoconti più comuni fissano il numero di cavalieri che potevano sedere contemporaneamente alla Tavola Rotonda a dodici o ventiquattro. I dodici significano i segni dello zodiaco e anche gli apostoli di Gesù. I nomi dei cavalieri e i loro stemmi araldici erano impressi sulle loro sedie. Quando ventiquattro sono mostrati seduti al Tavolo, ciascuno dei dodici segni dello zodiaco è diviso in due parti – uno luminoso e uno oscuro – per indicare le fasi notturna e diurna di ciascun segno. Mentre ogni segno dello zodiaco ascende per due ore ogni giorno, così i ventiquattro cavalieri rappresentano le ore, i ventiquattro anziani davanti al trono nell’Apocalisse e le ventiquattro divinità persiane che rappresentano gli spiriti delle divisioni del giorno. Al centro della Tavola c’era la rosa simbolica della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, il simbolo della risurrezione in quanto “risuscitò” dai morti. C’era anche un misterioso posto vuoto chiamato Seggio Vacante in cui nessuno poteva sedere se non colui che aveva avuto successo nella sua ricerca del Santo Graal.

Nella personalità di Artu si trova una nuova forma del mito cosmico sempre ricorrente. Il principe d’Inghilterra è il sole, i suoi cavalieri sono lo zodiaco e la sua spada lampeggiante può essere il raggio del sole con cui combatte e sconfigge i draghi dell’oscurità o può rappresentare l’asse terrestre. La tavola rotonda di Artu` è l’universo; il Seggio Vacante il trono dell’uomo perfetto. Nel suo senso terrestre, Artu era il Gran Maestro di una confraternita segreta cristiano-massonica di mistici filosofici che si definivano cavalieri. Artu ricevette la posizione esaltata di Gran Maestro di questi Cavalieri perché era riuscito ad estrarre la spada (spirito) dall’incudine dei metalli di base (la sua natura inferiore). Come sempre accade, lo storico Artu` presto fu confuso con le allegorie e i miti del suo ordine. Dopo la morte di Artu` sul campo di Kamblan, i suoi Misteri cessarono ed esotericamente fu portato via su una chiatta nera, come è così magnificamente descritto da Tennyson nel suo Morte d’Artu`. Anche la grande spada Excalibur fu ricacciata nelle acque dell’eternità – tutto ciò è una vivida rappresentazione della discesa della notte cosmica alla fine del Giorno della Manifestazione Universale. Il corpo dell’Artu` storico fu probabilmente sepolto nell’Abbazia di Glastonbury, un edificio strettamente identificato con i riti mistici sia del Graal che del ciclo arturiano.

I rosacroce medievali erano indubbiamente in possesso del vero segreto del ciclo arturiano e della leggenda del Graal, gran parte del loro simbolismo era stato incorporato in quell’ordine. Sebbene sia la più ovvia di tutte le chiavi del mistero di Christos, la leggenda del Graal ha ricevuto la minima considerazione.

IL SIMBOLISMO DEL NIMBO E DELLE AUREOLE.

Dal manuale del simbolismo cristiano di Audsley.

Gli aloni dorati intorno alle teste degli dei pagani e dei santi cristiani si riferiscono sia al loro essere immersi nella gloria del sole sia al fatto che un sole spirituale nella loro stessa natura irradia il suo raggio di luce e li circonda di splendore celeste. Ogni volta che il nimbo è composto da linee radianti diritte, ha un significato solare; ogni volta che linee curve vengono utilizzate per i raggi, partecipa alla natura lunare; ogni volta che sono uniti, simboleggia una fusione armoniosa di entrambi i principi. Il nimbo circolare è solare e maschile, mentre il nimbo a forma di losanga, o vesica piscis, è lunare e femminile. Lo stesso simbolismo è conservato nelle finestre circolari a forma di losanga delle cattedrali. C’è una scienza completa contenuta nella forma, nel colore e negli ornamenti degli aloni di santi e martiri. Un semplice anello d’oro circonda di solito la testa di un santo canonizzato, mentre Dio Padre e Dio Figlio hanno un’aureola molto più ornata, di solito ornata con una croce di San Giorgio, una croce fiorita o una croce lilla, con solo tre delle braccia visibili.

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: Il Crittogramma come fattore importante nella filosofia simbolica

NESSUN trattato che si occupa di simbolismo sarebbe completo senza una sezione dedicata alla considerazione dei crittogrammi. L’uso delle cifre è stato a lungo riconosciuto come indispensabile nei circoli militari e diplomatici, ma il mondo moderno ha trascurato l’importante ruolo svolto dalla crittografia nella letteratura e nella filosofia. Se l’arte di decifrare i crittogrammi potesse essere resa popolare, si tradurrebbe nella scoperta di molta saggezza finora insospettata posseduta da filosofi antichi e medievali. Dimostrerebbe che molti autori apparentemente verbosi e sconclusionati erano prolissi per il bene di nascondere le parole. I cifrari sono nascosti nel modo più sottile: possono essere nascosti nella filigrana del foglio su cui è stampato un libro; possono essere rilegati nelle copertine dei libri antichi; possono essere nascosti sotto impaginazione imperfetta; possono essere estratti dalle prime lettere di parole o dalle prime parole di frasi; possono essere nascosti ad arte in equazioni matematiche o in caratteri apparentemente incomprensibili; possono essere estratti dal gergo dei pagliacci o rivelati dal calore come se fossero stati scritti con inchiostro simpatico; possono essere parole cifrate, lettere cifrate o dichiarazioni apparentemente ambigue il cui significato potrebbe essere compreso solo da ripetute letture accurate; potrebbero essere scoperti nelle lettere iniziali minuziosamente elaborate dei primi libri o potrebbero essere rivelati da un processo di conteggio di parole o lettere. Se coloro che fossero interessati alla ricerca massonica prendessero in seria considerazione questo argomento, avrebbero potuto trovare nei libri e nei manoscritti del XVI e XVII secolo le informazioni necessarie per colmare il divario nella storia massonica che esiste ora tra i Misteri del mondo antico e l’Arte Muratoria degli ultimi tre secoli.

Gli arcani degli antichi Misteri non furono mai rivelati al profano se non attraverso i media dei simboli. Il simbolismo ha adempiuto al duplice ufficio di nascondere le verità sacre ai non iniziati e di rivelarle a coloro che sono qualificati per comprendere i simboli. Le forme sono i simboli di principi divini senza forma; il simbolismo è il linguaggio della natura. Con riverenza il saggio buca il velo e con una visione più chiara contempla la realtà; ma l’ignorante, incapace di distinguere tra falso e vero, vede un universo di simboli. Si può ben dire della Natura – la Grande Madre – che disegna sempre strani simboli sulla superficie delle cose, ma solo ai suoi figli più saggi come ricompensa per la loro fede e devozione rivela l’alfabeto criptico che è la chiave per l’importazione di questi simboli.

I templi degli antichi Misteri hanno evoluto le loro lingue sacre, conosciute solo dai loro iniziati e mai parlate se non nel santuario. I sacerdoti illuminati consideravano sacrilegio discutere le sacre verità dei mondi superiori o le verità divine della Natura eterna nella stessa lingua usata dai volgari per litigare e dissentire. Una scienza sacra deve essere formulata in un linguaggio sacro. Furono anche inventati alfabeti segreti e ogni volta che i segreti dei saggi erano impegnati nella scrittura, venivano impiegati personaggi privi di significato per i non informati. Tali forme di scrittura erano chiamate alfabeti sacri o ermetici. Alcuni – come la famosa scrittura angelica – sono ancora conservati nei gradi superiori della massoneria.

Gli alfabeti segreti non erano del tutto soddisfacenti, tuttavia, sebbene rendessero incomprensibile la vera natura degli scritti, la loro stessa presenza rivelava il fatto di informazioni nascoste – che i sacerdoti cercavano anche di nascondere. Attraverso la pazienza o la persecuzione, le chiavi di questi alfabeti furono infine acquisite e il contenuto dei documenti rivelato agli indegni. Questo ha reso necessario l’impiego di metodi più sottili per nascondere le verità divine. Il risultato è stato la comparsa di sistemi di scrittura criptici progettati per nascondere la presenza sia del messaggio che del crittogramma. Avendo così escogitato un metodo per trasmettere i loro segreti ai posteri, gli illuminati incoraggiarono la circolazione di alcuni documenti appositamente preparati incorporando in essi cifre che contenevano i segreti più profondi del misticismo e della filosofia. Così i filosofi medievali diffondevano le loro teorie in tutta Europa senza suscitare sospetti, poiché i volumi contenenti questi crittogrammi potevano essere sottoposti al controllo più attento senza rivelare la presenza del messaggio nascosto.

Durante il Medioevo decine di scrittori – membri di organizzazioni politiche o religiose segrete – pubblicarono libri contenenti cifre. La scrittura segreta divenne una moda passeggera; ogni tribunale europeo aveva il suo codice diplomatico e l’intellighenzia si sfidò a vicenda nell’elaborare crittogrammi curiosi e complicati. La letteratura del XV, XVI e XVII secolo è permeata di cifre, alcune delle quali sono mai state decodificate. Molti dei magnifici intelletti scientifici e filosofici di questo periodo non osarono pubblicare le loro scoperte, a causa dell’intolleranza religiosa dei loro giorni. Al fine di preservare il frutto delle loro fatiche intellettuali per l’umanità, questi pionieri del progresso nascondevano le loro scoperte in cifre, confidando che le generazioni future, più gentili delle loro, avrebbero scoperto e apprezzato il loro apprendimento.

Molti uomini di chiesa, è interessante notare, hanno usato i crittogrammi, temendo la scomunica o un destino peggiore se le loro ricerche scientifiche fossero rese state rese pubbliche. Solo recentemente è stata svelata un complesso cifrario di Roger Bacon, rivelando il fatto che questo primo scienziato era ben versato nella teoria cellulare. Tenendo una conferenza presso la American Philosophical Society, Dr. William Romaine Newbold,

Da Cryptomenytices et Cryptographiæ di Seleno.

Un anno dopo la pubblicazione del primo grande folio “shakespeariano”, fu pubblicato un notevole volume di crittografia e cifrari. Il frontespizio dell’opera è riprodotto sopra. L’anno della sua pubblicazione (1624) fu durante la controversia dei Rosacroce. La traduzione del frontespizio è la seguente:

“La Crittomenisi e la crittografia di Gustavo Seleno in nove libri, a cui è aggiunta una chiara spiegazione del Sistema di Steganografia di Giovanni Tritemio, Abate di Spanheim ed Erbipoli, un uomo di ammirevole genio. Intervallato da degne invenzioni dell’autore e di altri, 1624.” Si ritiene che l’autore di questo volume sia Augusto, duca di Brunswick. I simboli e gli emblemi che ornano il frontespizio, tuttavia, sono la prova conclusiva che la mano fine dei Rosacroce era dietro la sua pubblicazione. Nella parte inferiore della foto c’è un nobile (Bacone?) Che mette il cappello sulla testa di un altro uomo. Nell’ovale nella parte superiore del piatto, è possibile che le luci siano dei fari o un gioco sul nome Bacone. Nei due pannelli laterali si trovano suggestive e sottili allusioni “shakespeariane”. Sulla sinistra c’è un nobile (forse Bacone) che consegna un foglio a un altro uomo dall’aspetto mediocre che porta in mano una lancia. A destra, l’uomo che in precedenza portava la lancia è rappresentato nel costume di un attore, che indossa speroni e suona un corno. L’allusione all’attore che suona il corno e la figura che porta la lancia suggeriscono molto, soprattutto perché la lancia è la parte finale del nome “Shakespeare”.

che tradusse il manoscritto cifrato del frate, dichiarò: “Ci sono disegni che ritraggono così accuratamente l’aspetto reale di alcuni oggetti che è difficile resistere all’inferenza secondo cui Bacone li aveva visti al microscopio. Questi sono gli spermatozoi, i le cellule del corpo e i tubi seminiferi, gli ovuli, con i loro nuclei chiaramente indicati. Esistono nove grandi disegni, di cui almeno uno assomiglia considerevolmente a un certo stadio di sviluppo di una cellula fecondata. ” (Vedi Review of Reviews, luglio 1921.) Se Roger Bacon non avesse nascosto questa scoperta con un cifrario complicato, sarebbe stato perseguitato come un eretico e avrebbe probabilmente incontrato il destino di altri primi pensatori liberali. Nonostante i rapidi progressi compiuti dalla scienza negli ultimi duecentocinquanta anni, essa rimane ancora ignorante riguardo a molte delle scoperte originali fatte dagli investigatori medievali. L’unico registro di questi importanti risultati è quello contenuto nei crittogrammi dei volumi pubblicati. Mentre molti autori hanno scritto sull’argomento della crittografia, i libri più preziosi per gli studenti di filosofia e religione sono: Polygraphia and Steganographia, di Trithemius, abate di Spanheim; Mercury, o The Secret and Swift Messenger, di John Wilkins, vescovo di Chester; Ipdipus Ægyptiacus e altre opere di Atanasio Kircher, Società di Gesù; e Cryptomenytices et Cryptographiæ, di Gustavus Selenus.

Per illustrare le differenze di base nella loro costruzione e utilizzo, le varie forme di cifrari sono qui raggruppate in sette voci generali:

1. La cifra letterale. Il più famoso di tutti i crittogrammi letterali è il famoso codice biliterio descritto da Sir Francis Bacon nel suo De Augmentis Scientiarum. Lord Bacon ha originato il sistema mentre era ancora un giovane residente a Parigi. Il codice biliterio richiede l’uso di due tipi diversi di font, uno normale e l’altro appositamente tagliato. Le differenze tra i due caratteri sono in molti casi così minuscole da richiedere una potente lente d’ingrandimento per rilevarle. In origine, i messaggi di cifratura erano nascosti solo nelle parole, nelle frasi o nei paragrafi in corsivo, perché le lettere in corsivo, essendo più ornate rispetto alle lettere romane, offrivano maggiori opportunità per nascondere le lievi ma necessarie variazioni. A volte le lettere hanno dimensioni leggermente inferiori; altre volte di spessore o nei loro ornamenti. Più tardi, si ritiene che Lord Bacon avesse preparato due alfabeti romani appositamente progettati in cui le differenze erano così banali che è quasi impossibile per gli esperti distinguerle.

Un’attenta ispezione dei primi quattro folio “Shakespeare” rivela l’uso in tutti i volumi di diversi stili di font che differiscono in dettagli minuti ma distinguibili. È possibile che tutti i folio di “Shakespeare” contengano cifrari. Questi cifrari potrebbero essere stati aggiunti alle rappresentazioni originali, che sono molto più lunghe nei folio che nei quartos originali, in alcuni casi sono state aggiunte scene complete.

Il cifrario biliterale non era limitato agli scritti di Bacon e “Shakespeare”, ma appare in molti libri pubblicati durante la vita di Lord Bacon e per quasi un secolo dopo la sua morte. Nel riferirsi al codice biliterio, Lord Bacon lo definisce omnia per omnia. Il codice può scorrere un intero libro ed essere inserito al momento della stampa senza che l’autore originale lo sapesse, poiché non richiede il cambio di parole o punteggiatura. È possibile che questo cifrario sia stato inserito a scopi politici in molti documenti e volumi pubblicati nel diciassettesimo secolo. È noto che i cifrari sono stati utilizzati per lo stesso motivo già dal Concilio di Nicea.

Il cifrario biliterale baconiano è difficile da usare oggi, a causa dell’attuale standardizzazione esatta del font e del fatto che al giorno d’oggi ben pochi libri sono scritti a mano. Ad accompagnare questo capitolo sono facsimili dell’alfabeto biliterale di Lord Bacon come appariva nella traduzione inglese del 1640 di De Augmentis Scientiarum. Ci sono quattro alfabeti, due per le maiuscole e due per le lettere minuscole. Considera attentamente le differenze tra questi quattro e nota che ogni alfabeto ha il potere della lettera a o della lettera b e che quando si legge una parola le sue lettere sono divisibili in uno dei due gruppi: quelli che corrispondono alla lettera a e quelli che corrispondono alla lettera b. Per utilizzare il codice biliterio, un documento deve contenere cinque volte il numero di lettere che ci sono nel messaggio in codice per essere nascosto, poiché richiede cinque lettere per nasconderne uno. La cifra bilaterale ricorda in qualche modo un codice telegrafico in cui le lettere vengono trasformate in punti e trattini; secondo il sistema biliterio, tuttavia, i punti e i trattini sono rappresentati rispettivamente da a e b. La parola biliterio deriva dal fatto che tutte le lettere dell’alfabeto possono essere ridotte a a o b. Un esempio di scrittura biliterata è mostrato in uno dei diagrammi di accompagnamento. Per dimostrare il funzionamento di questo cifrario, il messaggio nascosto all’interno delle parole “Wisdom and understanding are more to be desired than riches” verrà ora decifrato.

Il primo passo è scoprire [le lettere di ogni alfabeto e sostituirle con il loro equivalente a o b secondo la chiave data da Lord Bacon nel suo alfabeto biliterio (q.v.). Nella parola saggezza (Wisdom), la W deriva dall’alfabeto b; pertanto è sostituita da a b. L’i deriva dall’alfabeto a; quindi una a viene messa al suo posto. Anche la s proviene dall’alfabeto a, ma la d appartiene all’alfabeto b. O e m appartengono entrambi all’alfabeto a e vengono sostituite da a. Con questo processo la parola WISDOM diventa baabaa. Trattando le parole rimanenti della frase in modo simile, AND diventa aba; UNDERSTANDING, aaabaaaaaabab; ARE, aba; MORE, abbb; TO, ab; BE, ab; DESIRED, abaabaa; THAN Aaba; RICHES, aaaaaa.

Il prossimo passo è comporre le lettere; quindi: baabaaabaaaabaaaaaabababaabbbabababaabaaaabaaaaaaa. Tutte le combinazioni utilizzate nel codice biliterio baconiano sono costituite da gruppi contenenti cinque lettere ciascuno. Pertanto la linea continua di lettere deve essere suddivisa in gruppi di cinque nel modo seguente: baaba aabaa aabaa aaaab ababa abbba babab aabaa aabaa aaaaa. Ognuno di questi gruppi di cinque lettere rappresenta ora una lettera del codice e la lettera effettiva può ora essere determinata confrontando i gruppi con la tabella alfabetica, The Key to the Biliteral Cipher, di De Augmentis Scientiarum (qv): baaba = T , aabaa = E, aabaa = E; aaaab = B; ababa = L; abbba = P; babab = X; aabaa = E, aabaa = E; aaaaa = A; le ultime cinque lettere della parola RICHES non vengono considerate nel cifrario. Le lettere così estratte vengono ora riunite in ordine, risultando in TEEBLPXEE.

A questo punto l’investigatore potrebbe ragionevolmente aspettarsi che le lettere formino parole intelligibili; ma sarà molto probabilmente deluso, poiché, come nel caso sopra, le lettere così estratte sono esse stesse un crittogramma, per scoraggiare coloro che potrebbero avere una conoscenza occasionale del sistema biliterale. Il prossimo passo è applicare le nove lettere a ciò che viene comunemente chiamato un cifrario a ruota (o disco) (q.v.), che consiste di due alfabeti, uno che ruota attorno all’altro in modo tale che siano possibili numerose trasposizioni di lettere. Nelle seguenti figure vediamo come la A dell’alfabeto interno

Nella frase sopra nota attentamente la formazione delle lettere. Confronta ogni lettera con i due tipi di lettere nella tabella dell’alfabeto biliterio riprodotta dal De Augmentis Scientiarum di Lord Bacon. Un confronto tra la “d” in “wisdom” con la “d” in “and” rivela un grande anello nella parte superiore della prima, mentre nella seconda non vi e` praticamente nulla. Confronta la “i” in “wisdom” con la “i” nella parola “understanding”. Nel primo caso, le linee sono curve e nel secondo caso angolari. Un’analisi simile delle due “r” in “desired” rivela evidenti differenze. La “o” in “more” differisce dalla “o” nella parola “wisodom” in quanto una piccola linea continua procede verso la “r”. La “a” in “than” è più sottile e più angolare di quanto lo siano le “a” in “are”, mentre la” r “in” riches ” differisce da quella in “desired” in quanto il segno verticale finale termina con una palla invece che un puntino definito. Queste differenze minori rivelano la presenza dei due alfabeti impiegati nello scrivere la frase.

LA CHIAVE DEL CIFRARIO BILITERALE.

Da De Augmentis Scientiarum di Bacon.

Dopo che il documento da decifrare è stato ridotto ai suoi equivalenti “a” e “b”, viene quindi suddiviso in gruppi di cinque lettere e il messaggio letto con l’aiuto della tabella sopra.

UN CIFRARIO MODERNO

Il diagramma sopra mostra un cifrario. L’alfabeto più piccolo, o interno, si muove in modo tale che una delle sue lettere possa essere portata di fronte all’alfabeto esterno. In alcuni casi, l’alfabeto interno è scritto al contrario, ma nel presente esempio, entrambi gli alfabeti si leggono allo stesso modo.

L’ALFABETO BILITERALE.

Da De Augmentis Scientiarum di Bacon.

Questa piastra è riprodotta nel De Augmentis Scientiarum di Bacon e mostra i due alfabeti da lui progettati per il suo cifrario. Ogni maiuscola e minuscola ha due forme distinte che sono designate “a” e “b”. Il sistema biliterio non utilizzava in ogni caso due alfabeti in cui le differenze erano percepibili come nell’esempio qui riportato, ma i due alfabeti venivano sempre usati; a volte le variazioni sono così minuscole che richiede una potente lente d’ingrandimento per distinguere la differenza tra i tipi di lettere “a” e “b”.

è opposto alla H dell’alfabeto esterno, in modo che ai fini della cifra queste lettere siano intercambiabili. La F e la M, la P e la Y, la W e la D, in effetti tutte le lettere, possono essere trasposte come mostrato dai due cerchi. Le nove lettere estratte dal codice biliterio possono quindi essere scambiate con altre nove dal codice della ruota. Le nove lettere sono considerate sul cerchio interno della ruota e vengono scambiate con le nove lettere sul cerchio esterno che sono opposte alle lettere interne. Con questo processo la T diventa A; le due E diventano due L; la B diventa I, la L diventa S; la P diventa W; la X diventa E; e le due E diventano due L. Il risultato è ALLISWELL, che, suddiviso in parole, recita: “Va tutto bene”.

Ovviamente, spostando il disco interno del codice della ruota, si possono ottenere molte lettere diverse da quella sopra indicata, ma questa è l’unica che produrrà senso e il crittografo matematico deve continuare a sperimentare fino a quando scopre un messaggio logico e intelligibile. Potrebbe quindi sentirsi ragionevolmente sicuro di aver decifrato il sistema. Lord Bacon ha utilizzato il cifrario biliterale in molti modi diversi. Probabilmente ci sono molti sistemi diversi usati nel solo folio di “Shakespeare”, alcuni così intricati da poter confondere per sempre tutti i tentativi di decifrazione. In quelli suscettibili di soluzione, a volte le a e b devono essere scambiate; altre volte il messaggio nascosto è scritto al contrario.

Esistono diverse altre forme del codice letterale in cui le lettere sono sostituite l’una all’altra da una sequenza prestabilita. La forma più semplice è questa:

A B C D E F G H I K L M N
Z Y X W U T S R Q P O N M
                         
O P Q R S T U W X Y Z    
L K I H G F E D C B A

Sostituendo le lettere dell’alfabeto inferiore con i loro equivalenti in quella superiore, si ottiene una conglomerazione insignificante, il messaggio nascosto viene decodificato invertendo il processo. Esiste anche una forma del codice letterale in cui il vero crittogramma è scritto nel corpo del documento, ma le parole non importanti vengono inserite tra quelle importanti secondo un ordine prestabilito. La cifra letterale include anche quelle che vengono chiamate firme acrostiche, ovvero parole scritte nella colonna mediante l’uso della prima lettera di ogni riga e anche acrostici più complicati in cui le lettere importanti sono sparse in interi paragrafi o capitoli. I due crittogrammi alchemici di accompagnamento illustrano un’altra forma del codice letterale che coinvolge la prima lettera di ogni parola. Ogni crittogramma basato sulla disposizione o sulla combinazione delle lettere dell’alfabeto è chiamato cifrario letterale.

2. Il cifrario pittorico. Qualsiasi immagine o disegno con un significato diverso da quello ovvio può essere considerato un crittogramma pittorico. Esempi di cifrari pittorici si trovano spesso nel simbolismo egiziano e nella prima arte religiosa. I diagrammi di alchimisti e filosofi ermetici sono invariabilmente cifrari pittorici. Oltre alla semplice cifra pittorica, esiste una forma più tecnica in cui le parole o le lettere sono nascoste dal numero di pietre in un muro, dalla diffusione delle ali degli uccelli in volo, dalle increspature sulla superficie dell’acqua, o da la lunghezza e l’ordine delle linee utilizzate nell’ombreggiatura. Tali crittogrammi non sono ovvi e devono essere decodificati con l’aiuto di una scala di misurazione arbitraria, la lunghezza delle linee che determinano la lettera o la parola nascosta. La forma e la proporzione di un edificio, l’altezza di una torre, il numero di barre in una finestra, le pieghe delle vesti di un uomo – anche le proporzioni o l’atteggiamento del corpo umano – venivano usate per nascondere figure o personaggi definiti che potrebbero essere scambiati per lettere o parole da una persona a conoscenza del codice.

Le lettere iniziali di nomi sono state secrete in archi e campate architettoniche. Un esempio notevole di questa pratica si trova nella pagina del titolo di Montaigue’s Essays, terza edizione, in cui una B iniziale è formata da due archi e una F da un arco spezzato. I crittogrammi pittorici sono talvolta accompagnati dalla chiave necessaria per la loro decifrazione. Una figura può puntare verso il punto di partenza della cifra o tenere in mano un attrezzo che rivela il sistema di misura utilizzato. Ci sono anche casi frequenti in cui il crittografo ha volutamente distorto o vestito in modo improprio qualche figura nel suo disegno posizionando il cappello all’indietro, la spada dalla parte sbagliata o lo scudo sul braccio sbagliato o impiegando un artificio simile. Il tanto discusso quinto dito sulla mano del Papa nella Madonna Sistina di Raffaello e il sesto dito sul piede di Giuseppe nello stesso matrimonio della Vergine dell’artista sono criptogrammi astutamente nascosti.

3. Il cifrario acroamatico. Gli scritti religiosi e filosofici di tutte le nazioni abbondano di crittogrammi acroamatici, cioè parabole e allegorie. L’acroamatico è unico in quanto il documento che lo contiene può essere tradotto o ristampato senza influire sul crittogramma. Parabole e allegorie sono state usate fin dall’antichità remota per presentare verità morali in modo attraente e comprensibile. Il crittogramma acroamatico è un cifrario pittorico a parole e il suo simbolismo deve essere interpretato in questo modo. L’Antico e il Nuovo Testamento degli ebrei, gli scritti di Platone e Aristotele, l’Odissea e l’Iliade di Omero, l’Eneide di Virgilio, La metamorfosi di Apuleio e le favole di Sop sono eccezionali esempi di crittografia acroamatica in cui sono nascoste le verità più profonde e sublimi dell’antica filosofia mistica.

Il cifrario acroamatico è il più sottile di tutti, poiché la parabola o l’allegoria sono suscettibili di diverse interpretazioni. Per secoli gli studenti biblici si sono confrontati con difficoltà. Sono soddisfatti dell’interpretazione morale della parabola e dimenticano che ogni parabola e allegoria sono capaci di sette interpretazioni, di cui la settima – la più alta – è completa e inclusiva, mentre le altre sei (e minori) interpretazioni sono frammentarie. I miti della creazione del mondo sono crittogrammi acroamatici e le divinità dei vari panteoni sono solo personaggi criptici che, se correttamente compresi, diventano i componenti di un alfabeto divino. I pochi iniziati comprendono la vera natura di questo alfabeto, ma i non iniziati ne adorano le lettere come se fossero divinita`.

UN CRIPTOGRAMMA ALCHIMICO.

Dalla storia della chimica di Brown.

James Campbell Brown ristampa un curioso cifrario di Kircher. Le lettere maiuscole delle sette parole nel cerchio esterno lette in senso orario, formano la parola SVLPHVR. Dalle parole nel secondo cerchio, se letto in modo simile, deriva FIXVM. Le maiuscole delle sei parole nel cerchio interno, se opportunamente disposte, leggono anche ESTSOL. Viene così estratto il seguente codice: “Sulphur Fixum Est Sol”, che quando tradotto è: “Lo zolfo fisso è oro”.

UN CRIPTOGRAMMA ALCHIMICO.

Da Geheime Figuren der Rosenkreuzer.

A partire dalla parola VISITA e leggendo in senso orario, le sette lettere iniziali delle sette parole iscritte nel cerchio esterno recitano: VITRIOL. Questo è un enigma alchemico molto semplice, ma ricorda che coloro che studiano opere su ermetismo, rosacrocismo, alchimia e massoneria dovrebbero sempre cercare i significati nascosti in Parabole e allegorie o in disposizioni criptiche di numeri, lettere e parole.

UNA RAPPRESENTAZIONE CRIPTICA DI GIUSTIZIA DIVINA E NATURALE.

Da Cryptomenytices et Cryptographiæ di Seleno.

Il primo cerchio raffigura i divini antecedenti della giustizia, il secondo lo scopo universale della giustizia e il terzo i risultati dell’applicazione umana della giustizia. Quindi, il primo cerchio riguarda i principi divini, il secondo cerchio gli affari mondani e il terzo cerchio l’uomo. Nella parte superiore del quadro si trova Themis, lo spirito del diritto che presiede, e ai suoi piedi altre tre regine – Giunone, Minerva e Venere – le loro vesti decorate con figure geometriche. L’asse della legge collega il trono, della divina giustizia in alto con il trono del giudizio umano nella parte inferiore del quadro. Su quest’ultimo trono è seduta una regina con uno scettro in mano, davanti al quale si trova la dea alata Nemesis – l’angelo del giudizio.

Il secondo cerchio è diviso in tre parti da due serie di due linee orizzontali. La sezione superiore e leggera si chiama Regione Suprema ed è la dimora degli dei, dei buoni spiriti e degli eroi. La sezione inferiore e oscura è la dimora della lussuria, del peccato e dell’ignoranza. Tra questi due estremi si trova la sezione più ampia in cui si fondono i poteri e gli impulsi delle regioni superiore e inferiore.

Nel terzo o cerchio interno c’è l’uomo, una creatura composta da nove parti – tre di spirito, tre di intelletto e tre di anima – racchiuse in una costituzione. Secondo Seleno, le tre qualità spirituali dell’uomo sono il pensiero, la parola e l’azione; le sue tre qualità intellettuali sono memoria, intelligenza e volontà; e le sue tre qualità di anima sono comprensione, coraggio e desiderio. Il terzo cerchio è ulteriormente diviso in tre parti chiamate età: l’Età dell’Oro della verità spirituale nella sezione in alto a destra, l’Età del ferro delle tenebre spirituali nella sezione in basso a destra e l’Età del Bronzo – un composto dei due che occupano l’intera meta` sinistra del cerchio interno ed e`essa stessa divisa in tre parti. La divisione più bassa dell’età del bronzo raffigura l’uomo ignorante controllato dalla forza, il centrale l’uomo parzialmente risvegliato controllato dal diritto e quello superiore l’uomo illuminato spiritualmente controllato dall’amore. Sia il secondo che il terzo cerchio ruotano sull’asse della legge, ma la fonte divina della legge – la giustizia celeste – è nascosta dalle nuvole. Tutti i simboli e le figure che ornano la piastra sono dedicati a un’amplificazione dettagliata dei principi qui descritti.

4. Il cifrario numerico. Sono stati prodotti molti crittogrammi in cui i numeri in varie sequenze sono sostituiti da lettere, parole o persino pensieri completi. La lettura di cifre numeriche di solito dipende dal possesso di tabelle di corrispondenza appositamente predisposte. I crittogrammi numerici dell’Antico Testamento sono così complicati che solo pochi studiosi della tradizione rabbinica hanno mai cercato di svelare i loro misteri. Nel suo ipdipus Ægyptiacus, Atanasio Kircher descrive diversi teoremi cabalistici arabi, e gran parte del mistero di Pitagora fu nascosto in un metodo segreto in voga tra i mistici greci di sostituire lettere con numeri.

Il cifrario numerico più semplice è quello in cui le lettere dell’alfabeto vengono scambiate con numeri in sequenza ordinaria. Così A diventa 1, B 2, C 3 e così via, contando sia I che J come 9 e sia U che V come 20. La parola yes con questo sistema verrebbe scritta 23-5-18. Questo cifrario può essere reso più difficile invertendo l’alfabeto in modo che Z diventi 1, Y 2, X 3 e così via. Inserendo un numero non significativo, o non conteggiato, dopo ogni numero significativo, la cifra viene ancora più efficacemente nascosta, quindi: 23-16-5-9-18. La parola yes si trova eliminando il secondo e il quarto numero. Sommando 23, 5 e 18 insieme la somma 46 ne risulta. Pertanto 46 è l’equivalente numerico della parola yes. Secondo la semplice cifra numerica, la somma 138 è uguale alle parole Note carefully. Pertanto, in un libro che utilizza questo metodo, la riga 138, pagina 138 o il paragrafo 138 può contenere il messaggio nascosto. Oltre a questo semplice cifrario numerico ci sono decine di altri così complicati che nessuno senza la chiave può sperare di risolverli.

Gli autori a volte basavano i loro crittogrammi sul valore numerico dei loro nomi; ad esempio, Sir Francis Bacon ha ripetutamente usato il criptico numero 33, l’equivalente numerico del suo nome. I cifrari numerici spesso implicano l’impaginazione di un libro. L’impaginazione imperfetta, sebbene generalmente attribuita alla negligenza, spesso nasconde segreti importanti. Le errate spiegazioni riscontrate nel folio di “Shakespeare” del 1623 e la costante ricorrenza di errori simili in vari volumi stampati nello stesso periodo hanno suscitato un notevole pensiero tra studiosi e crittografi. Nei crittogrammi baconiani, tutti i numeri di pagina che terminano con 89 sembrano avere un significato speciale. L’89a pagina delle Commedie nel folio del 1623 di “Shakespeare” mostra un errore nell’impaginazione, del “9” essendo considerevolmente più piccolo di “8.” La 189a pagina è del tutto mancante, con due pagine numerate 187; e la pagina 188 mostra il secondo “8” poco più della metà del primo. Pagina 289 è numerata correttamente e non ha caratteristiche insolite, manca la pagina 89 delle Storie. Numerosi volumi pubblicati da Bacon mostrano errori simili.

Esistono anche cifrari numeriche dalle quali il messaggio criptico può essere estratto contando ogni decima parola, ogni ventesima parola o ogni cinquantesimo parola. In alcuni casi il conteggio è irregolare. La prima parola importante può essere trovata contando 100, la seconda contando 90, la terza contando 80 e così via fino a raggiungere il conteggio di 10. Il conteggio quindi ritorna a 100 e il processo viene ripetuto.

5. Il cifrario musicale. John Wilkins, in seguito vescovo di Chester, nel 1641 fece circolare un saggio anonimo intitolato Mercurio, o Secret and Swift Messenger. In questo piccolo volume, che è stato in gran parte derivato dai trattati più voluminosi di Tritemio e Seleno, l’autore espone un metodo in base al quale i musicisti possono dialogare tra loro sostituendo le note musicali con le lettere dell’alfabeto. Due persone che comprendono il codice potrebbero dialogare tra loro semplicemente suonando determinate note su un piano o un altro strumento.da alcuni sistemi è possibile prendere un tema musicale già esistente e celare in esso un crittogramma senza modificare in alcun modo la composizione. I pennanti sulle note possono nascondere la cifra, oppure i suoni effettivi delle note possono essere scambiati con sillabe di suono simile. Quest’ultimo metodo è efficace ma la sua portata è piuttosto limitata. Diverse composizioni musicali di Sir Francis Bacon sono ancora esistenti. Un loro esame potrebbe rivelare crittogrammi musicali, poiché è certo che Lord Bacon conoscesse bene il modo in cui erano stati costruiti.

6. Il cifrario arbitrario. Il sistema di scambio di lettere dell’alfabeto con figure geroglifiche è troppo facilmente decodificabile per essere popolare. Albert: Pike descrive un codice arbitrario basato sulle varie parti della croce dei Templari, ogni angolo rappresenta una lettera. I molti alfabeti curiosi che sono stati ideati sono resi inutili, tuttavia, dalla tabella delle ricorrenze. Secondo Edgar Allan Poe, un grande crittografo, la lettera più comune della lingua inglese è E, le altre lettere nel loro ordine di frequenza sono le seguenti: A, O, I, D, H, N, R, S, T , V, Y, C, F, QL, M, W, B, K, P, Q, X, Z. Altre autorità dichiarano che la tabella di frequenza è: E, T, A, O, N, I, R , S, H, D, L, C, W, U, M, F, Y, G, P, B, V, K, X, Q, J, Z.. Un ulteriore aiuto è fornito anche dal fatto che se il crittogramma è suddiviso in parole ci sono solo tre lettere singole che possono formare parole: A, I, O. Pertanto ogni singolo carattere che si stacca dal resto del testo deve essere uno dei queste tre lettere. Per i dettagli di questo sistema, vedere The Gold Bug, di Edgar Allan Poe.

Per rendere più difficile la decodifica di cifre arbitrarie, tuttavia, i caratteri vengono raramente suddivisi in parole e, inoltre, la tabella di ricorrenza viene parzialmente annullata assegnando due o più caratteri diversi a ciascuna lettera, rendendo quindi impossibile stimare con precisione la frequenza di ricorrenza. Pertanto, maggiore è il numero di caratteri arbitrari utilizzati per rappresentare una singola lettera dell’alfabeto, più è difficile decifrare un crittogramma arbitrario. Gli alfabeti segreti degli antichi sono relativamente facili da decodificare, gli unici requisiti sono una tabella di frequenza, una conoscenza della lingua in cui era originariamente scritto il crittogramma, una moderata quantità di pazienza e un po ‘di ingegnosità.

7. Il cifrario cifrato. La forma più moderna di crittogramma è il sistema di codice. La sua forma più familiare è il codice Morse per l’uso nella comunicazione telegrafica e wireless. Questa forma di cifrario può essere in qualche modo complicata incorporando punti e trattini in un documento in cui punti e punti sono punti, mentre virgole e punti e virgola sono trattini. Ci sono anche codici usati dal mondo degli affari che possono essere risolti solo con l’uso di un libro di codici privato. Poiché forniscono un metodo economico ed efficiente di trasmissione di informazioni riservate, l’uso di tali codici è molto più diffuso di quanto la persona media non sospetti.

Oltre alle precedenti classificazioni ci sono una serie di vari sistemi di scrittura segreta, alcuni che impiegano dispositivi meccanici, altri colori. Alcuni fanno uso di vari oggetti per rappresentare parole e persino pensieri completi. Ma poiché questi dispositivi più elaborati venivano raramente impiegati dagli antichi o dai filosofi e alchimisti medievali,, non hanno alcun rapporto diretto con la religione e la filosofia. I mistici del Medioevo, prendendo in prestito la terminologia delle varie arti e scienze, svilupparono un sistema di crittografia che nascondeva i segreti dell’anima umana in termini generalmente applicati a chimica, biologia, astronomia, botanica e fisiologia. Cifrari di questa natura possono essere decodificati solo da persone esperte nei profondi principi filosofici su cui questi mistici medioevali hanno basato le loro teorie. Molte informazioni relative alla natura invisibile dell’uomo sono nascoste sotto quelli che sembrano essere esperimenti chimici o speculazioni scientifiche. Ogni studente di simbolismo e filosofia, pertanto, dovrebbe essere ragionevolmente ben informato dei principi di base della crittografia; oltre a servirlo bene nelle sue ricerche, questa arte fornisce un metodo affascinante per sviluppare l’acutezza delle facoltà mentali. La discriminazione e l’osservazione sono indispensabili per chi cerca la conoscenza, e nessuno studio è uguale alla crittografia come mezzo per stimolare questi poteri.

ALFABETI QABBALISTICI E MAGICI.

Da Barrett’s Magus.

Alfabeti curiosi furono inventati dai primi e medioevali filosofi per nascondere le loro dottrine e principi dal profano. Alcuni di questi alfabeti sono ancora usati in misura limitata nei gradi più alti della massoneria. Probabilmente il più famoso è la scrittura angelica, definita nella piastra sopra “La scrittura chiamata Malachim”. Le sue figure sono presumibilmente derivate dalle costellazioni. Gli studenti avanzati di filosofia occulta troveranno molti documenti preziosi in cui vengono utilizzate queste figure. Sotto ogni lettera del primo alfabeto sopra è il suo equivalente in inglese. Sopra ogni lettera degli altri tre alfabeti si trova l’equivalente della sua lettera ebraica.

 

 

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: Bacone,Shakespeare e i Rosacroce

Si considera l’attuale polemica Bacone – Shakespeare – Rosacroce non per il vano scopo di scavare le ossa dei morti, ma piuttosto nella speranza che un’analisi critica aiuti nella riscoperta di quella conoscenza perduta da quando gli oracoli sono stati ridotti al silenzio. Fu W. F. C. Wigston che chiamò il Bardo di Avon “il fantasma Capitano Shakespeare, la maschera rosacrociana”. Ciò costituisce una delle affermazioni più significative relative alla controversia tra Bacone -Shakespeare.

È abbastanza evidente che William Shakespeare non poteva, senza aiuto, produrre gli scritti immortali che portano il suo nome. Non possedeva la necessaria cultura letteraria, poiché la città di Stratford, dove era statu allevato, non conteneva una scuola in grado di impartire le più alte forme di apprendimento riflesse negli scritti a lui attribuiti. I suoi genitori erano analfabeti e nella sua prima età manifestò un totale disprezzo per lo studio. Esistono solo sei esempi noti di calligrafia di Shakspere. Tutte sono firme e tre di loro sono nel suo testamento. Il metodo scarabocchiato e incerto della loro esecuzione suggerisce che Shakespeare mancasse di familiarità con l’uso di una penna, ed è ovvio che ha copiato una firma preparata per lui o che la sua mano è stata guidata mentre scriveva. Non sono stati scoperti manoscritti autografi dei drammi o sonetti “shakespeariani”, né esiste una tradizione che li riguardi oltre alla dichiarazione fantastica ed impossibile che appare nella prefazione del Grande Foglio.

Una biblioteca ben fornita sarebbe una parte essenziale dell’attrezzatura di un autore le cui produzioni letterarie dimostrano che conosceva la letteratura di tutte le epoche, tuttavia non vi è alcuna registrazione che Shakespeare abbia mai posseduto una biblioteca, né menziona libri nella sua volontà. Commentando l’analfabetismo noto della figlia di Shakspere, Judith, la quale a ventisette anni era a malapena in grado di fare la sua firma, Ignazio Donnelly dichiara incredibile che William Shakespeare se e` vero che scrive i suoi drammi, avrebbe permesso a sua figlia di raggiungere la femminilità e sposarsi senza poter leggere una riga degli scritti che avevano reso il padre ricco e famoso a livello locale.

E` stata sollevata un’altra domanda, “Dove William Shakspere si e`assicurato la sua conoscenza del moderno francese, italiano, spagnolo e danese, per non parlare dei classici latino e greco?” Perché, nonostante la rara discriminazione con cui il latino viene usato dall’autore delle commedie shakespeariane, Ben Jonson, che conosceva intimamente Shakspere, dichiarò che l’attore di Stratford capiva “poco di latino e ancor meno di greco”! Non è strano che non esista alcuna registrazione di William Shakspere riguardo al fatto che abbia avuto un ruolo di protagonista nei famosi drammi che avrebbe dovuto scrivere o in altri prodotti dalla compagnia di cui era membro?

Nonostante la sua dichiarata avidita`, Shakespeare apparentemente non fece alcuno sforzo durante la sua vita per controllare o ottenere compensi dagli spettacoli recanti il suo nome, molti dei quali furono prima pubblicati in modo anonimo. Per quanto è possibile accertare, nessuno dei suoi eredi fu coinvolto in alcun modo nella stampa del Primo Folio dopo la sua morte, né ne trasse beneficio finanziario. Se fosse stato il loro autore, i manoscritti e gli spettacoli inediti di Shakespeare avrebbero certamente costituito i suoi beni più preziosi, eppure la sua volontà – pur facendo speciale disposizione del suo secondo letto e della sua “grande boccia d’argento” né menziona né indica che possedeva qualsiasi produzione letteraria.

Mentre i Folios e i Quartos di solito sono firmati “William Shakespeare”, tutti gli autografi noti dell’attore di Stratford recitavano “William Shakspere”. Questo cambiamento nell’ortografia contiene qualche significato finora trascurato? Inoltre, se gli editori del primo Folio shakespeariano venerassero il loro attore così come le loro affermazioni in quel volume indicherebbero, perché, come se ironizzassero nell’allusione a uno scherzo che stavano perpetrando, posero un’evidente sua caricatura sul frontespizio?

Anche alcune assurdità nella vita privata di Shakespeare sono inconciliabili. Pur presumibilmente al culmine della sua carriera letteraria, era in realtà impegnato ad acquistare il malto, per un business della birra! Immaginate anche l’immortale Shakspere – l’autore del Mercante di Venezia – lavorare come usuraio! Tra coloro che dovevano modeste somme di denaro a Shakespeare c’era un altro paesano – uno di nome Philip Rogers – che ha citato in giudizio per un prestito non pagato di due scellini, o circa quarantotto centesimi! In breve, non c’è nulla di conosciuto nella vita di Shakespeare che giustifichi l’eccellenza letteraria a lui imputata.

Gli ideali filosofici promulgati attraverso i drammi shakespeariani dimostrano chiaramente che il loro autore aveva una profonda familiarità con certe dottrine e principi peculiari del rosacrocianesimo; infatti la profondità delle produzioni shakespeariane elevano il loro creatore ad uno degli illuminati dei secoli. La maggior parte di coloro che cercano una soluzione per la polemica Bacone-Shakespeare sono stati intellettualisti. Nonostante le loro conquiste accademiche, hanno trascurato la parte importante del trascendentalismo nelle conquiste filosofiche dei secoli. I misteri della superfisica sono inspiegabili per il materialista, il cui addestramento non gli consente di stimare l’estensione delle loro ramificazioni e complessità. Eppure chi, se non un platonico, un Qabbalista o un Pitagorico, avrebbe potuto scrivere La Tempesta, Macbeth, Amleto o La tragedia di Cymbeline? Chi, se non uno profondamente esperto di saperi paraconsiani, avrebbe potuto concepire, Sogno di una notte di mezza estate?

Padre della scienza moderna, rimodellatore

GIOIELLO LUCI E OMBRE DELLE A.

Da Re Riccardo Secondo di Shakespeare, Quarto del 1597.

Il copricapo ornamentale mostrato sopra è stato a lungo considerato una firma baconiana o rosacrociana. Luci e ombre delle A appare in diversi volumi pubblicati da emissari dei Rosa-Croce. Se la figura sopra viene confrontata con quella degli Alciati Emblemata nelle pagine seguenti, l’uso criptico delle due A sarà ulteriormente dimostrato.

LA PAGINA DEL TITOLO DI “ANATOMIA DELLA MELANCHOLIA” DI BURTON.

Da anatomia della malinconia di Burton.

Gli esperti baconiani dichiarano che l’Anatomia della malinconia di Burton è in realtà un album di Francis Bacon in cui raccolse strani e rari frammenti di conoscenza durante i molti anni di vita piena di eventi. Da tempo si suppone che questo frontespizio contenga un messaggio criptico. La chiave di questo cifrario è la figura di punta del maniaco nell’angolo in basso a destra del disegno. Secondo la signora Elizabeth Wells Gallup, il globo celeste al quale punta il maniaco è un criptico simbolo di Sir Francis Bacon. I segni planetari che appaiono nelle nuvole di fronte alle figure marginali 4, 5 ;, 6 e 7 indicano le configurazioni planetarie, che producono le forme di mania rappresentate. L’uomo seduto, con la testa appoggiata sulla mano. è dichiarato dagli appassionati di Bacone essere la rappresentazione di Sir Francis Bacon.

della legge moderna, redattore della Bibbia moderna, protettore della democrazia moderna e uno dei fondatori della moderna massoneria, Sir Francis Bacon era un uomo con molti scopi. Era un rosacrociano, Se non proprio il Padre illustre C.R.C. a cui si fa riferimento nei manifesti rosacrociani, fu certamente un alto iniziato dell’Ordine Rosacrociano, ed è la sua attività in relazione a questo corpo segreto che è di primaria importanza per gli studenti di simbolismo, filosofia e letteratura.

Decine di volumi sono stati scritti per stabilire se Sir Francis Bacon fosse il vero autore delle commedie e dei sonetti comunemente attribuiti a William Shakespeare. Una considerazione imparziale di questi documenti non può che convincere la mente aperta della verosimiglianza della teoria baconiana. Infatti quegli appassionati che per anni hanno faticato a identificare Sir Francis Bacon come il vero “Bardo di Avon” avrebbero potuto vincere da tempo il loro caso se avessero enfatizzato la sua più importante prospettiva, cioè che Sir Francis Bacon, l’iniziato rosacrociano, scrisse nelle opere shakesperiane gli insegnamenti segreti della Fraternità dei RC e i veri rituali dell’Ordine dei Massoni, di cui si può ancora scoprire che era il vero fondatore. Un mondo sentimentale, tuttavia, non ama rinunciare a un eroe tradizionale, sia per risolvere una polemica o per correggere un torto. Tuttavia, se si può dimostrare che estrapolando l’indovinello possono essere scoperte informazioni di valore pratico per l’umanità, allora le migliori menti del mondo coopereranno nell’impresa. La polemica Bacon-Shakespaere, come i suoi sostenitori più capaci comprendono, coinvolge gli aspetti più profondi della scienza, della religione e dell’etica; colui che risolve il suo mistero può ancora trovare in esso la chiave della presunta saggezza perduta dell’antichità.

Fu in riconoscimento dei successi intellettuali di Bacone quando Re Giacomo gli consegnò i manoscritti dei traduttori di quella che è ora conosciuta come la Bibbia per il presunto scopo di controllarli, modificarli e rivederli. I documenti sono rimasti nelle sue mani per quasi un anno, ma non si hanno informazioni su ciò che è accaduto in quel momento. Riguardo a questo lavoro, William T. Smedley scrive: “Alla fine si dimostrerà che l’intero schema della versione autorizzata della Bibbia era di Francis Bacon”. (Vedi Il mistero di Francis Bacon.) La prima edizione della Bibbia di Re Giacomo contiene un criptico messaggio baconiano. Bacon crittograficamente nascondeva nella Bibbia autorizzata ciò che non osava rivelare letteralmente nel testo – la chiave segreta rosacrociana del cristianesimo mistico e massonico?

Sir Francis Bacon possedeva indiscutibilmente la gamma di conoscenze generali e filosofiche necessarie per scrivere i drammi e i sonetti shakespeariani, poiché di solito si ammette che era un compositore, un avvocato e un linguista. Il suo cappellano, il dottor William Rawley e Ben Jonson attestano entrambi i suoi successi filosofici e poetici. Il primo paga a Bacon questo straordinario tributo: “Sono stato portato a pensare che se ci fosse stato un raggio di conoscenza derivato da Dio su qualsiasi uomo in questi tempi moderni, era su di lui, anche se era un grande lettore di libri, eppure la sua conoscenza non derivava dai libri, ma da alcuni motivi e nozioni dall’interno di se stesso. “(Vedi Introduzione al Risuscitato).

Sir Francis Bacon, essendo non solo un abile avvocato, ma anche un cortigiano raffinato, possedeva anche quella profonda conoscenza del diritto parlamentare e l’etichetta della corte reale rivelata nei drammi shakespeariani che difficilmente sarebbero stati acquisiti da un uomo nella umile posizione di l’attore di Stratford. Lord Verulam visitò inoltre molti dei paesi stranieri che facevano da sfondo alle rappresentazioni teatrali e fu quindi in grado di creare l’autentica atmosfera locale in esso contenuta, ma non vi è alcuna testimonianza che William Shakespeare abbia mai viaggiato fuori dall’Inghilterra.

La magnifica biblioteca raccolta da Sir Francis Bacon conteneva gli stessi volumi necessari per fornire citazioni e aneddoti incorporati nei drammi shakespeariani. Molte delle opere teatrali, infatti, sono state tratte da grafici di precedenti scritti di cui all’epoca non esisteva una traduzione in inglese. A causa delle sue acquisizioni scolastiche, Lord Verulam avrebbe potuto leggere i libri originali; è molto improbabile che William Shakespeare possa averlo fatto.

Esiste una prova crittografica abbondante che Bacon era interessato alla produzione dei drammi shakespeariani. Il numero di codice di Sir Francis Bacon era 33. Nella prima parte di Re Enrico IV, la parola “Francesco” appare 33 volte su una pagina. Per raggiungere questo scopo erano necessarie frasi imbarazzanti come: “Anon Francis? No Francis, ma domani Francis: o Francis, giovedì: o davvero Francis quando vuoi, ma Francis.”

In tutto il Folio e il Quartos shakespeariano compaiono decine di firme acrostiche. La forma più semplice dell’acrostico è quella in cui un nome – in questi casi Bacon – era nascosto nelle prime lettere di ogni riga. In La Tempesta, Atto I, Scena 2, appare un sorprendente esempio dell’acrostico baconiano:

“Begun to tell me what I am, but stopt
And left me to a bootelesse Inquisition,
Concluding, stay: not yet.

La prima lettera della prima e della seconda riga insieme alle prime tre lettere della terza riga formano la parola BACon. Acrostici simili appaiono frequentemente negli scritti riconosciuti di Bacon.

Il tenore dei drammi shakespeariani è politicamente in armonia con i punti di vista riconosciuti di Sir Francis Bacon, i cui nemici sono spesso caricaturali nelle commedie. Allo stesso modo, le loro sottocorrenti religiose, filosofiche e educative riflettono tutte le sue opinioni personali. Non solo queste marcate somiglianze di stile e terminologia esistono negli scritti di Bacon e nei drammi shakespeariani, ma ci sono anche alcune inesattezze storiche e filosofiche comuni a entrambe, come le identiche erratezze di Aristotele.

“Comprendendo evidentemente che il futuro avrebbe svelato il suo pieno genio, Lord Verulam nel suo testamento lasciò la sua anima a Dio sopra le oblazioni del suo Salvatore, il suo corpo da seppellire oscuramente, il suo nome e la memoria ai discorsi di carità degli uomini, alle nazioni straniere, a Anni successivi, e ai suoi compatrioti, dopo che un po ‘ di tempo fosse trascorso. Questa parte che appare in corsivo fu cancellata da Bacon, apparentemente temendo che avesse detto troppo.

Che il sotterfugio di Sir Francis Bacon fosse noto a un gruppo limitato durante la sua vita è abbastanza evidente. Di conseguenza, in molti volumi del diciassettesimo secolo si possono trovare spunti vaghi riguardo al vero autore dei drammi shakespeariani. A pagina 33 (numero di cifratura di Bacon) dell’edizione 1609 di Tesoreria o Magazzino di Robert Cawdry

UN FIRMA BACONIANA.

Da Alciati Emblemata.

Il curioso volume da cui è tratta questa figura è stato pubblicato a Parigi nel 1818. L’attenzione dello studente baconiano è immediatamente attratta dalla forma del maiale in primo piano. Bacon usava spesso questo animale come un gioco di parole sul suo stesso nome, specialmente perché il nome Bacon era derivato dal termine beech (faggio) e il seme di questo albero era usato per ingrassare i maiali. I due pilastri sullo sfondo hanno un notevole interesse massonico. Le due A che si trovano quasi al centro dell’immagine – una in luce e l’altra ombreggiata – sono prove quasi conclusive dell’influenza baconiana. La prova più convincente, tuttavia, è il fatto che 17 è l’equivalente numerico delle lettere della firma latina di Bacon (F. Baco) e ci sono 17 lettere nelle tre parole che compaiono nell’illustrazione.

FRANCIS BACON, BARON VERULAM, VISCOUNT ST. Albans.

Dall’avanzamento dell’apprendimento di Bacon.

Lord Bacon nacque nel 1561 e la storia riporta la sua morte nel 1626. Esistono comunque documenti che indicherebbero la probabilità che il suo funerale fosse un finto funerale e che, lasciando l’Inghilterra, visse per molti anni sotto un altro nome in Germania , servendo fedelmente la società segreta per la promulgazione delle cui dottrine ha consacrato la sua vita. Pochi dubbi sembrano esistere nella mente degli investigatori imparziali che Lord Bacon era il figlio legittimo della regina Elisabetta e del conte di Leicester.

di Similes appare la seguente significativa allusione: “Come se gli uomini ridessero di un uomo povero, se avere indumenti preziosi lo costringessero a recitare la parte di un personaggio onorevole su un palco, quando la commedia finiva, doveva tenerli come se fossero suoi, e vantarsi “.

I ripetuti riferimenti alla parola hog e la presenza di affermazioni crittografiche a pagina 33 di vari scritti contemporanei dimostrano che la chiave dei cifrari era contenuta nel suo nome, Bacon. Esempi degni di nota sono la famosa frase di Mistress Quickly in The Merry Wives of Windsor: “Hang-hog is latten for Bacon, I warrant you”; i frontespizi di The Countess of Pembroke’s Arcadia e Faerie Queene di Edmund Spenser e gli emblemi che appaiono nelle opere di Alciatus e Wither. Inoltre, la parola honorificabilitudinitatibus che appare nel quinto atto di Love’s Labor’s Lost è una firma rosacrociana, come indica il suo equivalente numerico (287).

Di nuovo, sul frontespizio della prima edizione della Nuova Atlantide di Sir Francis Bacon, Padre Tempo è raffigurato mentre porta una figura femminile fuori dall’oscurità di una grotta. Intorno ad esso c’è un’iscrizione latina: “Col tempo la verità segreta sarà rivelata”. Le parole d’ordine che compaiono in volumi pubblicati specialmente durante la prima metà del diciassettesimo secolo sono stati progettati, disposti e in alcuni casi mutilati secondo un piano definito.

È evidente anche che le mispaginazioni nei Folios shakespeariani e altri volumi sono le chiavi dei cifrari baconiani, poiché le riedizioni – spesso prodotte con diversi caratteri e stampanti – contengono gli stessi errori. Ad esempio, il Primo e il Secondo Folio di Shakespeare sono stampati con caratteri completamente diversi e con stampanti diverse a nove anni di distanza, ma in entrambe le edizioni la pagina 153 delle Commedie è numerata 151 e le pagine 249 e 250 sono numerate rispettivamente 250 e 251. Anche nell’edizione del 1640 di Bacon, The Advancement and Proficience of Learning, le pagine 353 e 354 sono numerate rispettivamente 351 e 352, e nell’edizione del 1641 delle Settimane Divine di Du Bartas le pagine da 346 a 350 sono completamente mancanti, mentre la pagina 450 è numerata 442. La frequenza con cui sono coinvolte le pagine che terminano con i numeri 50, 51, 52,53 e 54 verrà indicata.

I requisiti del codice biliteralico di Lord Verulam sono pienamente soddisfatti in decine di volumi stampati tra il 1590 e il 1650 e in alcuni stampati in altri periodi. Un esame dei versi di L. Digges, dedicati alla memoria del defunto “Authour Maister W. Shakespeare”, rivela l’uso di due tipi di carattere sia per le lettere maiuscole che minuscole, le differenze sono più marcate nella T maiuscola, N e A, (Guarda il Primo Folio.) Il codice è stato cancellato dalle edizioni successive.

La presenza di materiale nascosto nel testo è spesso indicata da un inutile aggiunta di parole. Sulla sedicesima pagina non numerata dell’edizione del 1641 delle Settimane Divine di Du Bartas c’è un cinghiale che sormonta un testo piramidale. Il testo è gergo senza senso, evidentemente inserito per ragioni crittografiche e contrassegnato con la firma di Bacon – il maiale. L’anno successivo alla pubblicazione del primo foglio dei drammi di Shakespeare nel 1623, fu stampato in “Lunæburg” un notevole volume sulla crittografia, opera di Gustavo Selenus. È considerato estremamente probabile che questo volume costituisca la chiave crittografica del Grande Folio Shakespeariano.

Teste e code particolarmente simboliche segnalavano la presenza di crittogrammi. Mentre tali ornamenti si trovano in molti primi libri stampati, alcuni emblemi sono peculiari di volumi contenenti cifre rosacroce baconiane. Le ombre e le luci nella lettera A sono un esempio interessante. Tenendo presente la frequente ricorrenza nel simbolismo baconiano della A e del maiale, la seguente dichiarazione di Bacon nella sua interpretazione della natura è estremamente significativa: “Se la scrofa con il muso dovesse imprimere la lettera A sul terra, immagineresti quindi di poter scrivere tutta una tragedia con una sola lettera? ”

I rosacroce e le altre società segrete del diciassettesimo secolo usavano le filigrane come mezzo per il trasporto di riferimenti crittografici, e i libri che presumibilmente contengono cifrature baconiane sono di solito stampati su carta recante filigrane rosacroce o massoniche; spesso ci sono diversi simboli in un libro, come la croce di rose, urne, grappoli d’uva e altri.

A portata di mano è un documento che può rivelarsi una chiave notevole per un cifrario che inizia in The Tragedy of Cymbeline. Per quanto noto, non è mai stato pubblicato ed è applicabile solo alle opere del Folio Shakesperiano del 1623. Il codice è un conteggio di righe e parole che coinvolgono la punteggiatura, in particolare i punti esclamativi lunghi e corti e i punti di interrogazione dritti e inclinati. Questo codice è stato scoperto da Henry William Bearse nel 1900 e, dopo essere stato accuratamente verificato, la sua esatta natura sarà resa pubblica.

Non rimane alcun dubbio ragionevole che l’Ordine massonico sia la diretta causa della crescita delle società segrete del Medioevo, né si può negare che la massoneria sia permeata dal simbolismo e dal misticismo dei mondi antichi e medievali. Sir Francis Bacon conosceva il vero segreto dell’origine massonica e c’è motivo di sospettare che nascondesse questa conoscenza in cifre e crittografia. Bacon non deve essere considerato solo come un uomo ma piuttosto come il punto focale tra un’istituzione invisibile e un mondo che non è mai stato in grado di distinguere tra il messaggero e il messaggio che ha promulgato. Questa società segreta, avendo riscoperto la saggezza perduta dei secoli e temendo che la conoscenza potesse essere persa di nuovo, la perpetuò in due modi: (1) con una organizzazione (Massoneria)

.Dalla storia del mondo di Ralegh.

Molti documenti influenzati dalla filosofia baconiana – o che avevano come scopo quello di nascondere criptogrammi baconiani o rosacrociani – usavano alcuni disegni convenzionali all’inizio e alla fine dei capitoli, che rivelano agli iniziati la presenza di informazioni nascoste. L’ornamentale di cui sopra ha un’influenza baconiana e si trova solo in un certo numero di volumi rari, che contengono tutti crittogrammi baconiani. Questi messaggi di cifratura furono inseriti nei libri dallo stesso Bacon o da autori contemporanei e successivi appartenenti alla stessa società segreta che Bacon servì con la sua straordinaria conoscenza di cifrari ed enigmi. Varianti di questo copricapo adornano il grande folio shakespeariano (1623); il Novum Organum di Bacone (1620); la Bibbia di San Giacome (1611); Spencer Faerie Queene (1611); e Storia del mondo di Sir Walter Ralegh (1614) (Vedi American Baconiana.)

IL RITRATTO DROESHOUT DI SHAKSPERE.

Dal grande foglio di Shakespeare del 1623.

Non esistono ritratti autentici di Shakspere. Le differenze tra i ritratti di Droeshout, Chandos, Janssen, Hunt, Ashbourne, Soest e Dunford dimostrano definitivamente che gli artisti non erano a conoscenza delle reali caratteristiche di Shakspere. Un esame del ritratto di Droeshout rivela diverse peculiarità. Gli appassionati di Bacon sono convinti che il volto sia solo una caricatura, forse la maschera mortuaria di Francis Bacon. Un confronto tra il Droeshout Shakspere con i ritratti e le incisioni di Francis Bacon dimostra l’identità della struttura delle due facce, la differenza nell’espressione è causata da linee di ombreggiatura. Assieme alla peculiare linea che va dall’orecchio al mento. Questa linea significa sottilmente che la faccia stessa è una maschera, che termina all’orecchio? Si noti inoltre che la testa non è collegata al corpo, ma è appoggiata sul colletto. Il più strano di tutti è il cappotto: metà è all’indietro. Nel disegnare la giacca, l’artista ha realizzato correttamente il braccio sinistro, ma il braccio destro ha la parte posteriore della spalla in avanti. Frank Woodward ha notato che ci sono 157 lettere nel frontespizio. Questa è una firma rosacrociana di primaria importanza. La data, 1623, più le due lettere “ON” dalla parola “LONDRA”, danno la firma criptica di Francis Bacon, con una semplice cifra numerica. Semplicemente scambiando le 26 lettere dell’alfabeto con i numeri, 1 diventa A, 6 diventa F, 2 diventa B e 3 diventa C, dando AFBC. A questo si aggiunge ON da LONDRA, risultante in AFBCON, che riorganizzando le lettere diventa F. BACON.

agli iniziati di cui ha rivelato la sua saggezza sotto forma di simboli; (2) incarnando i suoi arcani nella letteratura per mezzo di cifre ed enigmi astutamente inventati.

Le prove indicano l’esistenza di un gruppo di fratelli saggi e illustri che si sono assunti la responsabilità di pubblicare e conservare per le generazioni future il più segreto dei libri segreti degli antichi, insieme ad alcuni altri documenti che essi stessi avevano preparato. Il fatto che i futuri membri della loro confraternita avrebbero potuto non solo identificare questi volumi, ma anche notare immediatamente i passaggi significativi, le parole, i capitoli o le sezioni in essi, hanno anche creato un alfabeto simbolico di disegni geroglifici. Per mezzo di una certa chiave e ordine, gli adepti furono così messi in condizione di trovare quella saggezza con la quale un uomo è “elevato” a una vita illuminata.

L’enorme importanza del mistero di Bacon sta diventando ogni giorno più evidente. Sir Francis Bacon era un anello di quella grande catena di menti che ha perpetuato la dottrina segreta dell’antichità sin dal suo inizio. Questa dottrina segreta è nascosta nei suoi scritti criptici. La ricerca di questa saggezza divina è l’unico motivo legittimo per lo sforzo di decodificare i suoi crittogrammi.

La ricerca massonica potrebbe scoprire molto valore se volesse prestare la sua attenzione ad alcuni volumi pubblicati nel XVI e XVII secolo che portano il marchio e il sigillo di quella società segreta i cui membri per primi stabilirono la massoneria moderna ma rimasero essi stessi come un gruppo immateriale che controllava e dirigeva il attività del corpo esterno. La storia sconosciuta e i rituali perduti della massoneria possono essere riscoperti nel simbolismo e nei crittogrammi del Medioevo. La massoneria è il figlio brillante e glorioso di un padre misterioso e nascosto. Non può rintracciare la sua discendenza perché quell’origine è oscurata dal velo del superfisico e del mistico. Il Grande Foglio del 1623 è una vera e propria casa del tesoro di tradizioni e simbolismo massonici, ed è giunto il momento in cui a quella Grande Opera dovrebbe essere accordata la considerazione che le è dovuta.

Sebbene il cristianesimo abbia distrutto l’organizzazione materiale dei Misteri pagani, non ha potuto distruggere la conoscenza del potere soprannaturale posseduto dai pagani. Pertanto è noto che i Misteri di Grecia ed Egitto furono perpetuati segretamente nei primi secoli della chiesa e, in seguito, vestiti dal simbolismo del cristianesimo, furono accettati come elementi di quella fede. Sir Francis Bacon fu uno di quelli a cui era stato affidato il perpetuarsi e la diffusione degli arcani del superfisico originariamente in possesso dei gerofanti pagani, e per raggiungere tale scopo formulò la Fraternità dei R.C. o è stato ammesso in un’organizzazione già esistente con quel nome ed è diventato uno dei suoi principali rappresentanti.

Per qualche ragione non evidente ai non iniziati c’è stato uno sforzo continuo e coerente per prevenire il disfacimento della matassa baconiana. Qualunque sia il potere che blocca continuamente gli sforzi degli investigatori, è ora incessante come lo era immediatamente dopo la morte di Bacon, e coloro che tentano di risolvere l’enigma sentono ancora il peso del suo risentimento.

Un mondo incompreso ha mai perseguitato coloro che comprendevano i meccanismi segreti della Natura, cercando in ogni ma immaginabile

I tentativi di falsficare la calligrafia di Shakspere; i ritratti fraudolenti la fabbricazione di biografie spurie; la mutilazione di libri e documenti; la distruzione o l’aver reso illeggibili tavolette e iscrizioni contenenti messaggi crittografici, hanno aggravato le difficoltà inerenti alla soluzione dell’enigma Bacon-Shakspere-Rosicruciano. I falsi irlandesi hanno ingannato gli esperti per anni.

Secondo il materiale disponibile, il consiglio supremo della Fraternità di R.C. era composto da un certo numero di individui che avevano vissuto quella che è conosciuta come la “morte filosofica”. Quando venne il momento per un iniziato di intraprendere le sue fatiche per l’Ordine, egli “morì convenientemente” in circostanze alquanto misteriose. In realtà cambiava nome e luogo di residenza e al suo posto veniva seppellita una scatola di pietre. Si ritiene che ciò sia accaduto nel caso di Sir Francis Bacon che, come tutti i servitori dei Misteri, ha rinunciato a tutto il merito personale e ha permesso ad altri di essere considerati come gli autori dei documenti che ha scritto o ispirato.

Gli scritti criptici di Francis Bacon costituiscono uno dei più potenti elementi tangibili nei misteri del trascendentalismo e della filosofia simbolica. Apparentemente devono ancora passare molti anni prima che un mondo senza comprensione apprezzerà il genio trascendente di quel misterioso uomo che scrisse il Novum Organum, che salpò con la sua piccola nave nel mare inesplorato dell’apprendimento attraverso le Colonne d’Ercole e i cui ideali per una nuova civiltà si esprime magnificamente nel sogno utopico della Nuova Atlantide. Sir Francis Bacon era un secondo Prometeo? Il suo grande amore per il popolo del mondo e la sua pietà per la loro ignoranza hanno fatto si che l’autore portasse il fuoco divino dal cielo nel contenuto di una pagina stampata?

Con ogni probabilità, le chiavi dell’enigma baconiano si troveranno nella mitologia classica. Chi comprende il segreto del Dio a sette raggi comprenderà il metodo impiegato da Bacone per compiere il suo lavoro monumentale. Gli alias sono stati assunti da lui in conformità con gli attributi e l’ordine dei membri del sistema planetario. Una delle chiavi meno conosciute – ma più importanti – dell’enigma baconiano è la terza edizione del 1637, pubblicata a Parigi, di Les Images o dei Tableaux de platte peinture des deux Philostrates sofistes grecs et les statues de Callistrate, di Blaise de Vigenere. Il frontespizio di questo volume – che, come indica il nome dell’autore quando correttamente decifrato, è stato scritto da o sotto la direzione di Bacon o della sua società segreta – è una massa di importanti simboli massonici o rosacrociani. A pagina 486 appare una tavola intitolata “Ercole Furieux”, che mostra una figura gigantesca che agita una lancia, il terreno davanti a lui cosparso di strani simboli. Nel suo curioso lavoro, Das Bild des Speershüttlers die Lösung des Shakespeare-Rätsels, Alfred Freund tenta di spiegare il simbolismo baconiano nei Filostrati. spiegandoci come Bacone sia l’Ercole filosofale, che il tempo stabilirà come il vero “Spear-Shaker” (Shakespeare).

TITOLO DELLA PAGINA DELLA FAMOSA PRIMA EDIZIONE DELLA STORIA DEL MONDO DI SIR WALTER RALEGH.

Dalla storia del mondo di Ralegh.

Qual era la misteriosa conoscenza che possedeva Sir Walter Ralegh e che era stata dichiarata dannosa per il governo britannico? Perché è stato giustiziato quando le accuse contro di lui non potevano essere provate? Era un membro di quelle società segrete temute e odiate che hanno quasi rovesciato l’Europa politica e religiosa durante il XVI e il XVII secolo? Sir Walter Ralegh è stato un fattore importante nell’enigma massonico Bacon-Shakspere-Rosacroce-Massonico? Da parte di coloro che cercano le chiavi di questa grande controversia, sembra essere stato quasi del tutto trascurato. I suoi contemporanei sono unanimi nel lodare il suo straordinario intelletto, ed è stato a lungo considerato uno dei figli più brillanti della Gran Bretagna.

Sir Walter Ralegh – soldato, cortigiano, statista, scrittore, poeta, filosofo ed esploratore – fu una figura scintillante alla corte della regina Elisabetta. I nemici di Ralegh, giocando sulla debolezza del re, non cessarono la loro persecuzione fino a quando Ralegh non fu impiccato e il suo corpo decapitato, diviso in quarti e sventrato.

Il frontespizio riprodotto sopra è stato usato dai nemici politici di Ralegh come potente arma contro di lui. Convinsero Giacomo I che il volto della figura centrale che sosteneva il globo era una sua caricatura, e il re infuriato ordinò che ogni copia dell’incisione fosse distrutta. Ma alcune copie sfuggirono all’ira reale; di conseguenza la tavola è estremamente rara. L’incisione è una massa di simboli rosacroce e massonici, e le figure sulle colonne nascondono con tutta probabilità un crittogramma. Ancora più significativo è il fatto che la pagina di fronte a questa tavola è un copricapo identico a quello utilizzato nel Folio di “Shakespeare” del 1623 e anche nel Novum Organum di Bacon.

Gli insegnamenti segreti di tutte le ere: Il matrimonio chimico

L’autore di Matrimonio Chimico, Johann Valentin Andreæ, nato nel Württemberg nel 1586, aveva ventotto anni quando quel lavoro fu pubblicato per la prima volta. Presumibilmente fu scritto circa dodici anni prima della sua pubblicazione – o quando l’autore aveva quindici o sedici anni. Il fatto è quasi incredibile: un ragazzo così giovane che riesce a produrre un volume contenente la ricchezza del pensiero simbolico e della filosofia nascosta.. Questo libro fa riferimento a Christian Rosencreutz, ed è generalmente considerato il terzo della serie di originali manifesti rosacrociani. Come opera simbolica, il libro stesso è irrimediabilmente inconciliabile con le affermazioni di Andreæ a riguardo. La storia del Matrimonio Chimico riporta in dettaglio una serie di incidenti che accadono a un uomo anziano, presumibilmente il padre C.R.C. di Fama e Confessio. Se padre C.R.C. Nacque nel 1378, come dichiarato nella Confessio, ed è identico a Christian Rosencreutz del Matrimonio Chimico, fu elevato alla dignità di Cavaliere della Pietra Dorata nell’ottantunesimo anno della sua vita (1459). Alla luce delle sue stesse affermazioni, è inconcepibile che Andreæ potesse essere padre Rosa Croce.

Molte figure trovate nei vari libri sul simbolismo pubblicati nella prima parte del diciassettesimo secolo hanno una sorprendente somiglianza con i personaggi e gli episodi del Matrimonio Chimico. Il matrimonio chimico potrebbe rivelarsi la chiave dell’enigma del rosacrocianesimo baconiano. La presenza nel testo tedesco del matrimonio chimico di alcune parole in inglese indica che il suo autore fosse anche in grado di parlare quella lingua. Il seguente riassunto degli episodi principali dei sette giorni del Matrimonio Chimico darà al lettore un’idea abbastanza completa della profondità del suo simbolismo.

PRIMO GIORNO

Christian Rosencreutz, avendo preparato l’Agnello pasquale insieme a un piccolo pane non lievitato, fu turbato mentre pregava la sera prima di Pasqua da una violenta tempesta che minacciava di demolire non solo la sua casetta, ma la stessa collina su cui sorgeva. Nel bel mezzo della tempesta fu toccato sulla schiena e, voltandosi, vide una donna gloriosa con le ali piene di occhi, la quale indossava abiti color cielo cosparsi di stelle. In una mano teneva una tromba e nell’altra un fascio di lettere in ogni lingua. Consegnando una lettera a C.R.C., salì immediatamente in aria, mentre al tempo stesso soffiando sulla sua tromba causo` un’esplosione che scosse la casa. Sul sigillo della lettera c’era una curiosa croce e le parole In hoc signo vinces. All’interno, tracciato in lettere d’oro su uno sfondo azzurro, era un invito a un matrimonio reale.

C.R.C. fu profondamente commosso dall’invito perché era l’adempimento di una profezia che aveva ricevuto sette anni prima, ma sentendosi indegno era paralizzato dalla paura. Alla fine, dopo aver fatto ricorso alla preghiera, cercò di dormire. Nei suoi sogni si trovò in una buia segreta con una moltitudine di altri uomini, tutti legati e incatenati con grandi catene. La gravità delle loro sofferenze aumentò mentre si scontravano l’un l’altro nell’oscurità. All’improvviso dall’alto venne il suono delle trombe; il tetto del sotterraneo fu sollevato e un raggio di luce trafisse l’oscurità. Inquadrato nella luce c’era un uomo dalla testa canuta che annunciava che una fune si sarebbe abbassata per sette volte e chiunque avrebbe potuto aggrapparsi alla corda sarebbe stato attirato verso la libertà.

Ne scaturì una grande confusione. Tutti cercarono di afferrare la corda e molti vennero presi. C.R.C. era disperato e voleva salvarsi, fortunatamente, improvvisamente la fune oscillò verso di lui e, afferrandola, fu sollevato dalla prigione. Una donna anziana chiamata “l’antica matrona” scrisse in un libro giallo dorato i nomi di quelli estratti, e ciascuno dei redenti ricevette per ricordo un pezzo d’oro recante il simbolo del sole e le lettere DL SCRC, gli uomini rimasero feriti mentre si aggrappavano alla corda, trovava difficile camminare. L’anziana donna gli disse di non preoccuparsi, ma di ringraziare Dio che gli aveva permesso di entrare in una luce così forte. A quel punto suonarono le trombe e C.R.C. si svegliò, ma il sogno era così vivido che era ancora sensibile alle ferite ricevute mentre dormiva.

Con rinnovata fede C. R. C. si alzò e si preparò per il matrimonio ermetico. Indossò un cappotto di lino bianco e si legò un nastro rosso formado una croce sulle sue spalle. Nel suo cappello infilo` quattro rose e per il cibo porto` pane, acqua e sale. Prima di lasciare la sua casa, si inginocchiò e giurò che qualsiasi conoscenza gli fosse stata rivelata si sarebbe dedicato al servizio del suo vicino. Quindi si allontanò dalla sua casa con gioia.

SECONDO GIORNO

Quando entrò nella foresta che circondava la sua casetta, a C.R.C. sembrò che tutta la Natura si fosse felicemente preparata al matrimonio. Mentre procedeva cantando allegramente, arrivò a una brughiera verde in cui stavano tre grandi cedri, uno con una tavoletta con un’iscrizione che descriveva i quattro sentieri che portavano al palazzo del Re: il primo breve e pericoloso, il secondo tortuoso, il terzo piacevole e regale, e il quarto adatto solo a corpi incorruttibili. Stanco e perplesso, C.R.C. Decise di riposare e, tagliando una fetta di pane, una colomba bianca lo implorò. La colomba fu subito attaccata da un corvo, e nei suoi sforzi per separare gli uccelli C.R.C. senza saperlo percorse una considerevole distanza lungo uno dei quattro sentieri – quello che portava verso sud. Un vento tremendo gli impediva di tornare sui suoi passi, l’ospite del matrimonio si rassegnò alla perdita del suo pane e continuò lungo la strada finché non scorse in lontananza un grande cancello. Essendo il sole basso, si affrettò verso il portale, sul quale, tra le altre figure, c’era una tavoletta con le parole Procul hinc procul ite profani.

Un guardiano con l’abito color cielo immediatamente chiese a C.R.C. riguardo alla sua lettera di invito, successivamente lo fece entrare al ricevimento, e gli chiese di acquistare un gettone. Dopo aver descritto se stesso come un fratello della Croce Rossa, C.R.C. ricevette in cambio della sua borraccia un disco d’oro recante le lettere S C.. Mentre la notte si avvicinava, il viandante si affrettò verso una seconda porta, sorvegliata da un leone, e alla quale fu apposta una tavoletta con le parole Date et dabitur volis, dove presento` una lettera datagli dal primo guardiano. Essendo stato sollecitato ad acquistare un gettone con le lettere S M, diede il suo piccolo pacchetto di sale e poi si affrettò a raggiungere i cancelli del palazzo prima che fossero chiusi a chiave per la notte.

Una bellissima vergine chiamata Vergine Lucifera stava spegnendo le luci del castello mentre C.R.C. si avvicinava. L’uomo riuscì a malapena a passare attraverso i cancelli mentre si chiudevano. Durante questa operazione, perse parte del suo cappotto, che è stato costretto a lasciare indietro. Qui il suo nome fu scritto nel piccolo libro pergamino di Lord Bridegroom e gli fu presentato un nuovo paio di scarpe e anche un gettone con le lettere SP N. Fu poi condotto in una piccola camera dove i “riccioli grigio ghiaccio” vennero tagliati dalla corona della sua testa da barbieri invisibili, dopo di che fu accolto in una spaziosa sala dove un buon numero di re, principi e cittadini comuni vennero riuniti. Al suono delle trombe ognuno si sedette al tavolo, prendendo una posizione corrispondente alla sua dignità, così che C.R.C. ricevette un posto molto umile. La maggior parte degli pseudo-filosofi si presentano come vani pretendenti, il banchetto divento` un’orgia, che tuttavia, all’improvviso, smise di suonare

PAGINA DEL 1616 EDIZIONE DI CHYMISCHE HOCHZEIT: CHRISTIAN ROSENCREUTZ.

Dal matrimonio chimico di Rosencreutz.

La più notevole di tutte le pubblicazioni coinvolte nella polemica rosacrociana è quella di Il Matrimonio Chimico, pubblicato a Strasburgo. Questo lavoro, che è molto raro, dovrebbe essere riprodotto in facsimile esatto per fornire agli studenti l’opportunità di esaminare il testo attuale per le varie forme di cifratura impiegate. Probabilmente nessun altro volume nella storia o nella letteratura ha un cosi` grande valore simbolico. Subito dopo la pubblicazione, lo scopo per cui il volume era destinato divenne oggetto di speculazione popolare. È stato attaccato e difeso allo stesso modo da teologi e filosofi, ma quando i vari elementi contendenti si sono calmati, i misteri che circondano il libro rimasero irrisolti. Il fatto che il suo autore fosse un uomo di eccezionale cultura fu ammesso, ed è degno di nota il fatto che quelle menti che possedevano la più profonda comprensione dei misteri della Natura erano tra quelle profondamente impressionate dal contenuto di Il Matrimonio Chimico.

quella potente e trascinante musica. Per quasi mezz’ora nessuno parlò. Poi, in mezzo a un grande suono, la porta della sala da pranzo si spalancò e migliaia di candele accese tenute da mani invisibili entrarono. Seguirono i due paggi che illuminavano la bella Vergine Lucifera seduta su un trono semovente. La Vergine in tunica bianca e oro si alzò e annunciò che per impedire l’ammissione di persone indegne al matrimonio mistico sarebbe stato eretto un set di scale il giorno seguente in cui ogni ospite sarebbe stato pesato per determinare la sua integrità. Coloro che non vogliono subire questo calvario, ha dichiarato, dovrebbero rimanere nella sala da pranzo. Poi si ritirò, ma molti delle candele rimaste accompagnarono gli ospiti ai loro alloggi per la notte.

La maggior parte dei presenti era abbastanza presuntuoso da credere di poter essere pesato con sicurezza, ma nove – tra cui C.R.C. – avvertirono i loro difetti così profondamente che temevano l’esito e rimasero nella sala mentre gli altri vennero portati nelle loro camere da letto. Questi nove erano legati con le corde e lasciati soli nell’oscurità. C.R.C. poi sognò di vedere molti uomini sospesi sulla terra da fili, e tra questi noto` un uomo anziano che, tagliando qua e là un filo, faceva cadere molti sulla terra. Coloro che nell’arroganza si erano elevati a grandi altezze cadevano, di conseguenza, a una distanza maggiore e subivano lesioni più gravi di quelli più umili che, cadendo a breve distanza. Considerando questo sogno di buon auspicio, C.R.C. lo riferì ad un compagno, continuando a discorrere con lui fino all’alba.

TERZO GIORNO

Poco dopo l’alba suonarono le trombe e la Vergine Lucifera, avvolta in velluto rosso, cinta da una fascia bianca e coronata da una corona d’alloro, entrò accompagnata da duecento uomini in livrea rossa e bianca. Intimo` a C.R.C. e ai suoi otto compagni che avrebbero potuto fare meglio degli altri ospiti soddisfatti di sé. Scale d’oro furono appese in mezzo alla sala e vicino a loro furono messi sette pesi, uno di buone dimensioni, quattro piccoli e due molto grandi. Gli uomini in livrea, ciascuno con una spada e una corda, furono divisi in sette gruppi e da ciascun gruppo fu scelto un capitano, a cui fu affidato uno dei pesi. Dopo aver rimontato il suo trono, la Vergine Lucifera ordinò che la cerimonia iniziasse. Il primo a calpestare le scale fu un imperatore così virtuoso che gli equilibri non si rovesciarono finché non furono posti sei pesi sul lato opposto. Fu quindi consegnato al sesto gruppo. Ricchi e poveri venivano pesati, ma solo pochi superarono il test con successo. A questi furono date vesti di velluto e ghirlande di alloro, dopo di che si sedettero sui gradini del trono della Vergine Lucifera. Coloro che fallirono vennero ridicolizzati e flagellati.

Essendo finita l’inquisizione, uno dei capitani implorò la Vergine Lucifera di permettere che anche i nove uomini che si erano dichiarati indegni venissero soppesati, e ciò scateno` C.R.C. ngoscia e paura in C.R.C.. Dei primi sette uno ebbe successo e fu salutato con gioia. C.R.C. era l’ottavo e non solo supero` la prova dei pesi, ma anche quando tre uomini si appesero all’estremità opposta della trave non riuscirono a spostare l’equilibrio. Un paggio gridò: “E ‘LUI!” C.R.C. fu rapidamente messo in liberta` e gli fu permesso di rilasciare uno dei prigionieri. Scelse il primo imperatore. La Vergine Lucifera quindi chiese le rose rosse che C.R.C. aveva portato, ed immediatamente gliele diede. La cerimonia della bilancia terminò verso le dieci del mattino.

Dopo aver concordato le sanzioni da imporre a coloro le cui carenze erano state così esposte, fu servita a tutti una cena. I pochi “artisti” di successo, tra cui C.R.C., ricevettero i posti principali, dopo di che il Vello d’oro e un Leone Volante furono conferiti a loro in nome dello Sposo. La Vergine Lucifera presentò quindi agli ospiti una magnifica coppa, affermando che il Re aveva chiesto a tutti di condividerne il contenuto, in seguito a ciò C.R.C. e i suoi compagni furono portati su un’impalcatura dove videro le varie pene subite da coloro che fallirono. Prima di lasciare il palazzo, a ciascuno degli ospiti respinti venne fatto bere un sorso di dimenticanza. Gli eletti poi tornarono al castello, dove ad ognuno fu assegnata un paggio istruito, che li condusse attraverso le varie parti dell’edificio. C.R.C. vide molte cose che i suoi compagni non avevano il privilegio di vedere, incluso il Sepolcro Reale, dove aveva appreso “più di quanto non stia scritto in tutti i libri”. Visitò anche una magnifica biblioteca e un osservatorio contenente un grande globo di trenta piedi di diametro e con tutti i paesi del mondo su di esso.

A cena i vari ospiti proposero enigmi e C.R.C. risolse l’enigma chiesto dalla Vergine Lucifera riguardo alla propria identità. Poi entrarono nella sala da pranzo due giovani e sei vergini splendidamente vestite, seguite da una settima vergine con indosso una corona. Quest’ultima fu chiamata Duchessa e fu scambiata per la Sposa Ermetica. La duchessa disse a C.R.C. che aveva ricevuto più degli altri, quindi avrebbe dovuto donare piu` degli altri. La Duchessa allora chiese a ciascuna delle vergini di prendere uno dei sette pesi che erano ancora nella grande stanza. Alla Vergine Lucifera fu dato il peso più pesante, che fu appeso nella camera della Regina durante il canto di un inno. Nella seconda camera la prima vergine appese il suo peso durante una cerimonia simile; così procedettero da una stanza all’altra finché i pesi non furono eliminati. La duchessa quindi presentò la sua mano a C. R. C. e ai suoi compagni e, seguita dalle sue vergini, si ritirò. Paggi poi condussero gli ospiti nelle loro camere da letto. Quella assegnata a C.R.C. era decorata con arazzi rari e con bellissimi dipinti.

IL QUARTO GIORNO

Dopo essersi lavato ed aver bevuto in giardino da una fontana che portava numerose iscrizioni – tra cui una che legge “Bevete, fratelli e vivete” – gli ospiti, guidati dalla Vergine Lucifera, salirono i 365 gradini della scala a chiocciola reale. Agli ospiti furono consegnate ghirlande di alloro e, alzando una cortina, si trovarono alla presenza del Re e della Regina. C.R.C. fu sbalordito dalla gloria della sala del trono e soprattutto dalla magnificenza delle vesti della Regina, che erano così abbaglianti che non riusciva a guardarle. Ogni ospite è stato presentato al re da una delle vergini e dopo questa cerimonia la Vergine Lucifera ha fatto un breve discorso in cui ha recitato i risultati degli “artisti” onesti e ha pregato che ognuno fosse interrogato sul fatto che avesse correttamente adempiuto al proprio dovere . Allora il vecchio Atlante fece un passo avanti e in nome delle loro reali maestà salutò l’intrepida schiera di filosofi e assicurò alla Vergine Lucifera che avrebbero dovuto ricevere una ricompensa reale.

La lunghezza della stanza del trono era cinque volte la sua larghezza. A ovest c’era un grande portico nel quale si ergevano tre troni, quello centrale rialzato. Su ciascun trono sedevano due persone: sul primo un re antico con una giovane consorte; sul terzo un re nero con una matrona velata accanto a lui; e sul trono centrale due giovani sopra le cui teste pendeva una corona grande e costosa, sulla quale aleggiava un piccolo Cupido che sparava le sue frecce prima ai due amanti e poi alla sala. Davanti alla regina un libro rilegato in velluto nero giaceva su un piccolo altare, sul quale erano decorazioni dorate. Accanto a questo c’erano una candela accesa, un globo celeste, un piccolo orologio da taschino, un tubicino di cristallo dal quale scorreva un flusso di limpido liquore rosso sangue, e un teschio con un serpente bianco che strisciava dentro e fuori le sue orbite. Dopo le loro presentazioni, gli ospiti si ritirarono lungo la scala a chiocciola verso la grande sala.

CHIAVE DEL GRANDE SEGRETO FILOSOFICO.

Dal Theatrum Chemicum Britannicum di Ashmole.

Questa tavola, che è la chiave dell’alchimia cristiana mistica, manca da quasi tutte le copie del Theatrum Chemicum Britannicum, un’opera compilata da Elias Ashmole e contenente una ventina di pezzi di poeti inglesi che trattano della Pietra Filosofale e dei misteri ermetici. In considerazione del modo coerente con cui la tavola è scomparsa, è possibile che il diagramma sia stato appositamente rimosso perché rivelava troppo chiaramente gli arcani rosacrociani. Degno di nota è anche la cura con cui i nomi dei proprietari sono stati cancellati dai primi libri relativi all’alchimia e all’ermetismo. I nomi originali sono di solito resi illeggibili coperti da pesanti linee di inchiostro, la procedura spesso provoca un danno enorme al volume. Mentre un’eccezione occasionale viene trovata, in praticamente ogni caso i libri mutilati si occupano o contengono scritti criptici rosacrociani. Si presume che questa pratica di cancellare i nomi dei proprietari fosse utile ad impedire che i primi rosacrociani ed ermetisti venissero scoperti attraverso i volumi che compongono le loro biblioteche. La tavola di Elias Ashmole mostra le analogie tra la vita di Cristo e le quattro grandi divisioni del processo alchemico. Qui viene anche rivelato l’insegnamento che la Pietra Filosofale stessa è un macrocosmo e un microcosmo, che incarnano i principi dell’astronomia e della cosmogonia, sia universale che umana.

Più tardi la Vergine Lucifera annunciò che doveva essere eseguita una commedia a beneficio dei sei ospiti reali in un edificio chiamato la Casa del Sole. C.R.C. e i suoi compagni facevano parte della processione reale, che dopo una considerevole camminata arrivò al teatro. Il dramma era in sette atti, e dopo il suo lieto fine tutti tornarono attraverso il giardino e salirono le scale tortuose verso la sala del trono. C.R.C. notò che il giovane re era molto triste e che al banchetto seguente gettava spesso carne al serpente bianco nel cranio. A festa finita, il giovane re, tenendo in mano il piccolo libro nero dall’altare, chiese agli ospiti se sarebbero stati fedeli a lui nella prosperità e avversità, essi con paura risposero che erano d’accordo e chiese a ciascuno di firmare il suo nome in un piccolo libro nero come prova della sua fedeltà. Le persone reali bevvero poi dalla piccola fontana di cristallo, gli altri in seguito fecero altrettanto. Questo fu chiamato “Sorso del Silenzio”. Le persone reali poi strinsero tristemente la mano a tutti i presenti. All’improvviso un campanello tintinnò e immediatamente i re e le regine si tolsero le loro vesti bianche e indossarono quelle nere, la stanza fu decorata con tendaggi di zibellino e le tavole furono rimosse. Gli occhi delle persone reali furono bendate con sei sciarpe di taffetà nera e sei bare furono poste al centro della stanza. Un boia, un moro, vestito di nero e con un’ascia, entrò e decapitò a turno ciascuna delle sei persone reali. Il sangue di ciascuno fu catturato in una coppa d’oro, che è stata posta nelle bare con il corpo. Anche il boia è stato decapitato e la sua testa è stata messa in una piccola cassapanca.

La Vergine Lucifera, dopo aver assicurato C.R.C. e i suoi compagni che sarebbe andato tutto bene se fossero stati fedeli e leali, ordino ai paggi di condurli nelle loro stanze per la notte mentre lei restava a con i morti. Circa a mezzanotte C.R.C. si svegliò all’improvviso e, guardando dalla sua finestra, vide sette navi che navigavano su un lago. Sopra ognuna si librava una fiamma; credeva che questi fossero gli spiriti dei decapitati. Quando le navi raggiunsero la riva, la Vergine Lucifera le incontrò e su ognuna delle sei navi fu posta una bara coperta. Non appena le bare vennero eliminate, le luci si spensero e le fiamme tornarono sul lago, cosicché rimase una sola luce per ogni orologio in ogni nave. Dopo aver visto questa strana cerimonia, C.R.C. tornò al suo letto e dormì fino al mattino

QUINTO GIORNO

Alzandosi all’alba e implorando il suo paggio di mostrargli altri tesori del palazzo, C.R.C. fu fatto scendere molti gradini verso una grande porta di ferro con una curiosa iscrizione, che scrisse con cura. Passando attraverso, si trovò nel tesoro reale, la luce del quale proveniva interamente da alcuni enormi carbonchi. Al centro sorgeva il sepolcro triangolare di Lady Venere. Sollevando una porta di rame sul pavimento, il paggio introdusse C.R.C. in una cripta dove sorgeva un grande letto sul quale, quando la sua guida aveva sollevato le coperte, C.R.C. ha visto il corpo di Venere. Guidato dal suo paggio, C.R.C. poi si riunì ai suoi compagni, senza dire nulla della sua esperienza.

La Vergine Lucifera, vestita di velluto nero e accompagnata dalle sue vergini, condusse gli ospiti nel cortile dove si trovavano sei bare, ognuna con otto uomini. C.R.C. era l’unico del gruppo di “artisti” che sospettava che i corpi reali non fossero più in queste bare. Le bare furono abbassate nelle tombe e grandi pietre rotolarono su di esse. La Vergine Lucifera fece quindi una breve orazione in cui esortava ciascuno a contribuire a riportare in vita le persone reali, dichiarando che dovevano viaggiare con lei alla Torre dell’Olimpo, dove le medicine necessarie alla risurrezione delle sei persone reali potevano essere trovate. C.R.C. e i suoi compagni seguirono la Vergine Lucifera fino alla riva del mare, dove tutti si imbarcarono su sette navi disposte secondo un certo strano ordine. Mentre le navi navigavano attraverso il lago e attraverso uno stretto canale in mare aperto, erano presenti sirene, ninfe e divinità marine, che in onore del matrimonio presentavano una splendida e bellissima perla alla coppia reale. Quando le navi giunsero in vista della Torre dell’Olimpo, la Vergine Lucifera ordinò lo scarico dei cannoni per segnalare il loro avvicinamento. Immediatamente una bandiera bianca apparve sulla torre e una piccola pinnace dorata, contenente un uomo antico – il guardiano della torre – con le sue guardie vestite di bianco uscì per incontrare le navi.

La Torre dell’Olimpo si ergeva su un’isola che era esattamente quadrata ed era circondata da un grande muro. Entrando nel cancello, il gruppo fu condotto sul fondo della torre centrale, che conteneva un eccellente laboratorio dove gli ospiti erano pronti a lavorare su piante, pietre preziose e ogni sorta di cose, estrarre il loro succo ed essenza, e mettere questi ultimi negli appositi contenitori. La Vergine Lucifera fece sì che gli “artisti” lavorassero così duramente da sentirsi dei semplici braccianti. Quando il lavoro del giorno era finito, a ciascuno di loro veniva assegnato un materasso sul pavimento di pietra. Non potendo dormire, C.R.C. vagava per contemplare le stelle. Salendo su una rampa di scale che porta in cima al muro, si arrampicò e guardò il mare. Rimanendo qui per un po ‘, verso mezzanotte, vide sette fiamme che, passando sopra il mare verso di lui, si radunarono sulla cima della guglia della torre centrale. Contemporaneamente sorsero i venti, il mare divenne tempestoso e la luna fu coperta di nuvole. Con qualche paura C.R.C. corse giù per le scale e tornò alla torre e, sdraiato sul materasso, fu addormentato dal suono di una fontana che scorreva dolcemente in laboratorio

SESTO GIORNO

Il mattino dopo l’anziano guardiano della torre, dopo aver esaminato il lavoro svolto dagli ospiti del matrimonio in laboratorio e averlo trovato soddisfacente, provocò la comparsa di scale, corde e grandi ali, e si rivolse agli “artisti” riuniti in tal modo: ” Miei cari figli, dovrete portarvi dietro una di queste tre cose in questo giorno. ” Vennero assegnati gli oggetti e con grande dispiacere di C.R.C., venne data lui una scala pesante. Quelli che si erano assicurati le ali le avevano attaccate alla schiena in modo così astuto che era impossibile scoprire che erano artificiali. L’anziano guardiano bloccò gli “artisti” nella stanza inferiore della torre, ma in breve tempo fu scoperto un foro rotondo nel soffitto e la Vergine Lucifera invitò tutti ad ascendere. Quelli con le ali volarono subito attraverso l’apertura, quelli con le corde ebbero molte difficoltà, mentre C.R.C. con la sua scala sali` con velocità ragionevole. Al secondo piano gli invitati al matrimonio, i musicisti e la Vergine Lucifera si riunirono attorno a un congegno simile a una fontana che conteneva i corpi delle sei persone reali.

La Vergine Lucifera mise quindi la testa del moro in un recipiente simile a un bollitore nella parte superiore della fontana e versò su di essa le sostanze preparate il giorno precedente in laboratorio. Le vergini posero delle lampade sotto. Queste sostanze quando bollivano passavano attraverso i buchi nei lati del bollitore e, cadendo sui corpi nella fontana sottostante, li scioglievano. I sei corpi reali essendo stati ridotti a uno stato liquido, vennero drenati in un immenso globo dorato, che, quando fu riempito, era di grande peso. Tutti tranne gli ospiti del matrimonio si ritirarono e in breve un buco nel soffitto si aprì come prima e gli ospiti salirono al terzo piano. Qui il globo era sospeso da una catena. Le pareti dell’appartamento erano di vetro e gli specchi erano disposti in modo tale che i raggi del sole si concentrassero sul globo centrale, facendolo diventare molto caldo. Più tardi i raggi del sole vennero deviati e al globo fu permessso di raffreddarsi, dopo di che venne tagliato con un diamante, rivelando un bellissimo uovo bianco. Portandolo con sé, la Vergine Lucifera se ne andò.

Gli ospiti, essendo saliti attraverso un’altra botola, trovarono

L’UNIVERSO CREATO DAL PRINCIPIO DOPPIO DELLA LUCE E DELL’OSCURITÀ.

Da Philosophia Mosaica di Fludd.

La divinità suprema è simbolizzata dal piccolo globo in alto, che è diviso in due emisferi, la metà scura rappresenta l’oscurità divina con cui la Divinità si avvolge e che funge da nascondiglio. L’emisfero radioso significa la luce divina che è in Dio e che, riversandosi, si manifesta come il potere oggettivo creativo. Il grande globo oscuro a sinistra e al di sotto della metà oscura della sfera superiore indica la potenziale oscurità che si trovava sul volto del profondo primordiale e all’interno del quale si muoveva lo Spirito di Dio. Il globo di luce a destra è la Divinità che viene rivelata dall’oscurità. Qui la Parola splendente ha dissipato le ombre e si è formato un universo glorioso. Il potere divino di questo globo luminoso è riconoscibile all’uomo rappresentato come sole. La grande luce e una sezione scura rappresentano gli universi creati che prendono la luce e l’oscurità che sono nella natura del Creatore. La metà oscura rappresenta il profondo, o il caos, le acque eterne che fuoriescono dalla divinità; il semicerchio che contiene la figura di Apollo rappresenta l’emisfero diurno del mondo, che negli antichi Misteri era governato da Apollo. Il semicerchio scuro è l’emisfero notturno governato da Dionisio (Dioniso), la cui figura è vagamente visibile nell’oscurità.

loro stessi al quarto piano, dove stava un bollitore quadrato pieno di sabbia argentata riscaldata da un fuoco gentile. Il grande uovo bianco è stato posto sulla sabbia calda per maturare. In breve tempo si incrinò e emerse un uccello brutto e irascibile, che era nutrito con il sangue delle persone reali decapitate diluite con acqua preparata. Ad ogni alimentazione le sue piume cambiavano colore; dal nero si trasformarono in bianchi e alla fine divennero multicolori, la disposizione dell’uccello migliorò nel tempo. Fu quindi servita la cena, dopo la quale la Vergine Lucifera partì con l’uccello. Gli ospiti salivano con corde, scale e ali al quinto piano, dove era stato preparato un bagno colorato con polvere bianca fine per l’uccello, che si divertiva a fare il bagno fino a quando le lampade poste sotto il bagno fecero diventare l’acqua troppo calda. Quando il calore rimosse tutte le penne dell’uccello, fu rimosso, ma il fuoco continuò finché non rimase nulla nella vasca da bagno salvo un sedimento sotto forma di una pietra blu. Questa è stata successivamente martellata e trasformata in un pigmento; con questo, tutto l’uccello tranne la testa venne dipinto.

Gli ospiti salirono al sesto piano, dove si ergeva un piccolo altare simile a quello nella sala del trono del re. L’uccello bevve dalla piccola fontana e si nutrì del sangue del serpente bianco che strisciava attraverso le aperture del cranio. La sfera dell’altare girava continuamente. L’orologio ne colpì uno, due e poi tre, momento in cui l’uccello, appoggiando il collo sul libro, si fece decapitare. Il suo corpo venne bruciato in cenere, che venne collocata in una scatola di legno di cipresso. Virgo Lucifera ha detto a C.R.C. e tre dei suoi compagni che erano “lavoratori” pigri e che sarebbero quindi esclusi dalla settima stanza. Furono inviati musicisti, che con delle trobette dovevano ridicolizzare. C.R.C. e i suoi tre compagni finché i musicisti non dissero loro di essere di buon umore e li guidarono su per una scala a chiocciola fino all’ottavo piano della torre, direttamente sotto il tetto. Qui il vecchio guardiano, in piedi su una piccola fornace rotonda, li accolse e si congratulò con loro per essere stati scelti dalla Vergine Lucifera, per questo grande lavoro. Allora entrò la Vergine Lucifera e, dopo aver riso delle perplessità dei suoi ospiti, svuotò le ceneri dell’uccello su un’altro contenitore, riempiendo la scatola di cipresso di materia inutile. Quindi tornò al settimo piano, presumibilmente per ingannare quelli riuniti lì mettendoli a lavorare sulle false ceneri nella scatola.

C.R.C. e i suoi tre amici erano pronti a lavorare inumidendo le ceneri dell’uccello con acqua appositamente preparata fino a quando la miscela divenne di consistenza impastata, dopo di che fu riscaldata e modellata in due forme in miniatura. Più tardi queste furono aperte, rivelando due immagini umane luminose e quasi trasparenti alte circa quattro pollici (omuncoli), un maschio e l’altra femmina. Queste forme minuscole furono posate su cuscini di raso e alimentate goccia a goccia con il sangue dell’uccello fino a quando non diventarono di dimensioni normali e di grande bellezza. Sebbene i corpi avessero la consistenza della carne, non mostravano segni di vita, poiché l’anima non era in loro. I corpi furono poi circondati da torce e i loro volti coperti di seta. Poi apparve la Vergine Lucifera, con due curiose vesti bianche. Entrarono anche le vergini, tra cui sei con grandi trombe. Una tromba fu posta sulla bocca di una delle due figure e C.R.C. ha visto un piccolo foro aperto nella cupola della torre e un raggio di luce scendere attraverso il tubo della tromba ed entrare nel corpo. Questo processo è stato ripetuto tre volte su ciascun corpo. Le due forme appena emesse furono poi rimosse su un divano viaggiante. In circa mezz’ora il giovane re e la regina si svegliarono e la Vergine Lucifera li presentò con le vesti bianche. Questi le indossarono e il re nella sua persona è stato gentilmente restituito grazie a C.R.C. e i suoi compagni, dopo di che le persone reali partirono su una nave. C.R.C. e i suoi tre amici privilegiati si riunirono agli altri “artisti”, senza fare alcun cenno a ciò che avevano visto. In seguito all’intero gruppo furono assegnate belle stanze, dove riposarono fino al mattino.

SETTIMO GIORNO

Al mattino Virgo Lucifera annunciò che ciascuno degli invitati al matrimonio era diventato un “Cavaliere della Pietra d’oro”. L’anziano guardiano consegnò ad ogni uomo una medaglia d’oro, recante su un lato l’iscrizione “At. Nat. Mi.” e dall’altra, “Tem. Na. F.” L’intera compagnia tornò in dodici navi al palazzo del re. Le bandiere sulle navi portavano i segni dello zodiaco e C.R.C. era seduto sotto quello della Bilancia. Quando entrarono nel lago, molte navi li incontrarono e il Re e la Regina, insieme ai loro signori, signore e vergini, navigarono su una chiatta dorata per salutare gli ospiti di ritorno. Atlas fece poi una breve orazione per conto del re. In risposta, l’anziano custode consegnò a Cupido, che si librava attorno alla coppia reale, una piccola bara dalla forma curiosa. C.R.C. e il vecchio signore, ciascuno con un vessillo bianco come la neve e una croce rossa, cavalcava con il re nella carrozza. Al primo cancello c’era il portiere con vestiti blu, che, vedendo C.R.C., lo pregò di intercedere presso il re per liberarlo da quel posto di servitù. Il re rispose che il portiere era un famoso astrologo che fu costretto a tener d’occhio il cancello come punizione per il crimine di aver visto Lady Venere che riposava sul suo divano. Il re dichiarò inoltre che il portiere poteva essere rilasciato solo quando veniva trovato un altro che aveva commesso lo stesso crimine. Sentendo questo, il cuore di C.R.C. affondò, poiché si rese conto di essere il colpevole, ma rimase in silenzio in quel momento.

I Cavalieri della Pietra d’Oro appena creati furono obbligati a sottoscrivere cinque articoli redatti da Sua Altezza Reale: (1) che avrebbero attribuito il loro Ordine solo a Dio e alla sua serva, la Natura. (2) Che avrebbero abominato tutte le impurità e il vizio. (3) Che dovrebbero essere sempre pronti ad assistere i degni e i bisognosi. (4) Che non avrebbero dovuto usare la loro conoscenza e il loro potere per conseguire successo nel mondo. (5) Che non dovrebbero desiderare di vivere più a lungo di quanto Dio avesse decretato. Furono quindi debitamente insediati come cavalieri, la cui cerimonia fu ratificata in una piccola cappella dove C. R. C. appese il suo vello d’oro e il suo cappello per un memoriale eterno, e qui scrisse quanto segue: Summa Scientia nihil Scire, p. Christianus Rosencreutz. Eques aurei Lapidis. Anno 1459.

Dopo la cerimonia, C.R.C. ha ammesso di essere stato lui a vedere Venere e di conseguenza doveva diventare il portiere del cancello. Il re lo abbracciò affettuosamente e fu assegnato a una grande stanza contenente tre letti: uno per sé, uno per il signore anziano della torre, e il terzo per il vecchio Atlante.

Il matrimonio chimico qui arrivo` a una brusca fine, lasciando l’impressione che C.R.C. doveva assumere i suoi compiti di facchino il mattino successivo. Il libro termina nel mezzo di una frase, con una nota in corsivo presumibilmente dall’editore.

Sotto il simbolismo di un matrimonio alchemico, i filosofi del Medioevo celavano il sistema segreto della cultura spirituale con il quale speravano di coordinare il disjecta membra di entrambi gli organismi umani e sociali. La società, sostenevano, era una triplice struttura e aveva la sua analogia nella costituzione trina dell’uomo, poiché come l’uomo è costituito da spirito, mente e corpo, così la società è costituita dalla chiesa, dallo stato e dalla popolazione. Il fanatismo della chiesa, la tirannia dello stato e la furia della folla sono i tre agenti omicidi della società che cercano di distruggere la verità come raccontata nella leggenda massonica di Hiram Abiff. I primi sei giorni del Matrimonio Chimico espongono i processi di “creazione” filosofica attraverso cui ogni organismo deve passare. I tre re sono il triplice spirito dell’uomo e le loro consorti i corrispondenti veicoli della loro espressione nel mondo inferiore. Il boia è la mente, la cui parte superiore – simbolizzata dal capo – è necessaria per il raggiungimento del lavoro filosofico. Così le parti dell’uomo – dagli alchimisti simboleggiate come pianeti e elementi – quando si fondono secondo una certa formula divina danno luogo alla creazione di due “bambini” filosofici che, alimentati dal sangue dell’uccello alchemico, diventano sovrani del mondo.

Da un punto di vista etico, il giovane re e la regina risorti al culmine della torre e ispirati dalla vita divina rappresentano le forze dell’intelligenza e dell’amore che devono alla fine guidare la società.

L’intelligenza e l’amore sono i due grandi luminari etici del mondo e corrispondono allo spirito illuminato e al corpo rigenerato. Lo sposo è la realtà e la sposa l’essere rigenerato che raggiunge la perfezione diventando una realtà con un matrimonio cosmico in cui la parte mortale raggiunge l’immortalità essendo unita alla propria Fonte immortale. Nel matrimonio ermetico la coscienza divina e umana è unita nel sacro vincolo matrimoniale e colui nel quale questa sacra cerimonia si svolge è designato come “Cavaliere della Pietra d’oro”; in tal modo diventa un diamante filosofico divino composto dalla quintessenza della sua stessa settima costituzione.

Tale è la vera interpretazione del processo mistico di diventare “una sposa dell’Agnello”. L’Agnello di Dio è rappresentato dal vello d’oro che Giasone fu costretto a vincere prima che potesse assumere la sua regalità. Il Leone Volante è una volontà illuminata, un prerequisito assoluto per il raggiungimento della Grande Opera. L’episodio di soppesare le anime degli uomini ha il suo parallelo nella cerimonia descritta nel Libro egiziano dei morti. La città murata in cui entra C.R.C. rappresenta il santuario della saggezza in cui dimorano i veri governanti del mondo – i filosofi iniziati.

Come gli antichi Misteri da cui è stato modellato, l’Ordine della Rosa Croce possedeva un rituale segreto che è stato vissuto dal candidato per un numero stabilito di anni prima che potesse beneficiare dei gradi interni della società. I vari piani della Torre dell’Olimpo rappresentano le orbite dei pianeti. Anche l’ascesa dei filosofi da un piano all’altro è parallela a certi rituali dei Misteri eleusini e ai riti di Mitra in cui il candidato saliva i sette pioli di una scala o saliva i sette gradini di una piramide per indicare la liberazione dalle influenze dei governatori planetari. L’uomo diventa padrone delle sette sfere solo quando trasmuta gli impulsi ricevuti da loro. Colui che padroneggia i sette mondi e si ricongiunge con la Sorgente Divina della sua stessa natura consuma il Matrimonio Ermetico.